Le modifiche al processo tributario

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Il 26.6.2015 il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di riforma del processo tributario in base alla delega contenuta nell’art. 10 della L. 11.3.2014, n. 23, normativa che entrerà in vigore al termine del previsto iter burocratico.

La revisione della disciplina si è focalizzata sui seguenti argomenti:

  • l’estensione degli strumenti deflattivi del contenzioso;
  • l’esecutività immediata delle sentenze per tutte le parti del processo tributario;
  • l’ampliamento della difesa personale e dell’assistenza tecnica;
  • il rafforzamento del principio di soccombenza nella liquidazione delle spese di giudizio.

La disciplina del d.lgs. 31.12.1992, n. 546, viene, quindi, rivista alla luce delle direttive contenute all’art. 10, comma 1, lett. a), lett. b), numeri 3), 9), 10) e 11), della l. 11.3.2014, n. 23, anche intervenendo su altre parti della normativa.

 

  1. L’oggetto della giurisdizione tributaria (art. 2)

Al comma 1 è stato modificato in ossequio al principio enunciato della Corte Costituzionale che aveva dichiarato l’illegittimità della parte in cui erano attribuite alla giurisdizione tributaria le controversie aventi ad oggetto le sanzioni comunque irrogate dagli Uffici finanziari anche qualora conseguivano alla violazione di sanzioni di natura non tributaria. Pertanto, le controversie che hanno per oggetto i “tributi di ogni genere e specie comunque denominati” anche “le sovraimposte e le addizionali, le relative sanzioni nonché gli interessi e ogni altro accessorio” sono attratte nella competenza della giustizia tributaria.

Al comma 2 per effetto delle sentenze 14.3.2008, n. 464, e 11.2.2010, n. 39, della Corte Costituzionale è stata soppressa la disposizione che attribuiva ai giudici tributari la competenza a decidere sulle controversie relative alla debenza del canone per l’occupazione di spazi e aree pubbliche (art. 63 del d.lgs. 15.12.1997, n. 446) e del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue e per lo smaltimento dei rifiuti urbani.

 

  1. La competenza per territorio (art. 4)

Viene riscritta la competenza territoriale delle Commissioni tributarie provinciali e della Commissione tributaria di primo grado di Bolzano e di Trento.

Come regola generale, le commissioni tributarie provinciali hanno competenza per le controversie che sono proposte nei confronti degli enti impositori, degli agenti della riscossione e dei soggetti iscritti all’albo previsto dall’art. 53 del d.lgs. 15.12.1997, n. 446 (concessionari per la riscossione dei tributi locali), che hanno sede nella loro circoscrizione.

Nel caso cui la controversia sia proposta nei confronti di articolazioni dell’Agenzia delle entrate, con competenza su tutto o parte del territorio nazionale, individuate con il regolamento di amministrazione di cui all’art. 71 del d.lgs. 30.7.1999, n. 300 (cioè le direzioni provinciali), la compente è determinata considerando la sede dell’ufficio cui spettano le attribuzioni sul rapporto controverso.

 

  1. Le parti del processo tributario (art. 10)

Il nuovo art. 10 individua, oltre al ricorrente, le parti del processo tributario, cioè:

a)   l’ufficio dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al d.lgs. 30.7.1999, n. 300;

b)   gli altri enti impositori/enti locali, CCIAA, consorzi di bonifica, ecc);

c)    l’agente della riscossione;

d)   i soggetti iscritti nell’albo di cui all’art. 53 del d.lgs. 15-12-1997, n. 446, che svolgono le attività di liquidazione, accertamento e riscossione di tributi e di altre entrate delle province e dei comuni.

In sostanza, il requisito di parte è correlato al fatto che l’organismo suddetto ha emesso o non ha emesso l’atto richiesto (cioè l’ipotesi di “silenzio-rifiuto” alla richiesta di rimborso).

 

  1. La capacità di stare in giudizio (art. 11)

Viene riscritta la disciplina della capacità di stare in giudizio allargando la possibilità di stare in giudizio direttamente anche all’agente della riscossione.

Limitatamente al contenzioso in materia di contributo unificato (art. 9 del d.p.r. 30.5.2002, n. 115), le cancellerie o segreterie degli uffici giudiziari stanno in giudizio direttamente, anche in secondo grado, in quanto provvedono alla liquidazione e all’attaccamento di tale onere che è qualificato come tributo.

