Per ricevere l’Assegno di inclusione non basta più avere i requisiti economici o familiari: i figli devono andare a scuola. E se non lo fanno, si rischia di perdere il sussidio.
Questa è la novità più importante introdotta dal decreto attuativo firmato dai Ministeri del lavoro e dell’istruzione, che rende la frequenza scolastica dei minori un requisito obbligatorio per ricevere il sostegno economico previsto dall’Assegno di inclusione.
Il provvedimento rende operativa una misura introdotta dal Decreto Lavoro, che punta a premiare le famiglie che investono nell’educazione dei figli e a scoraggiare l’abbandono scolastico, che in Italia resta ancora molto diffuso. In pratica, ogni famiglia che riceve l’Assegno e ha a carico uno o più figli minorenni dovrà dimostrare che questi stanno andando regolarmente a scuola.
Se i dati raccolti dalle amministrazioni non lo confermano, i genitori avranno 10 giorni di tempo per presentare i documenti che provano l’iscrizione e la frequenza scolastica. Se non lo fanno l’aiuto economico verrà prima sospeso e poi cancellato definitivamente.
Ecco cosa cambia, come avvengono i controlli e cosa bisogna fare per non perdere il beneficio.
Indice
Diritto all’Assegno di inclusione
L’Assegno di inclusione è uno strumento pensato per le famiglie che si trovano in difficoltà economiche e che hanno al loro interno minori, persone con disabilità, anziani o soggetti svantaggiati. Dal 1° gennaio 2024, questa misura ha preso il posto del Reddito di cittadinanza, diventando un pilastro del nuovo welfare italiano. Ma a partire da maggio 2025, con l’entrata in vigore di un nuovo decreto attuativo, arriva una stretta importante: chi ha figli minorenni e non li manda a scuola perde il diritto all’assegno.
Il diritto quindi non sarà più legato solo a requisiti economici e di residenza, ma anche ad adempimenti educativi.
La soglia ISEE per l’accesso alla misura passa da 9.360 a 10.140 euro e cresce la soglia del reddito familiare da non superare, che passa da 6.000 a 6.500 euro annui, moltiplicata per la scala di equivalenza ADI.
Inoltre deve includere almeno una delle seguenti categorie:
- un minorenne,
- una persona con disabilità,
- una persona con almeno 60 anni,
- oppure un soggetto fragile segnalato dai servizi sociali.
Per i nuclei composti interamente da persone con almeno 67 anni (o da queste e da altri familiari tutti in condizioni di disabilità grave o di non autosufficienza) la soglia di reddito familiare passa da 7.560 euro a 8.190 euro annui, sempre moltiplicati per il parametro della scala di equivalenza.
Il sostegno economico varia in base alla composizione del nucleo familiare. L’importo spettante viene determinato attraverso due componenti principali:
– una quota di integrazione del reddito familiare: il suo valore varia in base al reddito del nucleo familiare e alla scala di equivalenza. Per una famiglia senza altri redditi, il beneficio può arrivare fino a 6.500 euro annui o 8.190 euro annui nel caso di nuclei con disabili o anziani.
– un’integrazione specifica per il canone di locazione: destinata alle famiglie in affitto, questa quota può arrivare fino a 3.640 euro annui (circa 303 euro al mese).
L’importo è erogato attraverso una carta prepagata, nota come Carta ADI, e il beneficio dura fino a 18 mesi, rinnovabili.
Ma il sostegno non è automatico: chi riceve l’Assegno deve firmare il Patto per l’inclusione sociale, partecipare a colloqui con gli assistenti sociali e accettare percorsi formativi o lavorativi se idoneo.
La novità del 2025: obbligo scolastico per i minori
Il decreto firmato dai Ministri del Lavoro e dell’Istruzione stabilisce che, per continuare a percepire l’Assegno di inclusione, è obbligatorio dimostrare la regolare frequenza scolastica dei figli minorenni. Non si tratta di una raccomandazione: è una condizione essenziale per mantenere il beneficio.
Il principio è semplice: un sostegno economico pubblico non può prescindere dal rispetto di un diritto fondamentale come quello all’istruzione. Lo Stato, quindi, non darà più soldi a chi non garantisce ai propri figli il diritto-dovere di andare a scuola.
Il controllo non avviene tramite autocertificazione o dichiarazioni generiche: sarà il Comune, attraverso la piattaforma GePI, a incrociare i dati scolastici dei minori con quelli anagrafici. Le informazioni arrivano direttamente dal Ministero dell’istruzione, grazie all’Anagrafe Nazionale degli Studenti (ANIST) e alla Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND).
Se dalla verifica emerge che uno o più minori risultano assenti da scuola o non iscritti, la famiglia riceverà una comunicazione ufficiale e avrà 10 giorni di tempo per fornire la documentazione mancante. In caso contrario, scatterà la sospensione dell’assegno a partire dal mese successivo.
Cosa succede se il figlio/a non va a scuola
Il meccanismo prevede due livelli di controllo: il primo è automatico e digitale; il secondo prevede l’intervento degli assistenti sociali, che possono convocare i genitori per firmare un nuovo Patto e assumere un impegno formale a far tornare il figlio a scuola.
Se questo impegno non viene rispettato entro 7 giorni, il sussidio viene sospeso e potrà essere riattivato solo una volta dimostrata la ripresa della frequenza scolastica. Se invece il rientro a scuola non avviene senza giustificato motivo, la famiglia perderà in modo definitivo il diritto all’Assegno.
Come evitare la sospensione del sussidio
Le famiglie che ricevono l’Assegno di inclusione devono quindi attivarsi in modo responsabile. È consigliabile:
- verificare regolarmente la situazione scolastica dei minori,
- conservare sempre i certificati di iscrizione e i documenti utili,
- in caso di trasferimento scolastico, comunicare subito il cambiamento agli uffici competenti.
E’ quindi importante non ignorare eventuali notifiche ricevute.
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Foto copertina: istock/atakan