L’audizione del minore nel procedimento di separazione

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Il processo è iniziato. Lucia e Luca sono sempre più nervosi, a nulla serve quel finto sorriso stampato sui loro visi quando, a turno, stanno con lei. Carlotta vorrebbe fare molte domande. Vorrebbe sapere di più su quello che succede nelle aule del Tribunale. L’unica cosa che per ora ha capito è che la mamma e il papà non vanno più d’accordo. Non possono più stare insieme. Le hanno detto tante volte che è meglio così. Ed effettivamente anche Carlotta era stanca di sentirli litigare ogni sera.

Oggi a scuola viene a prenderla la mamma. Strano, solitamente viene sempre papà, lei lavora fino a tardi. Ma stamattina Lucia le ha detto che le deve parlare. È sicuramente una cosa importante. Il discorso inizia. La mamma le dice che è grande. Ormai ha dieci anni, è una bambina, anzi, una ragazzina molto intelligente, quindi il giudice vuole conoscere la sua opinione, vuole sapere cosa ne pensa di tutta questa situazione spiacevole che si è venuta a creare tra Lucia e Luca. Dopotutto lei è sempre loro figlia e loro sono sempre i suoi genitori.

Il giudice ha disposto l’Audizione del Minore che è appunto finalizzata a capire l’opinione, il vissuto, le istanze e le esigenze del figlio di una coppia in procinto di separarsi. La possibilità per il minore di dare la sua opinione, nell’ambito di questioni, diverse da quelle economiche, che lo riguardano da vicino, non è solo uno strumento che consente al giudice di raggiungere una decisione ponderata, ma è anche un diritto per il figlio, che, ai sensi dell’art. 315 bis. cod. civ.,  se ha “compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano”. Ma cosa si intende per capacità di discernimento del minore? A questa categoria non corrisponde ancora una definizione univoca nel nostro ordinamento. In via generale la capacità di discernimento si considera acquisita dopo i dodici anni ma non è certo escluso che minori ben più piccoli, anche di sei-otto anni, possano rappresentare validamente la propria idea rispetto al loro mondo affettivo ed al genitore con il quale preferiscono stare più vicini.

Carlotta è preoccupata. Cosa le chiederanno? Deve dire la verità? Può dire tutto quello che pensa? Parlerà direttamente con il giudice?

Il minore può essere ascoltato secondo le seguenti modalità: ascolto diretto o ascolto indiretto. Per ascolto diretto si intende l’audizione da parte del giudice in udienza, eventualmente, coaudiuvato da un ausiliario esperto. Per ascolto indiretto si intende invece l’ascolto totalmente delegato ad un ausiliario anche nell’ambito di un Consulenza tecnica d’ufficio (CTU).

Lo scopo di questo colloquio è quello di capire cosa pensa il minore di una situazione che lo riguarda particolarmente da vicino, indagando così sulle sue aspirazioni e preferenze, sugli stati d’animo, i legami e di attaccamenti, i disagi, gli affetti, senza trascurare i sentimenti.

Carlotta potrà accompagnare e spiegare la propria opinione con il racconto di episodi che sono per lei particolarmente importanti. Il giudice, o in alternativa il consulente, le chiederà cosa si immagina rispetto al futuro, come si potrebbe modificare la sua vita sia in termini di abitudini, sia di relazioni con i genitori, sia con gli ambienti familiari.

Questo ascolto aiuterà senza dubbio il giudice a comprendere quale sia, da parte di Carlotta, la percezione dell’attuale situazione familiare, dal punto di vista cognitivo, emotivo ed affettivo, in modo da raggiungere una decisione che mantenga al centro il principio del best interest of child.

 

Chiara Rigamonti

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