Beni culturali: come rilanciare gli interventi di restauro?

Michele Nico 24/12/15
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È stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 dicembre scorso il decreto 6 ottobre 2015 del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e il Turismo, recante un’apposita disciplina per la concessione in uso a privati degli immobili del demanio culturale, con l’obiettivo di favorire la realizzazione di interventi di conservazione programmata del patrimonio nazionale, grazie al coinvolgimento dei soggetti che operano a vario titolo nel settore dei beni e delle attività culturali.

VAI AL TESTO DEL DM PUBBLICATO SULLA GU IL 18 dicembre 2015

Si tratta di uno strumento normativo concepito nell’ottica di migliorare e potenziare la pubblica fruizione e la valorizzazione patrimonio culturale di cui è ricco il territorio italiano, ma che, nella congiuntura di una grave e persistente crisi economica, è sempre più difficile salvaguardare con un adeguato plafond di risorse finanziarie commisurate allo scopo.

In vista di ciò il nuovo decreto prevede la concessione in uso a soggetti privati degli immobili culturali per il cui utilizzo non è attualmente corrisposto alcun canone e che richiedono interventi di restauro.

Non privati qualsiasi, evidentemente, ma associazioni e fondazioni dotate di personalità giuridica e prive di fini di lucro, in possesso dei seguenti requisiti:

a)       finalità, previste per legge o per statuto, volte alla tutela, promozione, valorizzazione o conoscenza dei beni culturali e paesaggistici;

b)       esperienza quinquennale nel settore della collaborazione per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale, nonché nella gestione di almeno un immobile culturale, pubblico o privato, con attestazione della soprintendenza territorialmente competente di adeguata manutenzione e apertura alla pubblica fruizione.

A garanzia dei principi di trasparenza e della parità di trattamento, l’articolo 3 del decreto prevede che la selezione dei concessionari abbia luogo mediante avviso pubblico, e che l’aggiudicazione sia disposta secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tenuto conto non solo dell’ammontare del canone proposto, ma anche del progetto di restauro e di conservazione programmata del bene, nonché delle misure preventivate per la fruizione e valorizzazione dell’immobile, ivi compreso il prezzo dell’eventuale biglietto che il proponente intende istituire.

Va notato che dal canone di concessione potranno essere detratte le spese sostenute dal concessionario per gli interventi di restauro, in modo da incentivare la manutenzione programmata del bene secondo un piano economico-finanziario previamente approvato (articolo 4).

Per assicurare la funzionalità del sistema, è disposto che le concessioni abbiano una durata non inferiore a sei anni e non superiore a dieci, dando modo ai privati di eseguire entro un ragionevole arco temporale gli interventi programmati.

È poi sancito il divieto di rinnovo tacito o automatico delle concessioni, salva la facoltà del Ministero di procedere al rinnovo del rapporto per un’eguale durata, previa rideterminazione del canone, in caso di impossibilità accertata (mediante gara informale) di conseguire una più proficua valorizzazione dell’immobile, e in presenza di un disimpegno puntuale delle obbligazioni assunte dal concessionario.

Il decreto ministeriale dà finalmente attuazione all’articolo 6, comma 3 del dlgs 22 gennaio 2004, n. 42 (codice dei beni culturali), secondo cui “la Repubblica favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli o associati, alla valorizzazione del patrimonio culturale”, ma per avere un’idea dell’impatto che tale fonte normativa potrà sortire sul patrimonio culturale non resta che attendere l’esito delle sue modalità di attuazione sul territorio.

Michele Nico

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