Chiarimenti sul reverse charge ed il settore dell’edilizia

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Come avevamo spiegato in un precedente intervento, la Legge di Stabilità 2015 (Legge n. 190 del 2014) ha apportato delle novità all’art. 17, comma 6 del D.P.R. 633/1972, introducendo nuove ipotesi di applicazione del meccanismo del reverse charge sostanzialmente in tre settori di attività: il settore edile, il settore energetico ed il settore della grande distribuzione.

Per quanto riguarda il settore dell’edilizia, la nuova lettera a-ter) dell’art. 17, comma 6 del D.P.R. 633 del 1972, prevede che dovranno assolvere l’IVA mediante il reverse charge le “prestazioni di servizi di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici”.

La nuova normativa ha destato sin dal principio alcuni dubbi interpretativi che sono stati chiariti con la Circolare n. 14/E del 2015 dell’Agenzia delle Entrate.

La Circolare 14/E del 2015 è intervenuta per fornire i chiarimenti ministeriali tanto attesi riguardo alla novella introdotta dalla Legge di Stabilità.

Innanzitutto, la Circolare dispone che il contenuto della nuova lettera a-ter) risulta complementare rispetto alla previsione di cui alla lettera a) del comma 6 dell’art. 17 del D.P.R. 633 del 1972 ma al medesimo tempo se ne differenzia sotto tanti aspetti. Infatti, differenti risultano, secondo la Circolare, i presupposti e l’ambito applicativo della novella normativa rispetto a quelli di cui alla lettera a) del comma in commento.

Riguardo all’ambito soggettivo, la Circolare conferma quanto già affermato in dottrina, ovvero che il sistema del reverse charge si applica a prescindere dalla circostanza che le prestazioni siano rese:

  • dal subappaltatore nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore.
  • nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori.

Inoltre, specifica che tale sistema si applica anche a prescindere dal rapporto contrattuale stipulato tra le parti ed a prescindere dalla tipologia di attività esercitata.

Ambito oggettivo

Uno dei principali problemi applicativi della nuova normativa riguardava l’individuazione delle prestazioni alle quali era applicabile il reverse charge. In questo senso, due erano le possibili opzioni per individuare le prestazioni alle quali si applicava la nuova normativa:

a)      Contava soltanto la tipologia di prestazione, ovvero, se la stessa ricadeva tra quelle oggettivamente citate dalla nuova lettera a-ter);

b)      Oppure, doveva aversi riguardo alle prestazioni che rientravano in determinati codici ATECO in analogia a quanto fu precisato nella C.M. n. 37 del 2006 in tema di reverse charge nei subappalti per l’edilizia.

Nel senso della lettera b) deponeva il fatto che nella relazione tecnica alla Legge di Stabilità fossero richiamati i codici ATECO per le prestazioni di pulizia (Codice 81.2) e per le prestazioni di servizi di demolizione, installazione di impianti e completamento di edifici (codici 43 dell’ATECO 2007), ma un’interpretazione ufficiale da parte dell’Amministrazione Finanziaria era necessaria in tal senso.

La Circolare 14/E del 2015 è intervenuta per fornire i chiarimenti necessari al riguardo. Infatti, secondo il documento di prassi, per individuare le prestazioni di cui alla lettera a-ter), “in una logica di semplificazione e allo scopo di evitare incertezze interpretative, si ritiene, in conformità, peraltro, ai criteri adottati in sede di Relazione Tecnica, che debba farsi riferimento unicamente ai codici attività della Tabella ATECO 2007. Tale criterio deve, quindi, essere assunto al fine di individuare le prestazioni di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relative ad edifici”.

Di conseguenza, se la prestazione di servizi rientra in una delle categorie di attività indicate nei paragrafi 1.3 e 1.4 della Circolare in commento, l’imposta dovrà essere applicata dal committente. E ciò, indipendentemente dalla circostanza che i prestatori operino nel settore edile, ovvero che svolgano un’attività compresa nei codici della sezione F della classificazione delle attività economiche ATECO, e dal fatto che si tratti di contratto di appalto o subappalto [1].

Il concetto di edificio

Un altro dubbio di applicazione della norma riguardava il significato da attribuire alla parola “edificio”. A tal riguardo la Circolare in commento ha chiarito che, in mancanza di una definizione in ambito IVA della parola “edificio”, è possibile fare riferimento all’art. 2 del D.Lgs. n. 192 del 2005 che definisce l’edificio come “un sistema costituito dalle strutture edilizie esterne che delimitano uno spazio di volume definito, dalle strutture interne che ripartiscono detto volume e da tutti gli impianti e dispositivi tecnologici che si trovano stabilmente al suo interno; la superficie esterna che delimita un edificio può confinare con tutti o alcuni di questi elementi: l’ambiente esterno, il terreno, altri edifici; il termine può riferirsi a un intero edificio ovvero a parti di edificio progettate o ristrutturate per essere utilizzate come unità immobiliari a sé stanti”. Infatti, come specifica la Circolare, la definizione appena citata appare in linea con i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 46/E del 1998; in questo caso, il legislatore, utilizzando tale nozione ha voluto limitare il campo di applicazione della norma “ai fabbricati, come risultanti dalle disposizioni sopra esposte e non alla più ampia categoria dei beni immobili”.

Il termine “completamento”

In relazione al termine “completamento”, che ha creato non pochi dubbi sin dall’inizio, la Circolare 14/E del 2015 ha chiarito che il legislatore ha utilizzato nella norma un termine “atecnico” e che, data la mancanza di una definizione nel Testo Unico dell’edilizia, nella direttiva IVA 2006/112/CE e nel Regolamento n. 1042 del 2013, è necessario fare riferimento ai codici ATECO 2007 individuati dalla Circolare.

Infatti, come cita il documento di prassi, ricadono nell’ambito di applicazione della novella in commento le prestazioni di servizi riferite al rifacimento di una facciata ma non quelle relative alla preparazione del cantiere di cui al codice ATECO 43.12 in quanto non riferibili alla fase del completamento ma a quella propedeutica alla costruzione.

Le prestazioni miste

L’ultimo chiarimento importante della Circolare 14/E del 2015 riguarda il comportamento da adottare di fronte alla situazione in cui il prestatore effettui, all’interno di un unico contrato, una pluralità di prestazioni di servizi, alcune soggette all’inversione contabile ed altre al regime ordinario.

In questo senso, è stato specificato che in presenza di un unico contratto, comprensivo di una pluralità di prestazioni di servizi in parte soggette al regime dell’inversione contabile e in parte soggette all’applicazione dell’IVA nelle modalità ordinarie, si dovrà procedere alla scomposizione delle operazioni, individuando le singole prestazioni assoggettabili al regime del reverse charge. Qualora ciò non fosse possibile perché, per esempio, in presenza di un contratto avente ad oggetto la ristrutturazione di un edificio in cui è prevista anche l’installazione di uno o più impianti, non si dovrà procedere alla scomposizione del contratto, distinguendo l’installazione di impianti dagli interventi, ma si applicherà l’IVA secondo le modalità ordinarie all’intera fattispecie contrattuale.



[1] Al riguardo la Circolare specifica però che se il prestatore del servizio svolge sistematicamente attività ricomprese nelle classificazioni ATECO relative alle prestazioni di pulizia, demolizione, installazione di impianti e completamento relative ad edifici, ma tali attività non sono state comunicate ai sensi dell’art. 35, comma3, del D.P.R. 633 del 1972, le stesse devono essere assoggettate al meccanismo dell’inversione contabile, con l’obbligo, da parte del contribuente di procedere all’adeguamento del codice ATECO.

 

Diana Pérez Corradini

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