 

La capacità di stare in giudizio

Contribuente:

  • regola generale
 

personalmente o mediante procuratore generale o speciale;

  • mediante coniuge o parenti o affini entro il quarto grado
procura anche mediante scrittura privata non autenticata solo ai fini dell’udienza pubblica.
Ufficio dell’Agenzia delle entrate, dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e agente della riscossione direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata.
Cancellerie e segreterie degli uffici giudiziari direttamente soltanto in materia di contributo unificato

 

  1. L’assistenza tecnica

Gli enti impositori, gli agenti della riscossione ed i soggetti indicati all’art. 53 del d.lgs. 15.12.1997, n. 446, non hanno l’obbligo di nominare il difensore abilitato.

La declaratoria di inammissibilità del ricorso può essere pronunciata, ai sensi dell’art. 182-bis c.p.c. soltanto se il contribuente, su invito formulato, non nomina il difensore, come è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 22.5.2014, n. 11359. Entro il termine perentorio assegnato dal presidente della commissione ovvero della sezione o del collegio vengono sanati i vizi con efficacia retroattiva.

Il contribuente può difendersi da solo, cioè senza dover ricorrere all’assistenza tecnica, se il valore della controversia (limitato al solo importo delle imposte, ovvero della sanzione se questa costituisce l’unico oggetto della pretesa) non è superiore a 3.000 euro.

Tra i soggetti abilitati all’assistenza tecnica vengono inclusi anche i dipendenti del centri di assistenza fiscale (CAF) limitatamente alle sole controversie che hanno per oggetto gli adempimenti che sono stati eseguiti da tali soggetti per conto dei loro clienti (ad esempio, tardive o omesse trasmissioni delle dichiarazioni, ecc.).

 

  1. Le spese di lite

Viene innovata la disciplina della riscossione delle spese processuali che sono liquidate con la sentenza introducendo la regola della soccombenza per cui viene accantonato il principio secondo cui la riscossione avviene dopo che la sentenza è passata in giudicato.

Viene introdotto il concetto di “lite temeraria”, correlato alla regola di risarcimento. In altre parole, viene messo un deterrente all’avvio di procedure contenziose capziose da parte del contribuente (quando le sue ragioni sono inesistenti o immotivate), ovvero di resistenza in giudizio da parte dell’ufficio impositore (quando non provvede ad annullare l’atto impositivo già in autotutela, essendo evidentemente valide le eccezioni addotte dal ricorrente). In tale eventualità, la commissione tributaria liquida non solo le spese del giudizio ma anche l’indennità risarcitoria.

La compensazione delle spese di giudizio, in misura totale o parziale, può essere decisa nel caso di soccombenza reciproca o qualora sussistano gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate.

 

L’oggetto delle spese di lite

a)   contributo unificato;

b)   onorari e diritti del difensore e spese generali;

c)    esborsi sostenuti;

d)   contributo previdenziale e IVA, se dovuti;

e)   risarcimento, su istanza di parte, dei danni liquidati, anche d’ufficio, nella sentenza se la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con malafede o colpa grave.

Avvertenze:

  1. Con l’ordinanza che decide sulle istanze cautelari la commissione provvede sulle spese della relativa fase. La pronuncia conserva efficacia anche dopo il provvedimento che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza di merito.
  2. Nel caso di reclamo–mediazione le spese di giudizio sono maggiorate del 50%.
  3. Se una parte senza giustificato motivo rifiuta la proposta conciliativa, le spese del processo restano a suo carico se l’importo delle pretese è inferiore al contenuto della proposta ricevuta. Se è intervenuta la conciliazione, le spese sono compensate salvo diversa misura fissata nell’accordo.

 

I compensi vengono liquidati a favore:

a)   dei professionisti, sulla base dei parametri previsti per le singole categorie professionali;

b)   degli iscritti negli elenchi tenuti dal Ministero dell’economia e delle finanze di cui all’art. 12, comma 4, applicando i parametri previsti per i dottori commercialisti e gli esperti contabili;

c)    dell’ente impositore, dell’agente della riscossione e del soggetto iscritto all’albo di cui all’art. 53 del d.lgs. 15.12.1997, n. 446, se assistiti da propri funzionari, la liquidazione del compenso spettante agli avvocati con la riduzione del 20%; la riscossione avviene mediante iscrizione a ruolo a titolo definitivo dopo che la sentenza è passata in giudicato.

