Corte di Giustizia della UE: vuoi farti un lifting? Devi pagare l’Iva

Letizia Pieri 22/03/13
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Ecco arrivare l’Iva per i trattamenti medici o chirurgici effettuati per motivi puramente cosmetici. Chi vuole fare un lifting non terapeutico si trova così costretto a pagare l’imposta sul valore aggiunto. A stabilirlo è intervenuta ieri la Corte di Giustizia dell’Unione Europea tramite la sentenza 21 marzo 2013. Ai fini valutativi delle circostanze in atto, da come si legge nel provvedimento giurisdizionale europeo, risulta rilevante il fatto che vede lo stesso medico abilitato essere il soggetto operante il trattamento o viceversa colui che ne  determina lo scopo.

L’argomento oggetto della sentenza era precedentemente stato sollevato dai giudici svedesi nell’ambito di una controversia che ha visto opposte, da un lato, un’impresa del settore sanitario, la quale aveva richiesto la detrazione dell’Iva valutando imponibili le prestazioni eseguite previo scopo terapeutico, e dall’altro, la stessa amministrazione finanziaria che di contro aveva negato l’esenzione basandosi sul presupposto che anche le prestazioni di chirurgia cosmetica e ricostruttiva andassero considerate esentate dall’Iva.

I giudici nazionali hanno chiesto alla Corte di deliberare un provvedimento chiarificatore atto a spiegare se la natura eventuale dello scopo preventivo o viceversa terapeutico delle prestazioni dovesse arrivare ad assumere rilievo ai fini della soluzione e, in caso di affermatività, se la stessa valutazione della sussistenza di tale scopo, per considerarsi valida, dovesse considerare la convinzione soggettiva dei pazienti. In territorio italiano la circolare diffusa dall’Agenzia delle Entrate, 4/2005, ha avvalidato l’esenzione alle prestazioni di chirurgia estetica poiché considerate “ontologicamente connesse al benessere psicofisico del soggetto” ricevente l’operazione e di conseguenza correlate alla “tutela della salute della persona”.

La sentenza di ieri della Corte solleva il richiamo al rispettivo organo giurisdizionale, spiegando come l’esenzione dal pagamento dell’Iva giunga ad includere soltanto le prestazioni sanitarie rispondenti a scopi diagnostici e curativi atti a guarire, o per lo meno alleviare, i disagi connessi a malattie e disabilità di salute, così come si precisa che la finalità terapeutica di una prestazione non vada intesa seguendo un significato eccessivamente intransigente. Sono dunque ammesse a pieno titolo nella cerchia esentiva le prestazioni mediche volte a tutelare, stabilizzare o ristabilire la salute dei singoli. Ai fini della stima che valuta se le prestazioni debbano essere esenti o meno dall’Iva assume dunque rilevanza cruciale lo scopo delle stesse. In questo modo anche le prestazioni rientranti nella tipologia oggetto della controversia, sempre entro i limiti di risposta allo scopo trattamentale o curativo di soggetti che, a seguito di problemi di salute, handicap o traumi psico-fisici, mostrino necessità di un intervento di carattere estetico, potrebbero lecitamente rientrare nelle nozioni inclusive di cure o prestazioni mediche fruibili per l’esenzione.

Non può dirsi altrettanto per quei trattamenti, invece, che rispondo a scopi esclusivamente cosmetici. L’amministrazione finanziaria svedese ha, infatti, eccepito che l’inchiesta sul ‘movente’ prestazionale assurgerebbe a vincolo estremamente limitativo nei confronti sia dei prestatori di servizi che delle autorità locali, prospettando problematiche coercitive a livello definitorio ed applicativo. La Corte europea ha obiettato alla medesima direttiva di prendere in considerazione l’effettuazione da parte del soggetto passivo sia di attività imponibili che di attività esenti, prevedendo, in tal caso, la ricaduta della detrazione nella misura del pro rata.

Con riguardo poi al fatto concernente la necessità sussistente o meno di considerare, ai fini prestazionali, la convinzione soggettiva dei pazienti, la Corte interviene rammentando il valore contenutistico di una sua precedente sentenza con la quale si era già precisato che le problematiche di salute, suscettibili di dare adito ad operazioni sanitarie esenti, possono anche rispondere a motivazioni di carattere psicologico. Tuttavia, è parere della Corte, che “la semplice convinzione soggettiva che sorge nella mente della persona che si sottopone ad un intervento estetico in merito ad esso” non è, di per sé, valutabile come determinanteai fini della valutazione della questione se tale intervento abbia o meno scopo terapeutico”.

Considerata la natura prettamente medica di questa analisi valutativa, essa è tenuta dunque a trovare legittime fondamenta in considerazioni rispecchianti la medesima natura, e come tali esclusivamente effettuate da personale qualificato. Che le prestazioni vengano fornite, o viceversa che lo scopo di esse venga a determinarsi grazie all’operato di sanitari abilitati, giunge quindi a condizionare pienamente l’esito valutativo della qualificazione che le categorizza come cure o prestazioni mediche.

Letizia Pieri

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