Decreto del fare, ok agli emendamenti: come cambia la mediazione civile

Redazione 17/07/13
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Il decreto del fare si appresta a rientrare in aula e, con esso, ci sarà anche la parte sulla mediazione, reintrodotta d’imperio dal governo di Enrico Letta, ma sottoposta a una sfilza di emendamenti che ne ridefiniscono profondamente natura e modalità.

All’indomani dell’annuncio del governo, per gli avvocati critici verso l’istituto della conciliazione, erano tornati gli spettri del recente passato, quello, per intenderci, precedente alla bocciatura della Corte costituzionale, che aveva bloccato la mediazione obbligatoria per eccesso di delega nella legiferazione.

Un’imperfezione che l’attuale esecutivo intende evitare, ripristinando la conciliazione proprio dove era stata abbandonata, innanzitutto come condizione di procedibilità, con la conferma di obbligatorietà e delle materie soggette al tavolo dei mediatori.

Ora, però, dopo uno scontro al calor bianco tra il ministro della Giustizia Cancellieri e l’avvocatura – accusata dal Guardasigilli di essere “una lobby che blocca le riforme” – sembra che il pallino sia tornato in mano al mondo forense, per mezzo di una pioggia di emendamenti che ridimensionano ampiamente gli intenti del governo.

Con l’ok delle Commissioni Giustizia e Bilancio della Camera, il decreto del fare arriva in aula assai mutato rispetto alla sua presentazione originaria e, in particolare, gli interventi di maquillage riguardano proprio la mediazione civile.

La prima, importante novità, riguarda la fase sperimentale: la conciliazione obbligatoria viene posta entro un limite di quattro anni, al termine dei quali il governo in carica deciderà se mantenere o cancellare l’istituto, a seconda dei dati raccolti.

Un altro punto che riguarda il cambio di rotta della mediazione, è quello dell’assistenza tecnica obbligatoria al tavolo da parte di un avvocato: dunque, non solo i professionisti del foro sono mediatori di diritto, ma si troveranno costretti a coordinare gli sforzi compiuti dai mediatori professionisti.

C’è, poi, il nodo del primo incontro: se non va a buon fine, resta gratuito per il mediatore e, inoltre, viene espunta la sanzione per la parte in causa che rifiuti il tentativo senza avere un valido motivo. In sostanza, se dovesse venire approvata in questi termini, la mediazione resterebbe obbligatoria sulla carta ma non nei fatti, essendo evitabile senza conseguenze.

Avvocati vicini alla vittoria, insomma, anche se sulla votazione finale al decreto sembra prendere corpo l’ipotesi della fiducia. In ogni caso, il governo dimostra di aver arretrato sensibilmente le proprie prerogative e di aver accolto pressoché in toto le richieste degli avvocati, lasciando una mediazione che resta condizione di procedibilità, ma che, sotto queste vesti, potrebbe finire solo per aumentare le lungaggini del sistema giustizia.

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