 

  1. Le comunicazioni (art. 16)

La segreteria può effettuare le comunicazioni non più solo “all’Ufficio del Ministero delle finanze e all’ente locale” mediante la trasmissione di un elenco in duplice esemplare, di cui uno immediatamente datato e sottoscritto per ricevuta le è restituito, ma la procedura si allarga “agli enti impositori, agli agenti della riscossione e ai soggetti iscritti all’albo di cui all’art. 53 del d. lgs. 15.12.1997, n. 446”.

Il comma 1-bis è stato abrogato essendo trasfuso nel nuovo art. 16-bis.

Questi soggetti provvedono alle notificazioni anche a mezzo del messo comunale o di messo autorizzato dall’amministrazione finanziaria.

 

  1. Il processo telematico (art. 16-bis)

Le procedure telematiche vengono allargate anche alla difesa personale, che attualmente ne è esentata. Più in particolare tutte le comunicazioni che verranno fatte dalle segreterie delle commissioni tributarie dovranno essere eseguite mediante procedure telematiche. Di conseguenza, non solo il professionista dovrà indicare nel ricorso introduttivo (ovvero nel primo atto difensivo) il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, come avviene attualmente, ma anche il contribuente dovrà indicare il proprio indirizzo di posta elettronica certificata nel ricorso introduttivo (ovvero nel primo atto difensivo) presentato senza l’assistenza tecnica del professionista abilitato. Il contribuente che si difende personalmente può indicare l’indirizzo di posta elettronica al quale vuole ricevere le comunicazioni.

Se il contribuente non rispetta tale obbligo, l’importo del contributo unificato non subisce un aumento. Inoltre, tutte le comunicazioni non vengono eseguite mediante il servizio postale ma si danno per eseguite mediante il deposito in segreteria, con conseguente penalizzazione procedurale connessa al reperimento dell’avvenuto deposito delle controdeduzioni e delle eventuali memorie dell’ufficio impositore e di acquisizione della data di fissazione dell’udienza di trattazione della controversia. La stessa regola si applica se il messaggio di posta elettronica certificata non è consegnato per causa imputabile al destinatario.

Viene prevista la possibilità, ma solo subordinatamente all’emanazione delle apposite norme di attuazione, di procedere alla notificazione degli atti tra le parti e al deposito presso la segreteria della commissione degli atti processuali in via telematica.

L’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica equivale alla comunicazione di domicilio eletto.

 

  1. Il reclamo e la mediazione (art. 17-bis)

L’istituto del reclamo-mediazione di cui all’art. 17-bis del d.lgs. 31.12.1992, n. 546, attualmente è limitato ai soli atti emessi dall’Agenzia delle entrate purché di valore non superiore a 20.000 euro (importo riferito alle sole imposte, ovvero alle sole sanzioni se queste costituiscono l’unico addebito). La disciplina viene estesa a tutti gli atti impositivi (ad esempio, gli atti emessi dall’agente della riscossione, dall’Agenzia delle dogane, dagli enti locali, ecc.), sempre nel rispetto del limite di valore di 20.000 euro, comprese le istanze di rimborso. Non sono reclamabili le controversie di valore indeterminato, salvo quelle indicate all’art. 2, comma 2, primo periodo (classamento di immobili, ecc.), né gli atti di recupero di aiuti di stato.

A differenza dell’attuale disciplina, non è più preclusa la possibilità di addivenire alla conciliazione giudiziale.

Il ricorso non è procedibile fino alla scadenza del termine di 90 giorni della notifica, entro il quale la procedura deve essere conclusa. Opera la sospensione feriale dei termini.

La procedura, se si conclude con l’accordo tra le parti, permette di beneficiare della riduzione della sanzione alla misura del 35% della somma edittale, anziché del 40%.

La procedibilità del ricorso viene identificata nel momento in cui sono trascorsi 90 giorni dalla data di presentazione del reclamo-mediazione, periodo di tempo entro il quale la procedura può dispiegarsi. Soltanto se il termine di 90 giorni è decorso infruttuosamente, il contribuente può costituirsi in giudizio depositando il proprio fascicolo nella segreteria della commissione tributaria.

Non è più necessario che il contribuente, nel ricorso introduttivo, formuli il reclamo-mediazione in quanto, come è logico, già il ricorso costituisce il reclamo senza che sia necessario, anche se è possibile, avanzare una proposta di mediazione.

L’oggetto della procedura è esteso anche agli atti di classamento dei beni immobili e di attribuzione di rendita catastale. Continuano ad essere esclusi gli atti per i quali manca il valore (ad esempio, rifiuto di iscrizione dell’ONLUS nell’apposito registro ovvero della sua cancellazione, ecc.) e per il recupero degli aiuti di Stato.

