Esenzione Imu: il Mef allarga l’agevolazione, a rischio contenzioso

Redazione 06/03/13
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Si ampliano le reti dell’esenzione Imu.  Questo è quanto stabilito dallaRisoluzione n. 4/Df del 4 marzo 2013 del dipartimento Finanze del Mef, con la quale si pronuncia una visione giurisprudenziale già consolidata sul versante Ici con riguardo alle norme di esenzione inserite nell’art. 7, comma 1, lettera i) del dlgs n. 504 del 30 dicembre 1992, esplicitamente ricordato ai fini dell’Imu dall’art. 9, comma 8, del dlgs 14 marzo 2011, n. 23. Nella Risoluzione il ministero sottolinea che l’articolo 91-bis del Dl 1/2012, tramite il quale si specifica come l’esecuzione delle attività ricordate nella lettera i) debba compiersi con “modalità non commerciali”, identifica l’ambito di applicazione dell’esonero riprendendo il senso tracciato dalla giurisprudenza di legittimità, la quale ha sempre contestato l’esenzione qualora le attività venissero svolte in maniera commerciale.

Sia la Corte costituzionale che la Suprema Corte di Cassazione hanno più volte confermato come l’art. 7, comma 1, lettera i) del dlgs n. 504 del 30 dicembre 1992 pretenda il duplice requisito dell’utilizzo diretto degli immobili da parte dell’ente possessore e dell’esclusività della loro assegnazione ad attività peculiari non redditizie. E’ stata la stessa Corte costituzionale ad aver rimarcato il mancato riconoscimento esentativo in caso di utilizzazione indiretta, ancorchè appoggiata da finalità di pubblico interesse, con le ordinanze n. 429 del 19 dicembre 2006 e n. 19 del 26 gennaio 2007, esentandosi tuttavia dal pronunciarsi sull’art. 59, comma 1,  lettera c) del dlgs 15 dicembre 1997, n. 446, il quale non essendo richiamato dal dlgs n.23 del 2011 all’art. 14, comma 6,  non recupera alcuna applicazione per l’Imu.

L’interpretazione ministeriale, che sembra ritenere applicabile l’esenzione Ici/Imu anche nella circostanza di immobile concesso in comodato ad altro ente non commerciale, rimane per molti incondivisibile. I motivi del disappunto sono diversi: la risoluzione sembrerebbe infatti contrastare i dettami di diritto che conoscono una solida consolidazione giurisprudenziale, oltre ad interferire, ignorandole, con le pronunce della Cassazione mostratesi oppositive rispetto al parere ministeriale. La tesi del dipartimento Finanze, in realtà, prende a fondamento un caso ben specifico, riferendosi ad un immobile che il soggetto passivo dava in locazione (e non in comodato) a un ente non commerciale che vi esercitava una delle attività agevolate. Per l’immobile risultava dunque ritraibile un reddito, situazione questa effettivamente indicativa di capacità contributiva, per la quale non si è valutata idonea la giustificazione dell’attribuzione del beneficio. L’elemento discriminante sarebbe proprio il reddito dal momento che una concessione gratuita renderebbe applicabile l’esenzione.

L’esenzione dall’Imu va ammessa anche nell’ipotesi in cui l’immobile sia concesso in comodato ad un altro ente non commerciale, appartenente alla medesima struttura dell’ente concedente, per l’esecuzione di una delle attività agevolate.  Il campo applicativo dell’esenzione dell’Imu rimane sempre e comunque circoscritto allo svolgimento di attività meritevoli riconosciute dalla norma agevolativa. Cosa certa è che l’ente non commerciale che usufruisce dell’immobile si trova escluso dal campo di applicazione dell’Imu dal momento che non è considerato soggetto passivo del tributo. I principi consolidati e abbracciati dalla Corte costituzionale convergono sulla tesi che sostiene che l’esenzione dell’Imu per gli enti non commerciali vada applicata nel solo caso in cui l’utilizzatore ed il possidente non vengano a coincidere. L’esenzione “allargata” rischia ora un esoso contenzioso.

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