Parcheggio in doppia fila, oltre alla sanzione si può incorrere in un reato penalmente perseguibile

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Non sempre è vero che specialmente chi abita in grandi città molto trafficate e con non molti parcheggi conosce bene il problema del parcheggio in doppia fila. Questo modo di interpretare la sosta, anche momentanea è una delle forme che spesso gli operatori di polizia stradale sono chiamati a sanzionare.

Certamente che non è un operatore di diritto conosce la problematica solamente dal punto di vista della vita reale e delle necessità a cui è correlata la vita moderna perché ha assistito a parcheggi più o meno selvaggi, ma forse non è al corrente di alcune rilevanti sentenze che concernono tale condotta.

Innanzitutto la normativa sulla circolazione stradale ai sensi dell’art. 158, comma 2, lett. c) del d.lgs. 285/92 (Codice della Strada) la sosta di un veicolo è vietata “in seconda fila, salvo che si tratti di veicoli a due ruote, due ciclomotori a due ruote o due motocicli”. Il comma 6 del medesimo articolo stabilisce, quindi, che “Chiunque viola le (…) disposizioni del presente articolo è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 41 a euro 169 per i restanti veicoli”. Ovviamente l’ultimo comma precisa che “Le sanzioni di cui al presente articolo si applicano per ciascun giorno di calendario per il quale si protrae la violazione”.

Il Codice della Strada all’art. 159 stabilisce che qualora la sosta vietata “costituisca pericolo o grave intralcio alla circolazione” ciò legittimerà la rimozione forzata del veicolo da parte degli organi di polizia stradale.

Detto ciò, da un po’ di anni sia la Cassazione, sia le altre Autorità giudiziarie hanno rinvenuto casi concreti che, non solo pongono in essere l’illecito amministrativo sopra descritto e previsto dal Codice della Strada, ma anche illeciti civili o penali.

Difatti la Corte di Cassazione, Cassazione penale , sez. I, sentenza 04.07.2005 n° 24614 Il reato di violenza privata, di cui all’art. 610 c.p., resta integrato ogni volta che la condotta dell’agente sia idonea a produrre una coazione personale del soggetto passivo, privandolo della libertà di determinarsi e di agire in piena autonomia.

Sulla base del suddetto principio di diritto la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24614 depositata il 4 luglio 2005, ha confermato la condanna di un soggetto che aveva parcheggiato la propria autovettura dietro quella della persona offesa bloccandola e, avendo opposto un rifiuto all’invito di quest’ultimo di spostarla per potersi allontanare, aveva perciò costretto la parte offesa ad un comportamento non liberamente voluto.

Sempre la Corte di Cassazione con la sentenza n. 42498/2010, integra il reato di omicidio colposo il comportamento di chi lasciando la propria auto in doppia fila (e per di più, con lo sportello aperto) provoca un incidente stradale mortale. A dirlo è una recentissima sentenza della che ha confermato l’esistenza del nesso causale tra la macchina lasciata in doppia fila e l’episodio della morte di un uomo che giungeva a bordo del suo ciclomotore. Nonostante il reato fosse caduto in prescrizione, la Corte ha però precisato la possibilità concreta di una condanna per omicidio colposo derivante (oltre che dalla violazione degli artt.157 comma 7 e 158 comma 2 lett.c) Codice della strada) dalla condotta colposa dell’aver lasciato in doppia fila la propria autovettura con lo sportello leggermente apertoritenne che fosse responsabile di omicidio colposo l’automobilista che non solo aveva parcheggiato in doppia fila, ma che lasciando anche aperto lo sportello del veicolo aveva determinato il decesso del motociclista sopraggiunto.

Il parcheggio “selvaggio” non è solo un’infrazione (purtroppo assai frequente) sanzionata dal codice della strada: in certi casi, come confermano le sempre più numerose pronunce dei tribunali in materia, costituisce a tutti gli effetti una “violenza privata” e, dunque, si configura come un reato penale. Vediamo insieme quando, come e perché.

Di recente una serie di sentenze ha fatto giurisprudenza in materia di parcheggi “selvaggi” che, limitando o bloccando la libertà di movimento degli altri, sono inquadrabili non solo come un comune illecito amministrativo, ma come un reato sanzionato dal codice penale.

A partire dalla decisione n. 2006/2014 emessa dal Tribunale di Taranto e relativa alla vicenda di un automobilista che aveva lasciato la propria vettura di fronte al box auto di proprietà di terzi. Nel caso di specie si era trattato di un condomino che, a seguito di liti e dispetti reciproci, aveva “dimenticato” la propria auto per ben due giorni davanti al garage di un altro condomino, impedendogli così il libero utilizzo della sua proprietà privata. La linea “dura” è stata poi più volte confermata dalla stessa Cassazione (sent. n. 28487/2013; 21779/2006 e. 7592/2011).

C’è inoltre chi è stato punito a titolo di violenza privata, sempre dalla Cassazione (sent. n. 5271/2014), per aver ostruito il passaggio a un autobus di linea, interrompendo così l’esecuzione un pubblico servizio.

O chi è stato condannato (G.d.P. di Roma sent. n. 27962/2013) per aver lasciato l’auto in seconda fila sulla strada pubblica, impedendo l’uscita dal parcheggio, sulle strisce a bordo carreggiata, a un altro conducente – con tanto di risarcimento danni per la perdita di tempo procurata al titolare del mezzo.

Girolamo Simonato

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