La procedura si perfeziona con il pagamento, entro il termine di 20 giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo avente ad oggetto un atto impositivo o di riscossione, delle somme dovute ovvero della prima rata, i cui importi, termini e modalità di versamento sono determinati nell’accordo che costituisce il titolo per il pagamento.

La stessa regola si applica anche se l’accordo è a favore del contribuente nel caso di restituzione di somme. Qualora la controparte non dia esecuzione al pagamento, il contribuente può agire avanti alla magistratura ordinaria al fine di ottenere un decreto ingiuntivo, in quanto con tale atto l’ente impositore o l’agente della riscossione ha riconosciuto il diritto ad erogare il rimborso.

Nel caso di mancato pagamento delle somme dovute entro il termine previso di 20 giorni dalla sottoscrizione dell’atto, ovvero anche di una sola delle rate successive alla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, l’ente impositore provvede all’iscrizione a ruolo delle somme residue dovute e della sanzione del 60% sul residuo importo.

Le sanzioni sono computate nella misura del 35% del minimo. Sulle somme dovute a titolo di contributi previdenziali e assistenziali non si applicano gli interessi e le sanzioni; tuttavia, l’art. 7, comma 2, lettera t), del d.l. prevede che la riscossione sia effettuata dall’INPS mediante l’avviso di addebito.

Nel caso di costituzione in giudizio e di soccombenza, le spese di giudizio non sono maggiorate del 50 %.

La riscossione e il pagamento delle somme dovute in base all’atto oggetto di reclamo sono sospesi fino alla scadenza del termine di perfezionamento della procedura. Nel caso di mancato perfezionamento della mediazione sono dovuti gli interessi.

L’art. 17-bis si applica, per quanto compatibile anche nei confronti dell’agente della riscossione relativamente ai vizi propri delle cartelle di pagamento o di impugnazione del fermo di beni registrati o di iscrizione di ipoteca.

 

  1. Il ricorso (art. 18)

Sono introdotte modifiche formali quali l’obbligo di indicare nel ricorso introduttivo l’ufficio nei cui confronti è proposto il ricorso, sopprimendo “l’ufficio del Ministero delle finanze e, dell’ente locale o del concessionario del servizio di riscossione”.

Il difensore, oltre a sottoscrivere il ricorso deve indicare:

a)        la categoria professionale di appartenenza, anche al fine di consentire al giudice di liquidare le spese di lite in conformità alla normativa (art. 9 del d.l. 24.1.2012, n. 1, e d.m. 20.7.2012, n. 140);

b)        il proprio indirizzo di posta elettronica certificata.

 

  1. La costituzione in giudizio della parte resistente (art. 23)

La modifica è limitata all’ente impositore e agli agenti della riscossione.

 

  1. La sospensione del processo
  2. La sospensione pregiudiziale

Viene innovata la disciplina della sospensione giudiziale introducendo il principio secondo cui, se l’oggetto della causa sottoposta all’attenzione dell’organo giudicante dipende dalla decisione su altra controversia, la Commissione tributaria, analogamente a quanto è previsto dall’art. 295 c.p.c., sospende la trattazione in attesa dell’altra sentenza.

  1. La sospensione giudiziale

La sospensione giudiziale viene ammessa non solo nei giudizi avanti la Commissione tributaria provinciale ma viene estesa anche a quelli avanti la Commissione tributaria regionale e avanti la Corte di Cassazione.

Su richiesta conforme delle parti, il processo tributario è sospeso se è iniziata una procedura amichevole ai sensi delle Convenzioni internazionali per evitare le doppie imposizioni stipulate dall’Italia oppure se è iniziata una procedura amichevole avente ad oggetto l’eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate n. 90/463/CEE del 23.7.1990.

 

  1. L’estinzione del processo per rinuncia al ricorso (art. 44)

Nel caso di rinuncia al ricorso, il ricorrente deve rimborsare le spese alle altre parti, salvo che sia stato definito un accordo tra di loro su tale problema. La liquidazione è fatta dal presidente della sezione o della commissione con ordinanza non impugnabile.

E’ stato soppresso l’inciso “che costituisce titolo esecutivo” poiché nel processo tributario l’unico strumento utilizzabile, anche per le spese a favore del ricorrente, è il giudizio di ottemperanza.

