La sezione Lavoro della Suprema Corte era stata infatti chiamata a dirimere una controversia sorta tra il Comune di Barletta e un impiegato, nello specifico dirigente del settore Bilancio con contratto a termine. E proprio nel caso in oggetto, il dibattimento era proseguito nonostante l’avvocato nominato dall’ente avesse aderito all’agitazione professionale annunciata dall’ordine forense.
Il precedente è servito alla Suprema Corte per stabilire che non solo nei casi di contrattazione collettiva o sindacale, ma anche in quelli di provenienza individuale, i procedimenti correlati al mondo dei contratti lavorativi non possono essere interrotti. Scrive infatti la Corte: “La disposizione va interpretata estensivamente, ossia riferita a tutte le controversie”.
Ciò significa, dunque, che vengono inclusi tutti gli esempio in cui si faccia riferimento a una “fine di un rapporto di lavoro voluta, con efficacia costituitiva o dichiarativa, dal datore di lavoro e contrastata dal lavoratore che tende in ogni caso ad evitare la fine di un suo diritto soggettivo, quello del lavoro, garantito dalla Costituzione”.
In cagione di ciò, la Cassazione ha dunque sancito come “l’astensione non è consentita nei procedimenti civili aventi ad oggetto licenziamenti individuali o collettivi“: insomma, il diritto allo sciopero non viene toccato, purché questo non incida con vertenze di importanza capitale come quelle lavorative.
Qui il testo integrale della sentenza n. 15649/2012 della Cassazione
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