La circolare segue di qualche mese il documento di programmazione dell’attività di vigilanza per l’anno 2018, che ha inserito i tirocini tra i principali ambiti su cui si concentreranno gli ispettori.
Prendendo in prestito la normativa europea si può definire il tirocinio come “un periodo di pratica lavorativa di durata limitata, retribuita o no, con una componente di apprendimento e formazione, il cui obiettivo è l’acquisizione di un’esperienza pratica e professionale” (Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 10 marzo 2014). Il rischio, denuncia l’Ispettorato, è che il tirocinio perda la sua componente formativa traducendosi in una mera prestazione lavorativa.
Per questo, si invitano gli ispettori a prestare attenzione ai casi di tirocinio attivati in contrasto alla normativa delle singole Regioni che, si rammenta, hanno competenza legislativa esclusiva in materia, sia pure nel solco delle linee guida approvate dalla Conferenza permanente Stato – Regioni. Le ultime risalgono al 25 maggio 2017. Per le Regioni che non le hanno ancora recepite la disciplina di riferimento è contenuta nelle linee guida del 24 gennaio 2013.
Secondo la circolare, i casi di illiceità si ravvisano ad esempio per quei tirocini che hanno ad oggetto mansioni elementari e ripetitive che non richiedono alcun periodo formativo. Non solo, è sanzionabile il tirocinio utilizzato per sopperire ad esigenze organizzative dell’azienda ospitante: il caso limite è quello dell’unico cameriere all’interno di un pubblico esercizio. Attenzione anche ai tirocinanti utilizzati per sostituire lavoratori subordinati assenti in ferie, malattia o maternità.
I casi citati rappresentano solo una parte del lungo elenco di violazioni indicato nella circolare. Tutte irregolarità che hanno in comune il compromettere la natura formativa del tirocinio con la logica conseguenza della trasformazione in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (individuato dal Dlgs. 81/2015 come la forma comune di rapporto di lavoro).
Esistono poi tutta una serie di circostanze che pur non essendo di per sé in contrasto con le norme regionali rappresentano un aggravante in sede di ispezione, ma soprattutto un campanello d’allarme per una possibile elusione delle finalità proprie del tirocinio. E’ il caso dell’assoggettamento del tirocinante alle stesse regole del personale dipendente sulla gestione di presenze e assenze.
Si pensi ad esempio a forme di autorizzazione preventiva per le assenze (alla stregua della richiesta di ferie) o addirittura l’organizzazione dell’attività in turni. Non giova nemmeno la valutazione del rendimento del tirocinante effettuata utilizzando gli stessi sistemi di misurazione adottati per i lavoratori subordinati.
Particolari conseguenze ha il superamento della durata massima del tirocinio fissata dalle leggi regionali. L’Ispettorato parla di prosecuzione di fatto del rapporto, non più coperto dalla comunicazione preventiva obbligatoria al Centro per l’Impiego per l’attivazione di un tirocinio ormai scaduto. Oltre a considerare il rapporto come contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, si ipotizza in via retroattiva dal superamento della durata massima, l’azienda incorrerebbe anche nella “maxisanzione per lavoro nero”.
Il contrasto ai “falsi tirocini” passa anche attraverso le sinergie con gli uffici regionali competenti in materia. Questi hanno in dote una mole di dati la cui analisi può portare, secondo le intenzioni dell’Ispettorato, a individuare possibili fenomeni elusivi come il “ricorso sistematico ai tirocini da parte di taluni soggetti ospitanti o l’attivazione di un numero di tirocini particolarmente elevato in rapporto all’organico aziendale”.
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