Se le spese sono liquidate a favore dell’ente impositore o dei soggetti equiparati la riscossione avviene a mezzo dell’iscrizione a ruolo.

 

  1. L’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere (art. 46)

L’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere è dichiarata con decreto del presidente o con sentenza della commissione. Il provvedimento presidenziale è reclamabile.

Le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate, modifica conseguente alla sentenza 12.7.2005, n. 274, della Corte costituzionale che aveva dichiarato l’illegittimità del comma 3 nella parte in cui prevedeva che le spese di giudizio restavano a carico non solo per la cessata materia del contendere ma in ogni caso.

 

  1. La sospensione dell’atto impugnato (art. 47)

Nel caso di eccezionale urgenza il presidente, con decreto motivato, può disporre la provvisoria esecuzione dell’atto impugnato fino alla pronuncia del collegio.

La sospensione può essere anche parziale e subordinata alla prestazione della garanzia prevista dall’art. 69, comma 2.

Il dispositivo dell’ordinanza va comunicato immediatamente alle parti in udienza.

Nel periodo di sospensione cautelare gli interessi per ritardato pagamento si applicano al tasso, previsto, dall’art. 6 del D.M. 21.5.2009.

 

  1. La conciliazione giudiziale

L’attuale art. 48 viene scorporato negli artt. 48, 48-bis e 48-ter.

Viene allargato l’istituto della conciliazione giudiziale, prevedendo che esso possa concretizzarsi sia in udienza sia fuori udienza non solo avanti la Commissione tributaria provinciale ma anche avanti quella regionale. La procedura è preclusa soltanto nel giudizio avanti la Corte di cassazione.

L’istituto non si perfeziona più con il pagamento dell’importo totale determinato in base all’accordo, ovvero della prima rata, ma con la sottoscrizione dell’accordo tra il contribuente e l’ufficio impositore se la conciliazione avviene fuori dall’udienza o con la redazione del relativo verbale se la conciliazione avviene in udienza.

Viene modificata la misura della riduzione delle sanzioni prevedendo che queste siano ridotte al 40% del minimo edittale se il perfezionamento avviene nel primo grado di giudizio e al 50% se nel secondo grado.

a)        La conciliazione fuori udienza (art. 48)

Se le parti raggiungono un accordo conciliativo, viene presentata un’istanza congiunta sottoscritta dalle stesse o dai difensori per la definizione totale o parziale della controversia.

Se sussistono le condizioni di ammissibilità e la data di trattazione:

  1. è fissata, la commissione, con sentenza dichiara la cessazione della materia del contendere; se l’accordo è parziale, con ordinanza è dichiarata la cessazione parziale e la prosecuzione della controversia per la parte non definita;
    1. non è fissata, il presidente della sezione provvede con decreto.

La conciliazione si perfezione con l’accordo tra le parti che costituisce il titolo per la riscossione delle somme dovute (per le quali l’atto indica gli importi, i termini e le modalità di pagamento). A differenza dell’attuale disciplina che focalizza l’attenzione sul pagamento, la norma privilegia l’accordo per cui l’inosservanza dell’impegno comporta l’iscrizione a ruolo di quanto dovuto. Nel caso di mancato rimborso al contribuente, il titolo esecutivo, da far valere avanti il giudice ordinario, è costituito dall’accordo.

b)        La conciliazione in udienza (art. 48-bis)

Entro il termine di dieci giorni liberi prima dell’udienza (art. 32, comma 2) ciascuna delle parti può presentare l’istanza di conciliazione totale o parziale della controversia.

Se la commissione ne verifica l’ammissibilità (compresa l’esistenza del potere di conciliare), invita le parti alla conciliazione, eventualmente rinviando la causa all’udienza successiva per il perfezionamento dell’accordo (o, in mancanza, per la discussione sul merito della controversia).

La conciliazione deve risultare dal processo verbale, ove sono indicate le somme dovute con i termini e le modalità di pagamento. Tale atto costituisce il titolo per la riscossione a favore dell’ente impositore e per la restituzione delle somme al contribuente (da far valere avanti il giudice ordinario nel caso di inosservanza).

c)         Il pagamento delle somme dovute (art. 48-ter)

L’avvenuta conciliazione, sia in udienza sia fuori udienza, comporta l’applicazione delle sanzioni nella misura del 40% se il perfezionamento avviene nel primo grado del giudizio e del 50% se in quello successivo.

