La verifica dei rapporti reciproci di debito e credito fra gli enti controllanti e le società partecipate

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I rapporti finanziari fra l’ente locale (province e comuni) e gli organismi partecipati debbono presentare una precisa corrispondenza fra  posizioni debitorie e creditorie  nel senso che l’ammontare del credito vantato (o del debito dovuto) dalla partecipata nei confronti dell’ente locale controllante deve corrispondere alla posta debitoria (o creditoria) iscritta nel bilancio dell’ente locale.

Il rispetto di questo lapalissiano principio risponde ad una prassi di buona amministrazione ed al principio di veridicità dei bilanci dell’ente locale e della partecipata.

Nella realtà, la corretta rappresentazione dei rapporti finanziari fra ente locale e organismi partecipati non è sempre fedelmente rispettata.

La mancata corrispondenza fra le due contabilità  è dovuta, nella maggior parte dei casi, alla rilevazione di crediti vantati dalle  partecipate nella propria contabilità, ai quali non corrispondono equivalenti stanziamenti di bilancio dell’ente locale.

La discrasia contabile, con l’andar del tempo,  rischia di determinare la formazione di debiti fuori bilancio e di potenziali rischi sugli equilibri finanziari dell’ente locale.

In questo contesto è intervenuto il decreto legge n° 95 del 6 luglio 2012 (convertito nella legge n° 135 del 7 agosto 2012).

Secondo l’articolo 6 comma quarto di questo decreto legge, i comuni e le province, con decorrenza dall’esercizio finanziario 2012, sono tenuti ad allegare al rendiconto della gestione, una nota informativa contenente la verifica dei rapporti reciproci di debito e credito intercorrenti con le proprie società partecipate.

La nota informativa, asseverata dai rispettivi collegi dei revisori, deve  porre in evidenza  le discordanze fra le due contabilità  e  deve fornirne un’adeguata motivazione.

Nel caso di discordanze, senza indugio e comunque non oltre il termine dell’esercizio finanziario in corso, devono essere adottati tutti i provvedimenti necessari ai fini della riconciliazione delle poste debitorie e creditorie.

Si tratta di una verifica che nel settore privato non rappresenta una novità in quanto, nel sistema della revisione aziendale, con metodologia a campione, è effettuata oramai da tempo sui diversi valori di bilancio.

Questa metodologia di revisione aziendale è identificata con il termine “circolarizzazione” o “conferma esterna”.

La circolarizzazione altro non è che un processo, con valenza esterna, di acquisizione e di valutazione di elementi probativi afferenti a particolari operazioni, voci o dati che incidono su asserzioni formulate nell’ambito del processo di formazione del bilancio d’esercizio.

La procedura è, quindi, finalizzata alla valutazione della comunicazione fornita dai terzi a seguito di formale richiesta da parte dell’organo di revisione.

Con la circolarizzazione, l’obiettivo principale è quello di ottenere direttamente dai terzi le informazioni richieste, al fine di assicurarsi della regolarità e della veridicità dei conti societari.

Il processo di  circolarizzazione è espressamente previsto e disciplinato dai principi di revisione internazionali e dai principi di revisione nazionali, emanati dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili.

Nel loro operare gli organi di revisione devono, necessariamente, tenere conto di tali principi.

Come spesso accade nel mondo del diritto, la norma in questione si presta a diverse interpretazioni.

Da tali diverse interpretazioni nascono dubbi e perplessità applicative.

Un primo punto di incertezza riguarda i soggetti che debbono asseverare la nota informativa.

Nel dubbio i diversi attori si sono mossi in ordine sparso: vi sono state  società partecipate che non hanno asseverato, altre che hanno asseverato per il tramite del  proprio rappresentante legale o del  proprio collegio sindacale, altre ancora attraverso la  società di revisione.

Al fine di dirimere qualsiasi dubbio la Corte dei Conti, Sezione della Lombardia, con deliberazione n° 156/2014/PAR, ha risposto ad un quesito posto da un Comune sulle corrette modalità per addivenire alla procedura di asseverazione della nota informativa.

