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Caso concreto
Un Avvocato aveva citato, nanti il Tribunale competente, il suo cliente (un Ente Comunale) lamentando il mancato pagamento dell’onorario richiesto.
Si costituiva in giudizio l’Ente Comunale contestando in toto quanto asserito dall’Avvocato e ritenendo non congruo l’importo richiesto a saldo, in quanto calcolato applicando coefficienti di calcolo inesatti a fronte del valore reale della causa. Inoltre, l’Ente – convenuto formulava domanda riconvenzionale di risarcimento danni nei confronti dell’Avvocato, ritenuto responsabile per avere erroneamente individuato l’Autorità Giudiziaria competente per la causa.
Il Giudice di prime cure condannava il convenuto al pagamento, in favore dell’Avvocato, di una somma sia per l’attività stragiudiziale, sia per quella giudiziale e rigettava la domanda riconvenzionale dallo stesso formulata.
L’Ente Comunale impugnava la sentenza di primo grado e l’Avvocato, a sua volta, presentava appello incidentale.
La Corte d’Appello accoglieva parzialmente sia l’appello principale, sia l’appello incidentale e, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, rideterminava la decorrenza degli interessi di mora e riconosceva voci di spesa trascurate dal Giudice di prime cure.
Avverso tale sentenza l’Ente Comunale proponeva ricorso per Cassazione e l’Avvocato proponeva controricorso.
I Giudici di Piazza Cavour argomentavano sostenendo che i motivi asseriti dall’Ente Comunale per ritenere sussistente la responsabilità dell’Avvocato erano privi di fondatezza, ribadendo, ancora una volta, che le obbligazioni derivanti dall’esercizio dell’attività professionale sono obbligazioni di mezzi e non di risultato.
Ciò sta a significare che il professionista (nel caso di specie – Avvocato) nel momento in cui assume l’incarico s’impegna ad esercitare diligentemente la propria attività professionale, proiettata al raggiungimento del fine auspicato dal cliente, ma non ne garantisce il compimento.
Da ciò si desume che la responsabilità dell’Avvocato non sorge dal mancato conseguimento del risultato, bensì dalla violazione dei doveri relativi allo svolgimento dell’attività professionale e, in particolare, del dovere di diligenza che – ai sensi dell’art. 1176 comma 2 c.c. -“ deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”.
L’art. 2236 c.c. prevede una deroga alle norme generali che disciplinano l’inadempimento, giustificata dalla natura e dal contenuto della prestazione richiesta, quando questa comporti la soluzione di questioni tecniche di particolare difficoltà, in questo caso potrà essere ravvisata la responsabilità del professionista solo in caso di dolo o colpa grave.
In conclusione, l’Avvocato una volta investito dell’incarico professionale deve svolgerlo nel pieno rispetto del dovere di diligenza con la massima trasparenza nei confronti del cliente senza pregiudizio per il diritto di difesa.
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