Si tratta di tutti quegli edifici che non rispondano ai criteri di abitazioni principali e pertinenze, ovvero terreni e fabbricati rurali, che stavolta vanno contabilizzati senza distinguere il codice tributo destinato al Comune in cui l’edificio è situato e quello invece relativo all’erario.
Per ogni giorno di ritardo dalla data del 17 giugno, in cui scadeva il termine per versare l’acconto dell’imposta, si dovrà versare la sanzione pari allo 0,2% in più sul totale per casella del calendario trascorsa dal termine sancito.
Tutto quello che occorrerà fare, differentemente dal versamento avvenuto nei tempi canonici, è barrare la casella relativa al ravvedimento operoso per tutte le voci dell’acconto ritardato, cioè tributo, sanzione e interessi.
Entro i 15 giorni, poi, la sanzione ben più corposa del 30% per il versamento in ritardo può essere alleggerita del 2% per ogni giorno successivo al termine regolare del 16 giugno. Ulteriore agevolazione per chi sceglie la via del ravvedimento, è quella della multa ridotta di un decimo, in caso di scelta avvenuta spontaneamente.
In sostanza, dalla data del 17 giugno, il limite per versare l’acconto con un sanzione che non superi il 3% del totale del dovuto arriva fino al prossimo 17 luglio, oltre agli interessi del 2,5%. Resta, comunque, la possibilità di versare separatamente il tributo e, in un secondo momento, gli interessi e le sanzioni.
C’è, poi, un’altra via per posticipare ulteriormente il pagamento dell’acconto Imu 2013: il limite, in questo caso, sale a un anno, ma con una sanzione del 3,75% e solo se il saldo viene effettuato su fonte spontanea, senza le ispezioni del Comune, le quali, in caso di accertata omissione di versamento, potrebbero applicare la mora del 30% e interessi ancor più salati al 5,5%.
In riferimento invece ai rimborsi, a fare fede è il decreto del Viminale dello scorso 6 giugno, che individua negli enti che hanno fatto fronte agli oneri di spesa nel periodo che dal 16 giugno andrà al prossimo 16 settembre i destinatari della disposizione.
Esclusi dal computo quelle strutture pubbliche che avranno eluso l’anticipazione del tributo, in virtù di un maggiore “fondo cassa” tale da poter coprire le entrate in disavanzo.
Il tetto massimo dei rimborsi individuato dal decreto ammonta a 18,2 milioni di euro e, nel caso le richieste finiscano per arrivare oltre questa somma, si ricorrerà alla ripartizione tra gli aventi diritto, che giocoforza comporterebbe un introito inferiore rispetto alle attese.
L’unico modo per accedere alle procedure di rimborso, per gli enti pubblici, è quello di inoltrare domanda per via telematica, servendosi del modello che verrà pubblicato sul sito della Direzione centrale della finanza locale, dal 20 settembre al 15 ottobre prossimo.
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