Preliminarmente, la Corte procede ad individuare la ratio della norma, la quale deve essere inserita nel contesto più ampio del controllo degli organismi partecipati.

In questo quadro la disposizione ex art. 6, comma 4 del decreto legge 95/12  ha come obiettivo di porre un freno al disallineamento delle poste debitorie e creditorie  nei bilanci degli organismi partecipati e dell’ente pubblico controllante.

Con questa disposizione, secondo la Sezione lombarda della Corte dei Conti, si vuole raggiungere la certezza dei rapporti finanziari tra l’ente pubblico e la partecipata in modo tale da evitare il crearsi di situazioni debitorie nascoste che possano incidere sugli equilibri finanziari dell’ente controllante.

La norma attribuisce un ruolo di centralità  al Collegio dei revisori dell’ente locale, piuttosto che a quello della società.

Infatti, l’organo di revisione economico finanziaria ex articolo 234 del T.U.E.L.  è chiamato a garantire il perseguimento dell’obiettivo di arginare il disallineamento delle poste debitorie e creditorie poiché è l’ente pubblico, in quanto socio, titolare dei poteri di stimolo per l’adozione dei necessari processi volti alla correzione delle discordanze rilevate.

L’effettivo conseguimento di positivi risultati, in termini di trasparenza e veridicità delle spese degli enti locali,  presuppone, però, che l’asseverazione posta in essere dall’organo di revisione degli enti partecipanti debba fondarsi su dati societari ugualmente certi e asseverati.

Come conseguenza di tale interpretazione possono scaturire due situazioni:

  1. nel caso in cui, nel bilancio certificato dall’organo di revisione della società partecipata, sia possibile individuare, in modo analitico, i singoli rapporti di credito e di debito nei confronti degli enti partecipanti, tali dati possono essere presi direttamente in considerazione dal Collegio dei revisori dell’ente partecipante, che può procedere all’asseverazione della nota, senza necessità di ottenere un’ulteriore asseverazione dei dati già certificati dall’organo di revisione della società partecipata.
  2. Nel caso in cui, invece,  il bilancio societario non contenga un’analitica esposizione delle singole poste di credito o di debito nei confronti degli enti partecipanti, è necessario che anche l’organo di revisione della società partecipata asseveri la nota prevista dall’articolo 6, comma 4, del decreto legge n° 95/2012.

Nel primo caso l’asseverazione è da considerarsi come un inutile appesantimento, in quanto si   tratta di dati già certificati dall’organo di revisione dell’organismo partecipato.

Nel caso in cui, non esistesse una analitica esposizione delle poste  creditorie e debitorie, la ratio stessa della disposizione non può che imporre l’asseverazione anche da parte di dell’organo di revisione dell’organismo partecipato.

La mancanza di asseverazione, derivante da un’interpretazione del dato letterale della disposizione di legge nel senso di imporre l’asseverazione soltanto dall’organo di revisione dell’ente partecipante, frustrerebbe le finalità di trasparenza e veridicità, che sono alla base dell’introduzione della disposizione in esame.

La corte individua, di conseguenza, anche la procedura cui deve attenersi l’ente controllante, che consiste nel seguire i seguenti passaggi:

  1. evidenziare nel proprio conto del bilancio, nella parte  residui, tutte le voci aventi ad oggetto i debiti e i crediti nei confronti delle società partecipate,
  2. sottoporre i dati così raccolti al  proprio Collegio dei revisori.

Nel caso l’ente partecipante e il suo Collegio di revisione non rilevino, nel bilancio certificato dell’organismo partecipato, la chiara esposizione delle singole poste di credito e di debito, l’amministrazione partecipante deve curare le seguenti incombenze:

–                   asseverazione da parte del proprio collegio dei revisori dei conti dei dati ottenuti dalla propria contabilità finanziaria;

–                   inviare i dati asseverati alle società partecipate oggetto dall’attività di conciliazione, per il confronto con le risultanze delle contabilità societarie;

–                   asseverazione dei dati da parte dell’organo di revisione della società partecipata e successiva trasmissione della nota informativa all’ente controllante, nella quale venga fornito analitico riscontro dell’eventuale concordanza o discordanza con le risultanze presenti nel bilancio dell’ente;

–                   nel caso di mancata concordanza, l’ente partecipante è tenuto a compiere una precipua analisi volta ad identificare le cause determinanti la divergenza dei risultati, adottando senza indugio, e comunque non oltre il termine dell’esercizio finanziario in corso, i provvedimenti necessari ai fini della riconciliazione delle partite debitorie e creditorie.

