Riscossione locale: necessaria una mossa degli enti locali

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Le proroghe per Equitalia non si contano più. Dovrebbe essere la quinta volta che il legislatore rinvia l’addio dell’agente della riscossione dai Comuni.
L’Unione Europea dovrà attendere ancora almeno un anno per vedere affermato, anche in Italia, il principio della libera concorrenza in un settore che ha una grande rilevanza economica.
Per adesso è arrivato l’ennesimo rimando al 2014.

Secondo la Corte dei Conti i benefici che potrebbero derivare dalla razionalizzazione dei processi di gestione del credito delle pubbliche amministrazioni ammontano a cinque miliardi.
Secondo il rapporto della magistratura contabile 2013, le percentuali dei ruoli degli Enti Locali che Equitalia ha riscosso coattivamente si fermerebbero ad un modestissimo 1,9%.
Mentre l’Urirec (Unione nazionale imprese a tutela del credito) stima i mancati incassi dei tributi locali, solo nel 2012, in 15,4 miliardi.
Dall’altro lato, Equitalia valuta la perdita per i Comuni, in termini di minor riscossione, se abbandonassero l’agenzia statale, in alcune centinaia di milioni, senza contare i costi di struttura (dal software alle sedi locali) e senza contare che attualmente ben 1.500 dipendenti di Equitalia (su 8.000) fanno riscossione per gli enti locali.

Fino al 2012, la riscossione dei tributi locali è stata gestita da Equitalia in oltre 6.100 Comuni (il 75% del totale) d’Italia.
Il decreto sviluppo (d.l. n. 70/2011) prevedeva che già dal 1° gennaio 2012, il concessionario nazionale, e le società dallo stesso partecipate, dovesse cessare l’attività di accertamento, liquidazione e riscossione dei tributi locali.

Con l’art. 10, comma 13-octies della L. 214/2011, il termine era già stato spostato in avanti al 31 dicembre 2012.
Il D.L. n. 174 del 10 ottobre 2012 (art.9, comma 4) aveva posticipato l’abbandono al 30 giugno 2013.
La proroga nelle intenzioni del Governo intendeva creare le condizioni per una “prossima riforma”, con una formula che preannunciava nuovi interventi per chiarire il quadro.
Il 30 maggio 2013, il Governo Letta ha deciso, con un emendamento alla legge di conversione del D.L. 35/2013 (legge n. 64/2013) di prorogare per ulteriori sei mesi il termine per le attività effettuate da Equitalia (così come per le società dalla stessa partecipate e da Riscossioni Sicilia).

L’ulteriore rinvio porta al 31 dicembre 2014, in attesa che arrivi la riforma sistemica del settore prima di Godot.
Anche gli altri concessionari del servizio di riscossione potranno continuare ad espletare il servizio fino alla nuova scadenza di legge, sulla base delle vecchie convenzioni stipulate prima del 1° ottobre 2006.
Il legislatore è più che mai combattuto se aprire il settore al mercato o tutelare gli Enti Locali attraverso regole pubblicistiche ed un concessionario nazionale.
L’art. 53 del “Decreto del fare” (D.L. n. 69/2013, convertito, con modificazioni, in L. 9 agosto 2013, n. 98) ha dettato le nuove norme in materia di gestione delle entrate tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate.

Il comma 2-ter dell’art. 10 del D.L. n. 35/2013, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 64/2013, è stato modificato prevedendo che “Al fine di favorire il compiuto, ordinato ed efficace riordino della disciplina” i Comuni potessero gestire la riscossione, anche mediante istituzione di un Consorzio, che si avvalesse delle società del Gruppo Equitalia per le attività di supporto all’esercizio delle relative funzioni.

Sembrano tornare in campo, quindi, persino i consorzi di funzioni, aperti stavolta non soltanto agli enti locali ma anche a società del Gruppo Equitalia.
Nella grandinata di provvedimenti di posticipazione, il legislatore non ha ancora trovato il modo di dire una parola conclusiva e definitiva in merito al passaggio di consegne dei ruoli già attivati da Equitalia e che non saranno ancora riscossi entro il termine di scadenza (o che non lo erano al momento del nuovo affidamento).
I Comuni vorrebbero lasciare in carico all’agente nazionale fino al traguardo dell’incasso delle somme.

