Il giorno dell’Imu: ecco la tassa più odiata dagli italiani

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Se una bolla minacciosa con il marchio “Agenzia delle Entrate” è stata recapitata nella vostra buchetta delle lettere proprio in questi giorni, potete scartare il timore di controlli fiscali, ma il sospiro di sollievo, forse, non lo tirerete comunque.

Si tratta della prima rata dell’Imu, la tassa “nata” per riempire il vuoto lasciato dalla già ben poco amata Ici. Il termine per versare la prima quota scade infatti oggi e la nuova imposta sugli immobili, da ormai un anno a questa parte, continua a far fibrillare contribuenti, analisti e una larga fetta di opinione pubblica.

Da più parti accolta come il nuovo macigno fiscale, la neonata Imposta municipale unica – questo il nome per esteso della tassa – rappresenta uno dei capitoli su cui il governo tecnico di Mario Monti fa più affidamento per dare ossigeno alle casse statali, sempre più prosciugate. Ma per i cittadini, questo ulteriore onere sugli immobili di proprietà, non è altro che una nuova stangata, che potrebbe deprimere ulteriormente consumi e risparmi.

Da Roma, i tecnici si difendono ricordando che il gettito previsto per le casse dello Stato dovrebbe superare abbondantemente i 20 miliardi di euro. Una bella iniezione di liquidità, senza dubbio, che però finisce per pesare, ancora una volta, sul capo dei cittadini.

Ma andiamo con ordine: innanzitutto, come scoprire se il conteggio della quota che ci viene richiesta è corretto? Basta tornare indietro di qualche mese e ricordare come, per settimane, commentatori e analisti si sono accapigliati, calcolatrice alla mano, per risolvere l’incognita Imu. Una volta stabilito che l’aliquota dallo 0,76% era stata abbassata allo 0,4, con possibilità per i Comuni virtuosi di portarla fino allo 0,2, la formula corretta per far tornare i conti è, infine, arrivata direttamente dal Ministero dell’Economia: “Per i fabbricati iscritti in catasto – recita il Decreto legge 201/2011 – il valore è costituito da quello ottenuto applicando all’ammontare delle rendite risultanti in catasto , … , rivalutate del 5 percento”.

Una volta stabilito come procedere alla stima degli edifici, l’Imu non ha abbandonato le prime pagine dei media nazionali anche nei primi mesi dell’anno, con il valzer sulle scadenze entro cui il pagamento dovrà essere evaso. Dal versamento unico, alla luce della depressione dei consumi, e sotto i colpi di uno spread improvvisamente tornato ostile al governo di Mario Monti, si è passati alla filosofia della “tranche”. Così, è stata determinata la successione di tre scadenze – due, per le seconde case – fissate a giugno, settembre e dicembre, nelle quali l’intero obolo Imu dovrà essere saldato.

Non mancano, comunque, le eccezioni: per uffici e fabbricati, ad esempio, l’Imu si calcola rivalutando la rendita catastale del 5% e si moltiplica per il coefficiente 80, con aliquota fissa allo 0,76%. Ancora, capitolo a parte sono i terreni agricoli, ivi inclusi stalle, fienili, granai e altri edifici assimilabili: l’aliquota, in questo caso, crolla allo 0,2%, con la rendita sempre conteggiata al 5% e moltiplicata, nel caso specifico, per 60. Ma qui, per saldare il conto, c’è solo l’opzione del versamento unico, entro il 17 dicembre prossimo. Con questi parametri, il salasso, per le famiglie, si prevede davvero pesante: affiancata alle altre imposte locali, secondo uno studio elaborato dalla Uil, l’esborso medio per l’Imu dovrebbe aggirarsi sui 1400 euro per ogni nucleo con seconda casa, con punte di circa 3000 in centri come Roma e Milano. Rispetto alla sepolta Ici, a incidere è la rendita catastale delle seconde case, che fa lievitare le quote richiese dall’erario.

Cifre da brividi, in un quadro che vede l’economia ufficialmente in recessione e gli stipendi fermi al palo da tempo immemore, tanto che le forze politiche non si nascondono, anche in queste ore, dal solito gioco dello scaricabarile. Di qualche giorno fa è la dichiarazione del ministro degli Interni Cancellieri, che ha ricordato come l’Imu sia un’imposta ereditata dalla riforma federalista, cavallo di battaglia della Lega Nord e del precedente governo Berlusconi. Una replica piccata alla pioggia di critiche arrivate proprio dal Carroccio che, ora ai banchi dell’opposizione, ha tuonato a più riprese contro la politica economica “draconiana” proposta dall’esecutivo, incitando senza mezzi termini allo sciopero fiscale.

Un rimpallo di responsabilità che, certamente, non appassiona gli italiani, i quali, qualunque sia la paternità della famigerata Imu, si vedono costretti a un nuovo, faticoso sacrificio per tenere a galla un Paese zavorrato come non mai, sia a livello burocratico che economico.

Francesco Maltoni

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