IMU 2013: la prima casa può attendere (purché non si tratti di abitazione di pregio)

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Se i proprietari delle abitazioni principali possono tirare un sospiro di sollievo, per la sospensione del pagamento dell’acconto IMU di giugno, approvata venerdì dall’esecutivo, i proprietari di immobili diversi da quelli residenziali dovranno invece prepararsi alla cassa con l’aggravio che l’onere da sostenere è assai più gravoso di quello sopportato a giugno 2012. Il decreto, che esclude dallo slittamento del pagamento dell’imposta sugli immobili le abitazioni di pregio, accatastate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, propone una clausola di salvaguardia che prevede l’attuazione della riforma, in coerenza con gli impegni assunti dall’Italia in ambito europeo, entro il 31 agosto p.v.. In assenza di tale traguardo, i contribuenti che hanno beneficiato della sospensione del pagamento di giugno, che comprende anche le pertinenze dell’abitazione principale, dovranno provvedere a versare quanto dovuto entro il 16 settembre.

L’obiettivo di riformare il prelievo sugli immobili, che costituisce una delle priorità del nuovo Governo presieduto da Enrico Letta, appare ambizioso e di non facile realizzazione, stante lo scenario economico in cui occorre operare. Certamente lo slittamento dell’IMU sulla “prima casa”, assicura una boccata di ossigeno ai proprietari di circa 15 milioni di abitazioni, a cui sono da aggiungere i proprietari delle unità appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari, degli alloggi regolarmente assegnati dagli istituti autonomi per le case popolari (IACP) o dagli enti di edilizia residenziale, nonché  di terreni e di fabbricati rurali. Il riepilogo della manovra viene riportato di seguito:

tabella acconto imu

L’esclusione dall’IMU delle unità immobiliari adibite ad abitazione principale e delle relative pertinenze, ad eccezione dei fabbricati appartenenti alle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, era già indicata dalla Legge 5 maggio 2009 n. 42, norma con cui il Parlamento aveva dato delega al Governo di emanare i decreti per l’attuazione del federalismo fiscale. In osservanza a tali disposizioni era stato approvato il Decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, recante “disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale” che, all’articolo 8 e 9 provvedeva a disciplinare la nuova imposta municipale propria, istituita a decorrere dal 1° gennaio 2014 in sostituzione dell’I.C.I., prevedendo le esclusioni predette. L’imposta attualmente vigente è quell’IMU sperimentale introdotta dal “decreto Salva Italia” o “decreto Monti”, che ne contemplava l’applicazione per il periodo 2012-2014, posticipando l’IMU del decreto sul federalismo fiscale al 1° gennaio 2015. L’altra disposizione normativa che differenzia l’imposta vigente con quella della previsione federalista, riguarda la riserva allo Stato di parte del gettito. Questa previsione ha subito modifiche ad opera della Legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha eliminato la quota riservata allo Stato destinando l’intero gettito ai Comuni ad eccezione di quello derivante dai fabbricati ad uso produttivo, inclusi nel gruppo catastale “D”, calcolato ad aliquota standard. Questa misura può essere incrementata fino a 3 punti percentuali dai Comuni, che potranno così introitare la parte di imposta al di sopra dell’aliquota dello 0,76 per cento.

L’addio definitivo all’IMU sull’abitazione principale è ora condizionato dall’esito degli interventi riformatori dell’intera disciplina di imposizione fiscale sul patrimonio immobiliare che andrà ad incidere anche sulla tassazione del reddito d’impresa. A tale proposito si evidenzia che è intenzione del Governo introdurre la deducibilità dell’IMU sui fabbricati posseduti da imprese, cercando così di alleggerire il carico fiscale per le stesse. Queste, oltre a dover affrontare le incertezza della pesante recessione economica che attanaglia gran parte dell’Europa, sono sempre più schiacciate da una pressione fiscale che per molti fabbricati sarà ancora più elevata nel 2013. Va ricordato che dal 1° gennaio di quest’anno il moltiplicatore relativo ai fabbricati del gruppo catastale “D”, passa da 60 a 65, elevando dell’8,33% secco, l’ammontare del tributo dovuto. Per questa specifica categoria di immobili, la rata di giugno prossimo, sarà pertanto più pesante, rispetto a quella pagata lo scorso anno, con un impegno tanto più oneroso, quanto più elevato è l’aumento di aliquota approvato dai Comuni rispetto alla misura standard dello 0,76. La disciplina dell’IMU consente ai Comuni di incrementare l’aliquota base fino a 0,3 punti percentuali e, considerati i continui tagli ai trasferimenti erariali, molti enti locali si sono avvalsi di questa facoltà. Pertanto, i proprietari di fabbricati accatastati nel gruppo “D” dovranno sborsare il prossimo 17 giugno, un maggior importo, rispetto a quello versato lo scorso anno, pari al 13,16% per ogni punto percentuale in più rispetto all’aliquota standard che, aggiunto all’incremento derivante dalla modifica del moltiplicatore, può condurre fino ad un rialzo superiore al 50%.