Questa indecisione ha portato, a metà anno, Equitalia a scrivere ai Comuni che in mancanza di loro indicazioni, avrebbe proseguito nell’attività richiesta ad esclusivo rischio degli enti territoriali, ai quali risultasse poi accertata la impossibilità a riscuotere, e si sarebbe vista costretta a richiedere la refusione dei costi di lavorazione e quelli dell’eventuale contenzioso con i terzi.
Questa interpretazione porterebbe a ritenere che la cessazione dell’attività comporti l’interruzione di tutte le attività in corso con restituzione agli enti creditizi delle rispettive pendenze.
Gli enti dovrebbero considerare di tranciare l’attività di formazione e consegna del ruolo dal giorno della scadenza dell’affidamento, poiché per i nuovi ruoli la prosecuzione delle attività di riscossione sarebbe svolta a rischio esclusivo degli enti, inclusa la possibilità di una refusione dei costi subiti.

Per i Comuni che vogliono abbandonare Equitalia, ci sarebbero tre strade: la gestione diretta, tramite società in house o tramite società iscritte all’albo ministeriale.
A preoccupare, e non poco, i Comuni non è tanto lasciare Equitalia, quanto l’abbandono del ruolo.
L’alternativa è costituita dall’ingiunzione di pagamento regolamentata dal Regio Decreto n. 639 del 1910 (e, per quanto compatibile dal Dpr 602/1973).
L’accesso alla cosiddetta “ingiunzione potenziata” (che utilizza dichiarazione stragiudiziale del terzo, fermo amministrativo e iscrizione d’ipoteca immobiliare) è consentito sia ai Comuni che alle Società iscritte all’Albo ministeriale.

In tale contesto, sembra restare centrale la figura dell’Ufficiale della riscossione, incaricato di assolvere, per conto dei Comuni, ai compiti degli ufficiali giudiziari (pignoramenti, vendite, etc.).
L’ufficiale della riscossione ha una specifica attribuzione di natura pubblica, svolge, nella procedura privilegiata della riscossione dei tributi, le medesime funzioni che, nell’ordinario procedimento esecutivo, regolato dal codice di procedura civile, sono svolte dall’ufficiale giudiziario.
In mancanza di tale figura si corre il rischio di vanificare l’attività di recupero.

Solo pochi Comuni, però, hanno al proprio interno l’Ufficiale della riscossione.
Il regolamento, emanato con D.P.R. n. 402/2000, stabilisce che gli esami per conseguire l’abilitazione all’esercizio delle funzioni di ufficiale della riscossione sono indetti con cadenza biennale con decreto del direttore generale del Dipartimento delle entrate.
Cadenza assolutamente disattesa, basti pensare che l’unica selezione bandita nel corso dell’ultimo decennio si è conclusa solo dopo cinque anni.

Bisogna allora uscire da questa situazione d’impasse, magari attribuendo ad un altro soggetto (ad esempio le Regioni, Anci, gli Ordini professionali) il compito di organizzare gli esami di abilitazione.
Altrimenti la strada dell’esternalizzazione sembra l’unica via d’uscita, anche se comporta l’indizione di migliaia di gare con una tempistica non breve e un potenziale contenzioso che ne potrebbe derivare.
Con una valida alternativa costituita dalle stazioni uniche di committenza.

Ultimo problema, non certo per ordine d’importanza, è quello dell’aggio della riscossione dei tributi locali, che, sottratti all’Agente nazionale della riscossione, sono liberi.
L’art. 52, comma 5, del D. Lgs. 446/1997 prevede che l’affidamento non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente.
La generalità dei Comuni aveva inteso che per il contribuente l’onere della riscossione tramite ingiunzione fiscale non potesse essere superiore di quello determinato nella cartella di pagamento (8%, delle somme iscritte a ruolo, di cui poco più della metà a carico del debitore e la restante parte a carico del creditore, ma solo se cartella è pagata nei 60 giorni dalla notifica. Oltre questa data l’aggio è interamente a carico del contribuente).