Ciò non toglie che, andando oltre il contenuto precettivo della norma in oggetto, l’ente, con propria valutazione discrezionale e nell’esercizio delle prerogative connesse alla propria qualità di socio, nel porre in essere il doveroso costante monitoraggio sull’andamento della società partecipata, possa ricondurre l’asseverazione ad opera dell’organo di revisione delle società, tra gli strumenti attraverso cui esercitare i compiti di vigilanza e controllo che sono ad esso attribuiti.

 

Un secondo punto di incertezza concerne la tempistica di approvazione dei bilanci consuntivi dell’ente controllante e delle società partecipate.

Il rendiconto del bilancio dell’ente controllante, ai sensi dell’articolo 227 comma secondo del decreto legislativo 267/2000, deve essere approvato entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento (1).

Il bilancio degli organismi partecipati, per la maggior parte costituiti da società di capitale, ai sensi dell’articolo 2364 del codice civile, deve essere approvato entro 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio, o in presenza di particolari situazioni entro i 180 giorni.

Dato che, di norma, l’esercizio sociale coincide con l’anno solare, il termine di approvazione del bilancio societario scade il 30 aprile o, in presenza di particolari situazioni, il 29 di giugno.

Questa tempistica pone particolari problemi allorquando, in sede di approvazione del rendiconto del bilancio dell’ente controllante, la società partecipata non ha ancora approvato il proprio bilancio.

In questo caso l’asseverazione della nota contenente il ricongiungimento delle reciproche posizioni di credito o di debito dovrebbe essere fatta sulla base di documenti provvisori (il progetto di bilancio), dando atto della sussistenza di tale situazione.

 

Un terzo aspetto riguarda l’ambito oggettivo di applicazione della norma.

Dando per scontato che essa si riferisce a tutte le tipologie di organismi partecipati in maniera diretta, attraverso  possesso di tutti i titoli rappresentativi del capitale sociale (azioni o quote sociali) o della maggioranza,  in condominio con altri enti pubblici, bisogna capire se la norma si riferisce anche alle partecipazioni indirette.

Partecipazioni che, cioè, s’inseriscono “nell’universo pubblico” indirettamente attraverso le proprie partecipate, anche per il tramite della struttura dell’holding societaria.

Normalmente si ritiene che il legislatore quando non effettua alcun riferimento specifico si riferisca alle sole società direttamente partecipate.

Di diversa opinione è la Corte dei Conti della Regione Lombardia la quale, in un parere del 2013, il numero 479, ritiene che la norma: si pone l’obiettivo di arginare il disallineamento delle poste debitorie e creditorie che spesso si riscontra nei bilanci della partecipata e dell’ente pubblico socio. L’obiettivo, pertanto, è quello di offrire dati certi circa i rapporti finanziari tra l’ente pubblico e la partecipata; e di stimolare, se necessario, processi di correzione di eventuali discordanze.

Se questa è la ratio dell’intervento normativo, è allora evidente che la latitudine oggettiva della norma non può essere limitata alle sole partecipazioni di primo grado, con esclusione di tutte le partecipazioni indirette. Né, in tal modo, si avrebbe un eccessivo ampliamento del novero di società coinvolte: il focus della norma è sull’attendibilità della situazione finanziaria del comune nei confronti dell’organismo partecipato, lasciando in secondo piano tanto la natura della partecipazione (diretta o indiretta) quanto l’entità di tale partecipazione (sono da annoverare, pertanto, anche società in cui l’ente ha partecipazioni minimali).