Il versamento di quanto dovuto, ovvero nel caso di pagamento frazionato della prima rata, va eseguito entro 20 giorni dalla data di sottoscrizione dell’accordo di conciliazione o di redazione del processo verbale.

L’inosservanza del suddetto termine, ovvero anche di una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento di quella seguente, fa sì che venga disposta l’iscrizione a ruolo delle somme residue e della sanzione di cui all’art. 13 del d. lgs. 18.12.1997, n. 471, applicata in misura doppia (cioè nella misura del 60% in luogo di quella del 30%) sul residuo importo dovuto.

Per il versamento si applicano le norme, anche sanzionatorie, previste in materia di accertamento con adesione dall’art. 8 del d.lgs. 19.6.1997, n. 218.

 

  1. Le disposizioni generali applicabili (art. 49)

E’ soppresso l’inciso “escluso l’art. 337” poiché l’esecutività delle sentenze non è più incompatibile con tale disposizione. La Corte di cassazione ha affermato l’applicabilità del secondo comma dell’art. 337 c.p.c. anche nel processo tributario.

 

  1. Il giudice competente e i provvedimenti sull’esecuzione provvisoria in appello (art. 52)

All’art. 52, comma 1 (cioè “la sentenza della commissione provinciale può essere appellata alla commissione regionale competente a norma dell’art. 4, comma 2”) vengono aggiunti ulteriori sei commi che disciplinano i poteri cautelari delle parti dopo la sentenza di primo grado.

Qualora sussistano “gravi e fondati motivi” l’appellante può chiedere alla commissione regionale di sospendere in tutto o in parte l’esecutività della sentenza impugnata. Il contribuente può avanzare la richiesta se dall’esecuzione della sentenza può derivargli un danno grave e irreparabile, cioè in presenza dei presupposti richiesti in primo grado dall’art. 47.

Il presidente, con decreto, fissa la trattazione dell’istanza per la prima camera di consiglio utile disponendo che ne sia data comunicazione alle parti almeno dieci giorni liberi prima. Nel caso di eccezionale urgenza, previa deliberazione nel merito, il presidente, con decreto motivato, può disporre la sospensione dell’esecutività della sentenza fino alla pronuncia della commissione.

Sentite le parti in camera di consiglio e deliberato in merito, il collegio emette l’ordinanza motivata, che non è impugnabile.

La sospensione può essere concessa subordinatamente alla prestazione della garanzia prevista dall’art. 69, comma 2, fermo restando che durante il periodo di sospensione si applicano gli interessi al tasso previsto dall’art. 6 del d.m. 21.5.2009.

La sospensione dell’esecutività della sentenza favorevole al contribuente consente la riscossione delle somme esigibili in pendenza del giudizio di primo grado. In altri termini, il contribuente ottiene la sospensione degli effetti dell’atto impugnato pur se la decisione in primo grado era sfavorevole; d’altra parte, l’ente impositore può ottenere il rispristino dell’esecutività dell’atto (totale o parziale a seconda del frazionamento legale del pagamento).

Nel caso di sospensione, l’ente impositore, ai sensi dell’art. 68, comma 2, non è tenuto a restituire le somme riscosse in via provvisoria.

 

  1. Le norme applicabili per il ricorso per cassazione (art. 62)

E’ aggiunta la norma secondo cui sull’accordo delle parti la sentenza della commissione tributaria provinciale può essere impugnata con ricorso per cassazione a norma dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. Tale norma, consentendo di “saltare” il giudizio di secondo grado, permette l’intervento della Corte di cassazione sulle questioni giuridiche emerse in primo grado.

 

  1. I provvedimenti sull’esecuzione provvisoria della sentenza impugnata per cassazione (art. 62-bis)

La parte che ha proposto ricorso per cassazione può chiedere alla commissione che ha pronunciato la sentenza di sospenderne, in tutto o in parte, l’esecutività al fine di evitare un danno grave e irreparabile, analogamente a quanto è previsto dall’art. 373 c.p.c..

Con decreto, il presidente fissa la trattazione dell’istanza di sospensione per la prima camera di consiglio utile disponendo che alle parti ne sia data comunicazione almeno dieci giorni prima. Nel caso di urgenza, può disporre la sospensione con decreto motivato, fino alla pronuncia del collegio il quale, sentite le parti in Camera di consiglio, provvede con ordinanza motivata non impugnabile.

La sospensione può essere con ordinanza motivata non impugnabile.