Da quanto esposto risulta di tutta evidenza l’urgenza di intervenire sull’imposizione delle imprese e da qui l’ipotesi di deducibilità dell’IMU dal reddito d’impresa, così da ridurre la base imponibile delle imposte dirette (IRPEF ed IRES). Le criticità in cui versano le imprese italiane è ben nota al Governo che nel prevedere la riforma dell’IMU, annovera anche la disciplina del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (con possibili interventi sul catasto), la deducibilità IMU, appunto, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, nonché interventi sull’articolazione della potestà impositiva a livello statale e locale. Ma alle difficoltà conosciute dalle imprese, vanno ad aggiungersi i vincoli posti dal patto di stabilità e dalla comunità europea che guarda con timore l’utilizzo di circa 2 miliardi di fondi di tesoreria da parte dei Comuni, somme garantite ai sindaci dall’esecutivo, per far fronte alle minori entrate per lo slittamento di parte dell’acconto IMU.

A tale proposito si segnala che Bruxelles sarebbe pronta ad interrompere il percorso che il 29 maggio dovrebbe sancire l’uscita dall’Italia dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo, se gli interventi del Governo non fossero adeguati rispetto alla situazione economico-finanziaria attuale. Va comunque rimarcato che la Commissione europea si è espressa a favore di un trattamento fiscale diverso per la prima e la seconda casa, sottolineando come l’IMU, così come introdotta dal Governo Monti, sia poco progressiva.

Tecnicamente, per evitare crisi di liquidità, le compensazioni per le minori entrate comunali relative alla prima rata IMU, calcolata con le aliquote reali, approvate lo scorso anno dai sindaci, e non con l’aliquota standard dello 0,4 per cento, che avrebbe creato problemi aggiuntivi a molti enti locali (come a Roma e Torino), avverranno mediante le anticipazioni di tesoreria. I Comuni infatti potranno chiedere alle banche l’anticipazione di un importo pari all’incasso dell’acconto IMU determinato sull’entrata derivante dagli immobili che ora beneficiano dello slittamento. Gli interessi per l’anticipazione, invece, resteranno a carico dello Stato che dovrebbe coprire il loro ammontare, stimato in circa 600mila euro, attraverso il taglio delle indennità dei parlamentari appena entrati nel team di Governo. Questa soluzione appare ponderata ed equilibrata in relazione alle esigenze dei conti dello Stato, anche se, secondo alcuni osservatori, potrebbe avere effetti negativi sul sistema creditizio. Le modifiche apportate non potevano, nella situazione attuale, ridurre ulteriormente le entrate: rinviare anche il versamento per gli immobili commerciali avrebbe comportato il dover coprire una posta valutata intorno a cinque miliardi di euro e neppure la sterilizzazione degli aumenti delle aliquote è risultata una strada percorribile. Ora questa partita rimane aperta e di tutto rilievo, considerato che il Governo rischia la debacle se la riforma tanto auspicata non vedrà la luce entro il 31 agosto prossimo. Gli interventi della squadra di Letta sono ancor più necessari dopo aver visto i dati del PIL diffusi dall’ISTAT: nel primo trimestre del 2013 è diminuito dello 0,5% rispetto all’ultimo trimestre 2012 e del 2,3% in rapporto al primo trimestre dello scorso anno, facendo registrare il settimo segno negativo consecutivo. Anche il rallentamento dell’economia preoccupa: è ora stimato nella misura dell’1,5% a fronte dell’1,3% previsto dal Governo Monti.

I dati esposti testimoniano come sia urgente un intervento volto a ridurre l’imposizione fiscale sulle famiglie e, soprattutto sulle imprese, al fine di rilanciare la domanda e l’economia. Per comprendere l’impatto, in termini di imposizione IMU, che i fabbricati produttivi hanno dovuto sopportare, rispetto alla precedente applicazione dell’I.C.I. ed il maggior esborso che dovranno sostenere il prossimo 17 giugno, si veda il prospetto che segue che mostra il diverso esborso a carico di un immobile accatastato nel gruppo “D” nel passaggio da I.C.I. ad IMU:

tabella tassazione imu

Considerata l’urgenza di conoscere con certezza l’applicazione delle misure che sono state approvate, che avranno immediato riflesso per il termine IMU del 17 giugno, è molto probabile che questo decreto venga licenziato dal Parlamento in tempi molto stretti.

Stefania Zammarchi

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