Tale soluzione, infine, appare l’unica in grado di offrire una rappresentazione trasparente e veritiera dei rapporti finanziari che l’ente pubblico intrattiene con soggetti societari partecipati”.

 

Un quarto aspetto attiene alle diverse modalità di contabilizzazione dei fatti di gestione aziendali tra le società partecipate e gli enti locali.

Le società private utilizzano, nelle registrazioni contabili, la contabilità economica e il sistema della partita doppia che esamina i diversi fatti gestionali sotto il duplice aspetto numerario ed economico. Di contro gli enti pubblici adottano un sistema di rilevazione contabile che esamina gli “accadimenti gestionali” solo dal punto di vista finanziario.

La riconciliazione deve enucleare, dalle registrazioni contabili degli impegni e degli accertamenti, i debiti e i crediti effettivi nei confronti delle partecipate.

In attesa dell’adozione della nuova contabilità ex decreto legislativo 118/2011 (cosiddetta contabilità armonizzata), lo strumento attraverso il quale giungere all’enucleazione dei crediti e debiti è la redazione, a fine esercizio, del prospetto di conciliazione che trasforma i valori finanziari in valori economico patrimoniali (articolo 229, comma 9 del d.lgs 267/2000) (2).

Con la nuova contabilità armonizzata e con l’applicazione dei nuovi principi contabili ed in particolar modo del principio contabile n° 16 della  “nuova competenza finanziaria” o “potenziata” per il quale tutte le obbligazioni giuridicamente perfezionate, sia attive sia passive, che danno luogo a entrate e spese, devono essere registrate nelle contabilità dell’ente quando l’obbligazione  è perfezionata, ma con l’imputazione all’esercizio in cui l’obbligazione viene a scadenza (3) (4).

In tal modo si avvicinano notevolmente i concetti finanziari  di impegno e di accertamento a quelli giuridici di debito e di credito.

 

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(1)               Il rendiconto è deliberato dall’organo consiliare dell’ente entro il 30 aprile dell’anno successivo, tenuto motivatamente conto della relazione dell’organo di revisione. La proposta è messa a disposizione dei componenti dell’organo consiliare prima dell’inizio della sessione consiliare in cui viene esaminato il rendiconto entro un termine, non inferiore a venti giorni, stabilito dal regolamento. Il rendiconto deliberato è inviato all’organo regionale di controllo ai sensi e con le modalità di cui all’articolo 133.

(2)           Al conto economico è accluso un prospetto di conciliazione che, partendo dai dati finanziari della gestione corrente del conto del bilancio, con l’aggiunta di elementi economici, raggiunge il risultato finale economico. I valori della gestione non corrente vanno riferiti al patrimonio.

(3)                Il  principio  della  competenza  finanziaria,  i  cui  contenuti specifici saranno definiti ai sensi dell’articolo 36,  comma  5,  del presente  decreto,  costituisce  il  criterio  di  imputazione   agli esercizi finanziari delle  obbligazioni  giuridicamente  perfezionate (d.lgs 118/2011, allegato1).

(4)           Il principio della competenza finanziaria costituisce il criterio di imputazione agli esercizi finanziari delle obbligazioni giuridicamente perfezionate attive e passive (accertamenti e impegni).    

Il principio è applicato solo a quei documenti di natura finanziaria che compongono il sistema di bilancio di ogni pubblica amministrazione che adotta la contabilità finanziaria, e attua il contenuto autorizzatorio degli stanziamenti del bilancio di previsione.

Il bilancio di previsione annuale e il bilancio di previsione pluriennale hanno carattere autorizzatorio,  costituendo limite agli impegni di spesa, fatta eccezione per le partite di giro/servizi per conto di terzi e per i rimborsi delle anticipazioni di cassa. La funzione autorizzatoria fa riferimento anche alle entrate per accensione di prestiti.

Gli stanziamenti del bilancio pluriennale sono aggiornati annualmente in sede di approvazione del bilancio di previsione.