La sospensione può essere subordinata alla prestazione della garanzia prevista dall’art. 69, comma 2. Durante il periodo di sospensione maturano gli interessi al tasso di cui all’art. 6 del d.m. 21.5.2009.

La commissione non può pronunciarsi se la parte istante non dimostra di aver eseguito il deposito del ricorso per cassazione contro la sentenza.

Se la commissione accoglie l’istanza, è consentita la riscossione delle somme esigibili nella pendenza del giudizio di primo grado. Nel caso di annullamento con rinvio della sentenza di appello da parte della Corte di Cassazione, si estingue l’intero giudizio se il processo non è riassunto.

 

  1. Il giudizio di rinvio (art. 63)

Se la Corte di cassazione rinvia la causa alla commissione, il termine perentorio per la riassunzione è ridotto da un anno a sei mesi, termine uniformato a quello previsto dall’art. 43 nel caso di riassunzione del giudizio interrotto o sospeso.

 

  1. Le sentenze revocabili e i motivi di revocazione (art. 64)

Il comma 1 è stato riscritto per eliminare dubbi interpretativi per cui la norma recita: “le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado dalle commissioni tributarie possono essere impugnate ai sensi dell’art. 395 del codice di procedura civile”.

 

  1. La proposizione dell’impugnazione (art. 65)

E’ inserito il comma 3-ter secondo cui le parti possono proporre istanze cautelari ai sensi dell’art. 52, in quanto compatibili.

Al ricorso per revocazione è estesa la tutela cautelare prevista per la sentenza di primo grado dall’art. 52 in quanto, a differenza del ricorso per cassazione, la revocazione è decisa nel merito.

 

  1. L’esecuzione provvisoria (art. 67-bis)

L’art. 67-bis prevede espressamente che “le sentenze emesse dalle commissioni tributarie sono esecutive secondo quanto previsto dal presente capo”, cioè degli artt. da 67-bis a 70.

Riconosciuta l’esecutività immediata delle sentenze, la procedura ha per oggetto l’impugnazione di un atto impositivo ovvero il diniego espresso o tacito alla restituzione di tributi.

 

  1. Il pagamento in pendenza del processo (art. 68)

Non è modificata la disciplina della riscossione frazionata qualora il contribuente sia soccombente in primo grado e in secondo grado.

Tuttavia, in pendenza di annullamento con rinvio della causa operato dalla Corte di cassazione, il tributo deve essere pagato per l’ammontare dovuto in pendenza del giudizio di primo grado. Ma, verificandosi la mancata riassunzione il tributo deve essere pagato nella misura che è indicata nell’atto impositivo oggetto del giudizio (nuova lettera c-bis).

 

La riscossione in pendenza di giudizio

–       ricorso contro l’atto impositivo

–       sentenza di primo grado che:

a)      respinge il ricorso

b)      accoglie il ricorso

 

 

–       sentenza di secondo grado

sentenza della Corte di cassazione:

a)      di annullamento con rinvio

 

b)      mancata riassunzione

 

–       imposte suppletive

secondo le singole leggi d’imposta

 

per 2/3 dell’importo accertato

ammontare che risulta dalla sentenza e, comunque, non oltre i 2/3 se il ricorso è parzialmente accolto (a)

per il residuo ammontare (a)

 

ammontare dovuto in pendenza del primo grado di giudizio

intero importo indicato nell’atto

 

dopo l’ultima sentenza non impugnata o impugnabile solo con ricorso in cassazione

(a)    Gli importi da versare vanno diminuiti di quanto è già stato corrisposto.

 

Se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza a quanto è statuito nella sentenza, con i relativi interessi, deve essere rimborsato d’ufficio entro 90 giorni dalla notificazione della sentenza. Se il rimborso non è eseguito, l’interessato può richiedere l’ottemperanza ai sensi dell’art. 70 alla commissione tributaria provinciale, ovvero alla commissione tributaria regionale se il giudizio è pendente nei successivi gradi di giudizio.

 

  1. L’esecuzione delle sentenze di condanna in favore del contribuente (art. 69)

L’art. 69 è stato completamente riscritto disponendo l’immediata esecutività della sentenza che condanna al pagamento di somme a favore del contribuente. Tuttavia, il pagamento di somme dell’importo superiore a 10.000 euro, diverse dalle spese di lite, può essere subordinato dal giudice alla prestazione di un’idonea garanzia, anche tenuto conto delle condizioni di solvibilità in relazione alla consistenza del suo patrimonio.

