Abogados e avvocati dalla Romania: fenomeno incontrollabile. I dati Cnf

Redazione 07/02/14
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In Italia, i professionisti in entrata sono quasi esclusivamente italiani che, nel proprio Paese, non hanno ottenuto l’abilitazione e si sono recati oltre confine in cerca del titolo desiderato. Romania e Spagna sono le terre promesse per gli avvocati che, in Italia, non hanno superato l’esame, ma vi ritornano forti della prova superata in altri Stati dell’Unione europea, in grado, così, di svolgere il lavoro di avvocato come chiunque altro.

Le normative comunitarie sullo stabilimento dei professionisti, ormai è accertato, hanno dato il via a un fenomeno quasi incontrollabile, già ribattezzato degli “abogados”. Le cifre diramate dal Consiglio nazionale forense stanno lì a dimostrarlo, in tutta evidenza.

Addirittura il 92% dei legali iscritti alle liste degli stabiliti in Italia è in realtà cittadino italiano. Un paradosso reso possibile dalla direttiva comunitaria che consente ai laureati di evitare la trafila per l’iscrizione e il superamento dell’esame di avvocato, al solito l’ultimo e più complicato scoglio per arrivare all’esercizio della professione forense.

Secondo i numeri diramati dal Cnf, in tutto gli avvocati stabiliti in Italia sono 3759, di cui 3452 di nazionalità italiana. Tra i connazionali, l’83% ha preso il diploma in Spagna e il 4% in Romania, i due poli più gettonati per i legali senza bollino dell’Esame di Stato, ma comunque equiparati dalla legge.

Naturalmente, il fine della legge europea è quello di favorire la libera circolazione delle professionalità entro i confini dell’Unione, e permettere loro di svolgere il proprio lavoro in tutti gli Stati aderenti. Si tratta, nello specifico, della direttiva 98/5/CE, che l’Italia ha adottato con il decreto legislativo 2 febbraio 2001 n. 96. Anche la professione forense, infatti, come tutti gli altri elenchi presenti in Italia, si è dotata di un registro speciale per l’inserimento dei legali formati in altri Stati europei.

Come evidente, però, sorgono diverse perplessità sugli effetti della norma, come denota il segretario Cnf Andrea Mascherin: “È evidente che queste pratiche falsano la corretta concorrenza tra avvocati nei Paesi Ue, ma soprattutto mettono a rischio i diritti dei cittadini che si affidano a questi professionisti per la loro tutela”.

Questo, finirebbe per tradursi in differenze di non poco conto tra chi si sobbarca dell’intero iter italiano e chi, invece, preferisce percorrere la via straniera, più breve e semplice: “I giovani aspiranti avvocati italiani che seguono la corretta procedura dell’esame di abilitazione sono svantaggiati rispetto a coloro che ottengono il riconoscimento di un titolo acquisito all’estero con scorciatoie e furbizie”.

 

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