Referendum costituzionale 2016 sì o no: le ragioni di chi vota a favore

Redazione 07/10/16
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Dal sito Bastaunsi, a favore della riforma costituzionale, ecco un riassunto delle principali motivazioni per votare sì al referendum costituzionale.

Per saperne di più si consiglia lo speciale su REFERENDUM COSTITUZIONALE: COSA SI VOTA

Referendum 4 dicembre 2016: superare il bicameralismo paritario?

Secondo i sostenitori del sì, con la riforma costituzionale l’Italia non sarà più l’unico Paese europeo in cui il Parlamento è composto da due camere eguali, con gli stessi poteri e praticamente la stessa composizione.

Il superamento del cosiddetto “bicameralismo paritario” servirà per ridurre il costo degli apparati politici e per rendere l’attività del Parlamento più rapida ed efficace.

La Camera dei Deputati darà e toglierà la fiducia al Governo, il Senato rappresenterà prevalentemente le istanze e i bisogni di Comuni e Regioni.

Leggi in tempi più rapidi?

Se vincerà il Sì, finalmente le proposte di legge non dovranno più girare tra Camera e Senato, sperando che prima o poi si arrivi ad un testo condiviso fino alle virgole.

Tranne che per alcune limitate materie, di norma la Camera approverà le leggi e il Senato avrà al massimo 40 giorni per discutere e proporre modifiche, su cui poi la Camera esprimerà la decisione finale.

Più velocità non significa “più leggi”, ma risposte più tempestive da un Parlamento più credibile.

Ridurre i costi della politica?

Verrà ridotto il numero dei parlamentari, perché i senatori elettivi passeranno da 315 a 95 (più 5 di nomina del Presidente della Repubblica) e non percepiranno indennità.

Il CNEL verrà abolito, e con esso i suoi 65 membri; i consiglieri regionali non potranno percepire un’indennità più alta di quella del sindaco del capoluogo di Regione e i gruppi regionali non avranno più il finanziamento pubblico; le province saranno eliminate dalla Costituzione.

La riduzione di costi e “poltrone” restituirà credibilità alle istituzioni.

Maggiore partecipazione dei cittadini?

La democrazia non si riduce solo al momento del voto, ma è un insieme di strumenti nelle mani dei cittadini per esprimere idee, proposte e bisogni.

Con la riforma, la democrazia italiana diverrà autenticamente partecipativa:

  • il Parlamento avrà l’obbligo di discutere e deliberare sui disegni di legge di iniziativa popolare proposti da 150mila elettori;
  • saranno introdotti i referendum propositivi e d’indirizzo;
  • si abbassa il quorum per la validità dei referendum abrogativi (se richiesti da 800mila elettori, non sarà più necessario il voto del 50% degli aventi diritto, ma sarà sufficiente la metà più 1 dei votanti alle precedenti elezioni politiche).

Chiarire le competenze di Stato e Regioni

La riforma chiarirà e semplificherà il rapporto tra Stato e Regioni: con l’eliminazione delle cosiddette “competenze concorrenti”, ogni livello di Governo avrà le proprie funzioni legislative.

Si eviterà la confusione e la conflittualità tra Stato e Regioni che ha ingolfato negli scorsi 15 anni il lavoro della Corte Costituzionale.

Materie come le grandi reti di trasporto e di navigazione, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia o la formazione professionale saranno di esclusiva competenza dello Stato.

Alle Regioni, oltre alle competenze proprie (come l’organizzazione sanitaria, il turismo o lo sviluppo economico locale), potranno essere delegate altre competenze legislative.

Sarà un modo per promuovere le Regioni più virtuose.

Ma anche per aumentare la rappresentanza degli Enti Locali in Parlamento e in Europa.

Il Senato diverrà finalmente il luogo della rappresentanza delle Regioni e dei Comuni, che potranno così intervenire direttamente nel procedimento legislativo attraverso i sindaci e i consiglieri che ne faranno parte.

Per troppi anni, la loro limitata capacità di partecipazione alla formazione delle leggi dello Stato ha causato ritardi, conflitti e contenziosi. In più, il nuovo Senato dei sindaci e dei consiglieri sarà investito di una funzione molto importante: parteciperà alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione delle norme della Unione europea.

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