Partecipate: in arrivo la revisione dei contratti di servizio per ridurre la spesa pubblica

Michele Nico 11/11/13
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L’art. 3 bis del DL 101/2013, aggiunto in sede di conversione in legge 30 ottobre 2013, n. 125 del decreto in parola, reca un inedito meccanismo di rinegoziazione dei contratti di servizio stipulati tra gli Enti locali e le rispettive società partecipate.
Secondo tale disposizione gli Enti, per contenere gli oneri contrattuali a loro carico, hanno la facoltà di procedere alla revisione, con riduzione del prezzo, dei contratti di servizio stipulati con le rispettive società, escluse le società quotate in Borsa.
È altresì previsto che, in caso di revisione contrattuale, “le società e gli Enti controllati procedono, entro i successivi novanta giorni, alla rinegoziazione dei contratti aziendali relativi al personale impiegato nell’attività contrattualmente affidata, finalizzata alla correlata riduzione degli istituti di salario accessorio e dei relativi costi”.
Con questa novità il legislatore non si è forse avveduto di aver fatto ingresso in un campo minato, visto nel corso degli ultimi anni i contratti di servizio sono stati uno strumento giuridico soggetto a manovre poco trasparenti da parte dell’Ente affidante, con l’intento di sgravare il bilancio comunale da debiti (mutui per cespiti conferiti), costi del personale, e perdite connesse – per l’appunto – a contratti di servizio sbilanciati, al fine di eludere il patto di stabilità interno.
Questa condotta ha assunto un rilievo tale da incidere negativamente nel contesto economico a livello nazionale, a causa della diffusione generalizzata sul territorio degli organismi strumentali e partecipati, avvenuta nel recente passato.
Verso la fine del XX secolo, infatti, si è registrata una proliferazione delle società a partecipazione pubblica locale, per la gestione di servizi pubblici e strumentali, nonché per lo svolgimento di lavori pubblici.
L’espansione del fenomeno delle esternalizzazioni dei servizi ha comportato una larga diffusione sul territorio si soggetti terzi collegati alla PA, con la conseguenza di:
– un progressivo abbandono delle gestioni in economia e l’affidamento delle relative attività ad aziende speciali e, in seguito, a società di capitali
– l’assunzione, da parte dell’Ente locale, di un ruolo forte di controllo sul sistema degli organismi strumentali e delle società partecipate, con l’esigenza di dare adeguata definizione alle relazioni di governance.
L’esternalizzazione delle attività amministrative, con l’intento non dichiarato di eludere i vincoli della finanza pubblica, ha suscitato l’aperta reazione della Corte dei Conti, la quale ha affermato che “l’esternalizzazione di servizi e di attività attraverso la costituzione o la partecipazione a organismi terzi rispetto all’Ente spesso non risponde a ponderate esigenze di definizione di nuovi assetti organizzativi e gestionali né di revisione degli indirizzi strategici e degli obiettivi istituzionali. Talvolta essa costituisce solo una risposta spontanea e disorganica ad estemporanee necessità derivanti da criticità di bilancio e, soprattutto, da difficoltà nel rispetto degli obblighi comunitari in tema di finanza pubblica” – (Corte dei Conti, sez. Autonomie, delibera n. 13/2008).
Il giudice contabile ha poi aggiunto, per rendere più preciso e solenne questo monito, che “l’esternalizzazione non può in alcun modo costituire la risposta per aggirare un divieto o una sanzione legislativa, in quanto costituisce una scelta gestionale subordinata al preventivo accertamento da parte dell’Ente locale dei costi e dei benefici da essa derivanti (…) anche con riferimento alle ricadute sui cittadini in un’ottica di lungo periodo. La mancanza o la superficialità di tali complesse analisi preventive può costituire un sintomo dell’intento elusivo, oltre che possibile causa di danno per l’Ente” (Corte Conti, sez. controllo Veneto, delibera 52/2009)
Per tutta risposta, il legislatore è intervenuto, se pure in ritardo, stabilendo che “i contratti di servizio e gli altri atti posti in essere dalle Regioni e dagli Enti locali che si configurano elusivi delle regole del patto di stabilità interno sono nulli” (art. 20 del DL 98/2011 convertito con legge n. 111 del 15 luglio 2011).
Ora il DL 101/2013 ritorna sullo stesso tema in maniera più conciliante, prevedendo la facoltà per gli Enti di incidere sui contratti di servizio al fine di ridurre la spesa pubblica.
Parafrasando il Pascoli, possiamo dire che “c’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria, anzi di antico”.
Al di là di tutto, resta comunque l’impressione che il legislatore non abbia ben ponderato tutte le problematiche connesse ai delicati rapporti tra Enti locali e società partecipate, lasciando intravedere, rispetto alla disposizione in commento, una preoccupante carenza di progettualità nel metter mano alla riforma dell’ordinamento delle Autonomie locali. 

Michele Nico

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