Monti, Erodoto ed il Governo dei migliori

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Forse non tutti sanno che alcuni studiosi individuano in Erodoto il padre della politica poiché fu il primo a distinguere le tre fondamentali forme di governo: democrazia, monarchia ed aristocrazia (intesa in senso etimologico, cioè “governo dei migliori”). Successivamente altri filosofi, a partire da Aristotele, elaborarono e svilupparono i tre concetti evidenziandone pregi e difetti.
In particolare Cicerone mette in guardia dalle possibili degenerazioni, evidenziando per ogni sistema la corrispondente forma deviata: monarchia, democrazia ed aristocrazia potrebbe sfociare rispettivamente in tirannia, oclocrazia (potere della “feccia”) e oligarchia.
Per tradurre il tutto in termini dei nostri giorni, potremmo dire che le forme di governo monarchiche potrebbero degenerare nell’autoritarismo, la democrazia potrebbe indurre a derive populiste, mentre il governo aristocratico (noi diremmo tecnocratico) rischia di creare un sistema “dei poteri forti”.
Confesso di provare sempre una certa impressione nel ritrovare in pagine scritte millenni fa spunti di riflessione per problematiche moderne. Segno, forse, di una storia che si ripete e di un diritto positivo che se da un lato si evolve conquistando traguardi di civiltà dall’altro è chiamato a dirimere questioni immutate nei secoli.

Terminata l’euforia di alcuni per la caduta del Governo Berlusconi ed affievolito il ritrovato orgoglio nazionale per l’incontro trilaterale tra Merkel, Sarkozy e Monti, molti si interrogano sulla legittimità di un Governo c.d. “tecnico”, scollegato dall’elettorato, ad adottare provvedimenti così incisivi nella vita della maggior parte dei cittadini, tanto da provocare le lacrime della Ministra Fornero oltre che le nostre.
In punta di diritto costituzionale nessuno eccepisce irregolarità formali nella creazione del Governo Monti. Nel nostro Ordinamento il Governo necessita della nomina presidenziale e della fiducia parlamentare, entrambi i requisiti sono stati onorati dall’attuale Esecutivo.
Da qui, però, parte il perenne dibattito sulla sussistenza o meno di una Costituzione materiale, cioè permeabile alle evoluzioni del sentimento sociale in materia di esercizio del potere e di tutela dei diritti, accanto ad una formale.
Nel nostro sistema politico il dibattito è trasversale, nel senso che tutti, prima o poi, hanno sostenuto l’una o l’altra tesi in base a ciò che si voleva affermare.
Per chi preferisce una lettura formale della Carta, il Governo Monti è legittimato dalla volontà popolare espressa indirettamente per il tramite dei Parlamentari che, privi di vincoli di mandato, hanno, in grande maggioranza, accordato la fiducia al Governo. La nostra è pur sempre una Repubblica parlamentare.
Per altri, invece, la trasformazione in senso bipolare del panorama politico nazionale e della legge elettorale, ha introdotto nel nostro sistema un implicito vincolo di mandato per il Parlamento in merito non solo alla colorazione politica dell’Esecutivo, ma anche in riferimento alla persona del Presidente del Consiglio. In poche parole, chi è stato eletto in una lista che ha nel simbolo la dicitura “Tizio Presidente”, può votare la fiducia ad un Governo presieduto da Caio? E chi è stato eletto in una coalizione espressamente segnalata sulla scheda elettorale, può sostenerne in Parlamento una di diversa composizione?
La questione si colloca sul sottile confine tra il diritto costituzionale e la politica e probabilmente necessita di una riflessione e di qualche aggiustamento del nostro sistema.
Senza aggiungere la mia alle tantissime voci di commento a queste vicende (in Italia oramai, oltre che Commissari Tecnici della nazionale di calcio, siamo tutti fini costituzionalisti, integerrimi pubblici ministeri e censori degli altrui costumi), mi permetto solo di evidenziare la particolare flessibilità del nostro sistema costituzionale.
In conseguenza alle vicende contingenti il nostro Ordinamento ha subito importanti modifiche e contro modifiche, quasi adeguandosi alle necessità del momento.
La figura del Presidente della Repubblica è oscillata tra un ruolo meramente formale e notarile ad uno simile a quello delineato in alcuni sistemi semipresidenziali.
Abbiamo avuto Presidenti del Consiglio espressione diretta dell’elettorato e Governi totalmente estranei a questa logica.
Parlamenti con un ruolo centrale nella determinazione delle maggioranze ed altri disciplinati alle indicazioni del Governo.
Certo rimane in piedi il dubbio se un Governo composto da tecnici più o meno liberamente selezionati sia “politicamente legittimo”, ma non sottovalutiamo l’importanza di una Costituzione che ci ha consentito più di una volta di evitare situazioni di stallo.

Massimiliano Pari

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