Tutte le obbligazioni giuridicamente  perfezionate attive e passive,  che danno luogo a  entrate e spese per l’ente, devono essere registrate nelle scritture contabili quando l’obbligazione è perfezionata, con imputazione all’esercizio in cui l’obbligazione viene a scadenza. E’ in ogni caso, fatta salva la piena copertura finanziaria degli impegni di spesa giuridicamente assunti a prescindere dall’esercizio finanziario in cui gli stessi sono imputati.

L’accertamento costituisce la fase dell’entrata con la quale si perfeziona  un diritto di credito relativo ad una riscossione da realizzare e si imputa contabilmente all’esercizio finanziario nel quale il diritto di credito viene a scadenza.

L’accertamento presuppone idonea documentazione, attraverso la quale sono verificati e attestati  dal soggetto cui è affidata la gestione della relativa entrata, i seguenti requisiti:

(a) la ragione del credito che da luogo a obbligazione attiva;

(b) il titolo giuridico che supporta il credito;

(c) l’individuazione del soggetto debitore;

(d) l’ammontare del credito;

(e) la relativa scadenza.

Non possono essere riferite ad un determinato esercizio finanziario le entrate per le quali non sia venuto a scadere nello stesso esercizio finanziario  il diritto di credito. E’ esclusa categoricamente  la possibilità di   accertamento attuale di entrate future in quanto ciò darebbe luogo ad un’anticipazione di impieghi (ed ai relativi oneri) in attesa dell’effettivo maturare della scadenza del titolo giuridico dell’entrata futura, con la conseguenza di alterare gli equilibri finanziari dell’esercizio finanziario.

L’impegno costituisce la fase della spesa con la quale viene  registrata nelle scritture contabili  la spesa conseguente ad  una obbligazione giuridicamente perfezionata e relativa ad un pagamento da effettuare, con imputazione all’esercizio finanziario  in cui l’obbligazione passiva viene a scadenza.

Gli elementi costitutivi dell’impegno sono:

(a) la ragione del debito;

(b) la determinazione della somma da pagare;

(c) il soggetto creditore;

 (d) la specificazione del vincolo costituito sullo stanziamento di bilancio

(e) la relativa scadenza.

 Non possono essere riferite ad un determinato esercizio finanziario le spese per le quali non sia venuta a scadere nello stesso esercizio finanziario la relativa obbligazione giuridica.

  In ogni caso,  per l’attività di  investimento che comporta impegni di spesa che vengono a scadenza in più esercizi finanziari, deve essere  dato  specificamente  atto  – al momento  dell’attivazione del primo impegno –  di aver predisposto la  copertura finanziaria per l’effettuazione della complessiva spesa dell’investimento , anche se la forma di  copertura è stata già indicata nell’elenco annuale del piano delle opere pubbliche di cui all’articolo 128 del decreto legislativo n. 163 del 2006.

La copertura finanziaria delle spese di investimento è costituita da risorse accertate esigibili nell’esercizio in corso di gestione o la cui esigibilità è nella piena discrezionalità dell’ente o di altra pubblica amministrazione, dall’utilizzo dell’avanzo di amministrazione o di una legge di autorizzazione all’indebitamento.

Inoltre, in sede di provvedimento di  salvaguardia degli equilibri di bilancio e anche  di  provvedimento di assestamento generale di bilancio,  è necessario  dare atto  del rispetto degli equilibri di bilancio non solo per la gestione di competenza e la gestione dei residui, ma altresì  dell’equilibrio delle successive  annualità contemplate dal bilancio pluriennale.

Gli incassi ed i pagamenti sono imputati allo stesso esercizio in cui il cassiere/tesoriere li ha effettuati.

Gli incassi ed i pagamenti risultanti dai mandati versati all’entrata del bilancio dell’ amministrazione pubblica stessa a seguito di regolazioni contabili (che non danno luogo ad effettivi  incassi e pagamenti) sono imputati all’esercizio cui fanno riferimento i titoli di entrata e di spesa.  E’ prevista la coesistenza di documenti contabili finanziari ed economici, in quanto una rappresentazione veritiera della gestione non può prescindere dall’esame di entrambi gli aspetti (allegato 1 DPCM sperimentazione).

 

 

Antonello Cocco

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