Corte dei Conti: il giudice lento deve risarcire

Redazione 26/04/13
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La Corte dei Conti, sezione giurisprudenziale Puglia, con la sentenza n. 251 del 18/02/2013 ha condannato un giudice onorario a rimborsare parzialmente lo stato, costretto ad indennizzare il cittadino coinvolto in un processo finito alle lunghe. Dunque a poco è servito dire che l’ufficio giudiziario fosse disorganizzato e che il fascicolo fosse stato perso, elementi per altro veri, tuttavia è responsabilità del magistrato verificare le cancellerie e controllare le carte delle cause che gli sono affidate, e poi, onestamente, 3 anni per depositare una sentenza non sono scusabili.

L’ufficio descritto nella sentenza, come detto, appare molto disorganizzato, non certo confortante per gli utenti dei tribunali, anche se questo ha comportato un piccolo sconto di pena al magistrato che mirava all’assoluzione.

La vicenda nasce da un indennizzo riconosciuto, mediante la legge Pinto, ad una persona che ha ha dovuto attendere oltre 7 anni per la definizione del processo. In questo periodo sono trascorsi ben 3 anni e 5 mesi aspettando che la sentenza fosse depositata. Al giudice è stata contestata la colpa grave e la procura della Corte dei Conti ha chiesto la condanna a rimborsare la quota parte dell’indennizzo concernente il lasso di tempo d’attesa imputabile al magistrato.

Quest’ultimo ha cercato di difendersi dicendo di essere oberato di lavoro, circa 1000 fascicoli, e sottolineando la disorganizzazione dell’ufficio giudiziario; cause annotate sul ruolo, ma non presenti in udienza, mancanza di sicura preventiva informazione delle udienze alle parti,  numero di magistrati onorari assegnati in numero inferiore a quello previsto, cancelleria delle sanzioni a corto di spazio e di personale.

Nel caso specifico il fascicolo, che è stato deciso così in ritardo, è stato perso e poi recuperato, per puro caso, dopo alcuni anni dallo smarrimento, inserito all’interno per errore in un faldone che comprendeva altri fascicoli destinati all’archivio. La verifica ha fatto emergere fra l’altro che l’inserimento sbagliato sarebbe stato una prassi e spesso solo il controllo da parte degli avvocati difensori avrebbe evitato lo smarrimento. Se non fosse sufficiente già questa disorganizzazione si aggiunga che i luoghi deputati ad ospitare le cancellerie e soprattutto gli armadi contenenti i fascicoli cambiavano continuamente  per far posto ad altre necessità del Tribunale.

Durante il procedimento è stata rilevata anche la leggerezza del magistrato, che per inesperienza ha assunto in decisione tutte le cause mature piuttosto che ripartire le date di spedizione a sentenza. Nonostante queste attenuanti oggettive la Corte dei Conti ha riscontrato la responsabilità del magistrato, colpevole di aver violato l’obbligo primario del giudice di deposito tempestivo dei propri provvedimenti, inoltre gli è stata attribuita la colpa grave vista la macroscopicità della violazione.

L’elevato carico di lavoro, le disfunzioni organizzative e la scelta del convenuto di riservarsi per una pluralità di cause ormai mature per la decisione sin dalle prime udienze , invece che riservarsi solo su alcune di esse, non sono stati considerati tali da giustificare un periodo di attesa così lungo. La Corte dei Conti nota, tra l’altro, che gli altri giudici della stessa sezione, pur a fronte delle medesime condizioni non hanno subito ritardi così sensibili nel deposito delle sentenze.

Non ha rappresentato un’attenuante per il ritardo neppure lo smarrimento del fascicolo, questo perché nelle disfunzioni dell’ufficio giudiziario, il giudice è comunque tenuto ad assumere congrue cautele che gli permettono di avere il controllo dei fascicoli assegnatigli e che deve portare a decisione: il giudice non può affidare il reperimento di fascicoli agli avvocati o a terzi. 

Non è ammissibile, si legge nella sentenza, che il giudice, che ha trattenuto una causa in decisione, si disinteressi del tutto del reperimento del relativo fascicolo  e se non si trova  lo deve segnalare alle cancellerie e al presidente del tribunale. Le disfunzioni organizzative insieme all’elevato carico di lavoro hanno consentito al giudice di avere uno sconto; è stato condannato a rimborsare 5 mila euro invece che 7 mila.

 

 

Redazione

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