La relazione illustrativa precisa che l’indicazione dell’importo di 10.000 “esclude che tale limite possa operare come una franchigia per le evidenti complicazioni che un tale sistema provocherebbe”.

Con apposito d.m. sono disciplinati il contenuto della garanzia sulla base del contenuto dell’art. 38-bis, quinto comma, del d.p.r. 26.10.1972, n. 633, la sua durata nonché il termine di esecuzione a seguito dell’inerzia del contribuente protrattasi per un periodo di tre mesi.

I costi della garanzia, che sono stati anticipati dal contribuente, sono a carico della parte soccombente all’esito definitivo del giudizio.

L’ente impositore (e i soggetti assimilati) devono eseguire il pagamento delle somme dovute a seguito della sentenza entro 90 giorni dalla sua notificazione ovvero dalla presentazione della garanzia suddetta. Nel caso di mancata esecuzione, il contribuente può richiedere l’ottemperanza di cui all’art. 70 alla commissione Tributaria provinciale, ovvero a quella regionale se il giudizio è pendente nei gradi successivi.

 

L’esecuzione a favore del contribuente

Presupposto

 

Vincoli:

  • nessuno
  • garanzia

 

 

 

Termine

 

 

Mancata esecuzione

sentenza di condanna, che è immediatamente esecutiva.

 

regola generale

se le somme dovute (escluse le spese di lite) superano € 10.000 il giudice può subordinare la prestazione di una garanzia.

 

entro 90 giorni dalla notifica della sentenza o dalla presentazione della garanzia.

 

il contribuente può richiedere l’ottemperanza (a)

(a)    Al termine di 90 giorni vanno aggiunti 30 giorni necessari per l’ottemperanza per cui il termine complessivo è di 120 giorni, previsto in via generale dall’art. 14, comma 1, del d.l. 31.12.1996, n. 669, per cui prima di tale termine il creditore non può procedere all’esecuzione forzata né alla notifica dell’atto di precetto.

 

La norma non precisa anche il ruolo della sentenza passata in giudicato per decorrenza del termine di impugnazione, fattispecie sostanzialmente attratta nella norma.

 

  1. Il giudizio di ottemperanza (art. 70)

Viene soppresso l’inciso “salvo quanto previsto dalle norme del c.p.c. per l’esecuzione forzata della sentenza di condanna costituente titolo esecutivo” poiché il giudizio di ottemperanza è l’unico rimedio previsto in maniera esclusiva in presenza di inerzia agli obblighi derivanti dalla sentenza passata in giudicato.

Il giudizio di ottemperanza può essere richiesto anche nei confronti dell’agente della riscossione e dei soggetti indicati all’art. 53 del d.lgs. 15.12.1997, n. 446, oltre che nei confronti dell’ente impositore.

Il collegio può delegare un proprio componente o nominare un commissario il cui compenso è determinato ai sensi del Titolo VII del Capo IV del d.p.r. 30.5.2002, n. 115.

Il ricorso è deciso dalla commissione in composizione monocratica per il pagamento di somme dell’importo fino a 10.000 euro e comunque per le spese di giudizio.

 

  1. La rappresentanza in giudizio dei contribuenti

Viene ampliata la platea dei soggetti autorizzati all’assistenza tecnica sostituendo i commi terzo, quarto e quinto dell’art. 63 del d.p.r. 29.9.1973, n. 600.

Il Ministero dell’economia e delle finanze può autorizzare all’esercizio dell’assistenza tecnica:

a)        gli impiegati delle carriere dirigenziale, direttiva e di concetto dagli enti impositori (ad esempio, regioni, comuni e province; ma la formula si amplia anche alle CCIAA, ai consorzi di bonifica, ecc.) e del Ministero dell’economia e delle finanze (comprese l’Agenzia delle entrate e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli);

b)        ufficiali e ispettore della guardia di finanzia.

L’autorizzazione è subordinata al possesso dei seguenti requisiti:

–            cessazione dell’impiego a qualsiasi titolo, cioè sia dimissioni sia pensionamento;

–            effettivo servizio per almeno vent’anni di cui gli ultimi dieci nell’esercizio di “attività connesse ai tributi” (ad esempio, verifiche fisali, attività di accertamento e riscossione di tributi).

L’esercizio dell’attività, anche se l’interessato è iscritto ad un albo professionale, è vietato avanti gli enti impositori e nel processo tributario per il periodo di due anni dalla cessazione del rapporto, pena l’irrogazione della sanzione da 1.000 a 5.000 euro.

Sergio Mogorovich

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