La legittimità della clausola in parola presuppone, tuttavia, che essa sia finalizzata a tutelare i diritti dei lavoratori previsti dalla legge e dai contratti collettivi per l’ipotesi di subentro dell’appalto, senza peraltro violare i principi di pubblico concorso e di buon andamento.
Con queste precisazioni il TAR Puglia, sez. II, con sentenza del 1° dicembre 2014, n. 2986, promuove l’impiego della clausola di salvaguardia del personale che, nel caso di specie, è contenuta nella delibera assunta da un’Azienda sanitaria locale per affidare la gestione pluriennale del servizio di pulizia e sanificazione delle relative strutture alla propria società in house.
In tale delibera è prevista una clausola che contempla l’assunzione a tempo indeterminato, da parte della suddetta società, del personale già titolare di un contratto di lavoro subordinato sine die con il precedente gestore.
Una siffatta clausola sociale è ritenuta corretta dal collegio, in quanto essa non riguarda in modo automatico e generalizzato tutti i lavoratori transitati (compresi quelli assunti con contratto a termine), ma solo quelli già occupati a tempo indeterminato con la precedente gestione.
Di conseguenza – osserva il Tribunale – la delibera dell’ASL “si limita a conservare lo status quo ante e non valica i limiti della clausola sociale”, nel senso che “non crea nuovi diritti, ma conserva quelli esistenti” nel pieno rispetto dei principi generali in materia.
È il caso di ricordare, a questo riguardo, che la clausola sociale è stata più volte oggetto di esame sia da parte della giurisprudenza, sia da parte delle Autorità di vigilanza, con esiti decisionali convergenti in ordine all’esigenza che l’utilizzo della clausola abbia luogo nel rispetto di precise cautele ed avvertenze, escludendo qualsiasi forma di automatismo nell’applicazione dell’istituto.
In particolare, il Consiglio di Stato ha asserito che “la c.d. clausola sociale va interpretata nel senso che l’appaltatore subentrante deve prioritariamente assumere gli stessi addetti che operavano alle dipendenze dell’appaltatore uscente, a condizione che il loro numero e la loro qualifica siano armonizzabili con l’organizzazione d’impresa prescelta dall’imprenditore subentrante” (Cons. Stato, sez.V, sentenza n. 3900/2009).
Non diversamente si è espressa, se pure in maniera più articolata, l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (oggi ANAC) con il parere n. AG 19/13 e AG 20/13 del 13 marzo 2013, che reca seguente massima: “la clausola che per fini sociali, quali il mantenimento dei livelli occupazionale, richiami quale condizione particolare di esecuzione dell’appalto l’obbligo di utilizzare in via prioritaria i lavoratori del precedente appalto, a condizione che il numero e la qualifica degli stessi siano armonizzabili con l’organizzazione di impresa della ditta aggiudicataria e con le esigenze tecnico – organizzative previste per l’esecuzione del servizio, può ritenersi conforme ai principi del Trattato CE”.
L’ANAC si è pronunciata anche di recente sul punto con il parere n. 30/2014 del 6 giugno 2014, ove è massa in luce l’inderogabile necessità che la clausola sociale non abbia incidenza sulla fase di gara, stante “l’impossibilità di costituire barriere all’ingresso, nella forma della richiesta di elementi di ammissibilità dell’offerta”, pena la discriminazione o il pregiudizio di talune categorie di imprenditori.
Nel parere si rileva che, in sede di gara, detta clausola non può comunque introdurre una prescrizione che:
a) assurga a requisito di capacità economico-finanziaria o tecnico-organizzativa che il concorrente deve avere per partecipare alla gara;
b) stabilisca un criterio di valutazione ad hoc della migliore offerta.
Alla luce delle indicazioni esposte, è dunque evidente che la clausola sociale deve attentamente contemperare le finalità di tutela dell’occupazione con il rispetto dei principi comunitari.
In conseguenza di ciò, la clausola appare legittima se opera sul piano di un’indicazione preferenziale, di modo che essa può spingersi fino a prevedere un obbligo di priorità nella riassunzione di personale da parte del nuovo gestore, purché non imponga automatismi tali da inficiare la libertà dell’imprenditore nell’organizzare la propria attività d’impresa.
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