Il Consiglio di Stato (sentenza n. 3413 del 12 giugno 2012) ha, invece stabilito che il divieto di aggravio economico non è riferito alla concorrente procedura di riscossione mediante ruolo ed ai suoi costi, ma alla procedura fiscale gestita direttamente dall’Amministrazione.
L’onere della riscossione tramite ingiunzione fiscale (gestita da terzi o da società in house) non poteva, quindi, costare al contribuente più di quanto gli sarebbe costata la riscossione gestita direttamente dal Comune.

Sembrava, pertanto, che i Comuni dovessero accollarsi integralmente il costo dell’aggio riconosciuto ai soggetti esterni.
Questo, però, significava riconoscere che il Comune non dovesse sostenere alcun costo per l’espletamento del servizio, cosa che non sarebbe corrispondente alla verità.
In effetti, il legislatore ha previsto, con il “decreto del fare”, l’abolizione dell’aggio, a partire dal 30 settembre 2013 (anticipando la prima previsione del 31 dicembre 2013) concedendo agli agenti della riscossione il “diritto al rimborso dei costi fissi risultanti dal bilancio certificato, da determinare annualmente, in misura percentuale delle somme iscritte a ruolo riscosse e dei relativi interessi di mora, con decreto non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, che tenga conto dei carichi annui affidati, dell’andamento delle riscossioni coattive e del processo di ottimizzazione, efficientamento e riduzione dei costi del gruppo Equitalia Spa. Tale decreto deve, in ogni caso, garantire al contribuente oneri inferiori a quelli in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto.”.

Lo scorso 13 novembre, durante il question time alla Commissione Finanze della Camera, il sottosegretario all’Economia, Alberto Giorgetti, ha comunicato che il bilancio Equitalia non consentirebbe risparmi tali da finanziare il taglio dell’aggio, dunque la commissione all’agente della riscossione per ogni cartella esattoriale resta all’8%.
Il mantenimento della quota dell’8% anche se la norma parla di mero rimborso dei costi fissi, testimonia che l’effettuazione del servizio non è a costo zero per Equitalia e non si può sostenere che lo sia per i Comuni.

Secondo un’ardita sentenza (n. 84 del 25.09.2012) della Commissione Tributaria Provinciale di Treviso una cartella può essere annullata, in quanto contenente un aggio troppo elevato (nel caso in esame circa € 8.000).
Secondo i giudici tributari l’aggio non può avere carattere punitivo, in aggiunta alle sanzioni ed agli interessi.

All’Agente della riscossione era contestato il fatto di non avere fornito prova della concreta ed effettiva attività per la quale chiedeva un compenso così elevato.
Le Commissioni Tributarie Provinciali di Torino (ordinanza n. 147/10/12) e Roma (ordinanza n. 40/2013) hanno sollevato l’eccezione di incostituzionalità dell’aggio, in quanto la sua commisurazione sarebbe lesiva del principio di ragionevolezza insito nell’art. 3 della Costituzione nonché del principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione richiamato dall’art. 97 della Costituzione.
Si tratta di una serie di questione aperte, che creano enormi problemi agli Enti Locali.
Se non si risolve, in maniera sistemica, il problema della riscossione dei tributi locali perde di significato persino il dibattito sulle caratteristiche che debbono avere i singoli tributi.
Occorre che il legislatore intervenga per chiarire, in maniera finalmente definitiva, quando cesserà l’affidamento ad Equitalia (ed alle società dalla stessa partecipata e di Riscossione Sicilia) e quale sono le norme che disciplineranno il periodo transitorio.

E’ improcrastinabile regolare rigidamente il rapporto di servizio fra Comune e società di riscossione, aumentando le responsabilità dei privati che raccolgono i tributi per conto degli Enti Locali, e che in un quadro pubblicistico dovrebbero essere chiamati anche a rispondere dell’eventuale danno erariale.
Per i soggetti affidatari non sono più sufficienti i requisiti minimi attualmente previsti dal legislatore, che non hanno impedito che i Comuni fossero esposti a comportamenti truffaldini da parte dei concessionari della riscossione.
I privati che operano nel settore dovranno rispettare norme contenute in un codice deontologico, da definire con un decreto del Ministero dell’Economia e potranno essere sottoposti ad ispezioni.
Ad oggi sono più di centocinquanta le proposte di modifica al testo di delega.
In questo dibattito, però, non è possibile che ad essere scarsamente ascoltati siano proprio gli Enti Locali.

Luciano Catania

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