Come difendersi dal fisco

Le dichiarazioni fiscali e gli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate: cosa c’è da sapere, quali sono i termini e a chi ci si può risolvere?

Rosa Leone 28/08/17
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L’Agenzia delle Entrate può procedere con un accertamento entro il 31 dicembre dei cinque anni successivi alla dichiarazione (esempio: l’accertamento per una dichiarazione del 2013 va in prescrizione entro il 31 dicembre del 2018). Vale lo stesso termine del 31 dicembre dei cinque anni successivi a quando sarebbe dovuto avvenire il versamento per quanto riguarda la ricezione dell’avviso di accertamento di Imu o Tasi.

Tipi di controllo

Si possono distinguere i controlli effettuati in quattro tipologie:

controllo automatizzato: si tratta di controllare se i conti fatti in sede di dichiarazione sono esatti e se sono stati effettuati i versamenti;

controllo formale: si tratta di controllare tutte le fatture, i registri, i bilanci e qualsiasi documento che ha generato la dichiarazione;

controllo sostanziale: è un controllo più minuzioso di tutti i documenti interessati per la dichiarazione;

controllo ispettivo: in questo caso, oltre al controllo della Agenzia delle Entrate, interviene anche la Guardia di Finanza emettendo un processo verbale di constatazione.

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Come procedere

Dopo aver ricevuto la notifica di accertamento o il verbale, si può scegliere di procedere in tre modi:

Acquiescenza: è uno strumento deflattivo in cui si accetta integralmente ciò che è indicato nell’atto avendo anche diritto a delle riduzioni delle sanzioni scaturite dal fatto che il contribuente ha rinunciato a fare ricorso;

Adesione: è un altro strumento deflattivo e si tratta sostanzialmente di un accordo tra le parti, in cui il contribuente tramite istanza di adesione, chiede all’ufficio di presentargli una proposta, sulla quale si realizza un accordo tra le parti, in caso di accettazione dovrà pagare l’imposta e avrà una riduzione delle sanzioni.

Contenzioso: nel caso in cui il contribuente ritiene illegittimo o infondato l’atto può rivolgersi alla Commissione Tributaria Provinciale per chiedere l’annullamento totale o parziale dell’atto.

Contenzioso

Il contribuente entro 60 giorni dalla ricezione dell’atto dovrà presentare alla Commissione Tributaria Provinciale di competenza il ricorso, che deve contenere: gli estremi del contribuente, gli estremi dell’atto e dell’ufficio che ha emesso lo stesso, gli estremi del difensore, i motivi dell’illegittimità dell’atto e il valore della controversia.

Entro 30 giorni dalla notifica ci si costituisce in giudizio, depositando presso la Segreteria della Commissione Tributaria Provinciale di Competenza un plico contenente: la copia conforme del ricorso notificato alla controparte, una fotocopia della ricevuta di deposito e la nota di iscrizione a ruolo.

Appello e Cassazione

Esistono altri due gradi di giudizio:

Appello di secondo grado: nel caso si ritenga che la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale presenti dei vizi o il giudizio non sia adeguato, si può fare ricorso alla Commissione Tributaria Regionale. Nel ricorso andranno inseriti gli estremi della sentenza, oltre dell’atto impugnato, dato che si va a fare ricorso contro la sentenza e non più contro l’atto come per l’appello di primo grado, gli estremi della Commissione Tributaria Provinciale contro cui si fa ricorso, gli estremi della parte ricorrente e i motivi per cui si fa. Va notificata alla controparte entro 30 giorni e si hanno 60 giorni di tempo per costituirsi in giudizio.

Cassazione: si fa ricorso in Cassazione nel caso si ritenga che ci sia qualche vizio nella sentenza della Commissione Tributaria Regionale.

Normativa

– Legge 2012/2000 art. 12 (Statuto del Contribuente);

– D.P.R. 29 settembre1973, n. 600 E N. 602;

– D. Lgs. 19 giugno 1997, n. 218;

– L. 27 luglio 2000, n. 212.