Il sistema incentivante nella Pubblica Amministrazione

Giuseppe Vella 06/11/13
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E’ uno stimolo proveniente dall’ambiente lavorativo, che incide sul processo motivazionale dell’individuo, soddisfacendo un suo bisogno e, quindi, spingendolo ad un comportamento virtuoso che consente il raggiungimento di un obiettivo aziendale e generale.

Al contrario, un disincentivo (o punizione o sanzione negativa o sanzione in senso stretto) è uno stimolo, proveniente dall’ambiente lavorativo, che incide sul processo motivazionale dell’individuo, allontanandolo dal soddisfacimento di un suo bisogno e, quindi, spingendolo ad evitare un comportamento che non raggiunge effetti positivi né per l’azienda né per l’interesse generale.

Un sistema incentivante può svolgere la sua funzione se l’applicazione degli incentivi e disincentivi avviene sulla base di criteri oggettivi, in funzione dei comportamenti organizzativi tenuti dal personale o dei risultati dallo stesso conseguiti. Ne segue la necessità di una stretta integrazione del sistema incentivante con il sistema di valutazione del personale e, più precisamente, con le componenti di quest’ultimo deputate alla valutazione delle prestazioni. Laddove, poi, si adotti la metodica nota come management by objectives (MbO), l’integrazione dovrà essere estesa anche al sistema di pianificazione e controllo.

Buona parte della Pubblica Amministrazione utilizza, come sistema incentivante, la gestione per obiettivi (MbO) che è un metodo di valutazione del personale basato sui risultati raggiunti a fronte di obiettivi prefissati, indipendentemente dalle competenze possedute ed espresse (un ingegnere potrebbe dirigere l’avvocatura, un avvocato i lavori pubblici, uno statistico l’agricoltura, un dottore in economia l’informatica).

Al conseguimento degli obiettivi è legato un riconoscimento economico, detti obiettivi dovrebbero essere necessariamente trasparenti, cioè tutti dovrebbero sapere tutto. Il condizionale in parte della Pubblica Amministrazione italiana è d’obbligo.

Gli obiettivi che vengono assegnati dovrebbero anche essere:

  • chiari, ben identificati e ben definiti nelle loro componenti, cioè non dovrebbero lasciare margini ad interpretazioni;
  • misurabili, cioè il loro raggiungimento o meno dovrebbe essere un fatto oggettivo, e non una valutazione soggettiva;
  • sfidanti, cioè dovrebbero rappresentare un miglioramento per l’azienda; non si dovrebbe definire come obiettivo il normale lavoro;
  • raggiungibili, cioè non dovrebbe essere un qualcosa di irrealizzabile;
  • temporalmente definiti, cioè dovrebbe essere specificato il termine entro cui dovrebbero essere raggiunti;
  • significativi per il livello di responsabilità dell’ interessato, cioè adeguati alle sue possibilità;
  • concordati e discussi con l’interessato, che dovrebbe avere le leve per conseguirlo.

In pratica gli obiettivi di un dirigente pubblico dovrebbero portare al miglioramento della qualità della vita dei cittadini. Non sempre è così!

Se gli obiettivi non sono chiari, ben identificati e non hanno come effetto il miglioramento della qualità della vita dei cittadini, non abbiamo più un sistema incentivante oggettivo ed imparziale bensì un sistema incentivante discrezionale: sei utile al potere? Sarai premiato!

Inoltre, è da tenere presente che gli incarichi dirigenziali e gli obiettivi incentivati li assegna chi amministra.

Dunque, il legame amministratore-dirigente si concretizza alla luce di un beneficio. Se ciò è da un lato gratificante da un altro lato svuota la funzione dirigenziale della necessaria indipendenza.

Leggendo vari articoli di giornale e navigando tra siti istituzionali si evidenzia che talvolta le incentivazioni vengono liquidate anche in assenza del processo di validazione dei risultati e soprattutto senza che il lavoro in più abbia inciso sulla qualità del servizio offerto.

Ciò fa apparire il sistema incentivante della pubblica amministrazione italiana non rigoroso e non oggettivo.

Talvolta si legge che gli incentivi per dipendenti, imprecisati nel numero, derivi esclusivamente dagli obblighi di reperibilità e disponibilità ad orari disagevoli. Inoltre, i dipendenti da incentivare sono scelti ad personam e non con procedure imparziali. Dunque, l’incentivo è indipendente dalla misurabilità della prestazione; basta essere vicini al potere ed assecondarlo con la sola disponibilità ad una presenza in orari disagiati.

I costi

Dal Bollettino Ufficiale di una Regione si legge che il fondo per il pagamento dell’indennità di posizione e di risultato del personale dirigente è stato ridotto del 50% delle posizioni dirigenziali prive di titolarità. Dunque, resta nel fondo e non si sa a che titolo, l’altro 50% delle posizioni dirigenziali prive di titolarità. Si rileva ancora che detto fondo, dopo varie decurtazioni, si è attestato all’importo di euro 21.143.553,08.

Cifra che avrebbe consentito di mettere in piedi fior di servizi per il cittadino.

Ciò significa che il detto personale dirigenziale in servizio, poco più di 200 persone, ha goduto e gode di un budget superiore al loro numero effettivo. Tenendo presente che la indennità di funzione (o posizione) è fissa perché deriva dal contratto nazionale, il vantaggio per il citato personale deriva dalla parte variabile, cioè l’indennità di risultato che ad un raffronto con i dirigenti delle altre regioni si rivela molto più alta, in alcuni casi supera la stessa indennità di funzione, è slegata dai risultati dell’ente e dalla condizione di vita dei cittadini ( trasporti al collasso, sanità con servizi indicibili, fondi comunitari mai ben utilizzati, ecologia con una situazione ambientale tra le più inquinate d’Italia, lavoro con elevati picchi di disoccupazione, scempio del territorio, ecc…. ).

Con questa situazione come si può premiare il personale?

Che dire?

Non è la politica buona o cattiva che ha determinato e determina quanto descritto.

Nel tempo si sono succedute varie amministrazioni di varia estrazione politica: non è cambiato nulla, anzi………..

Ci consoliamo al pensiero che anche il Sommo poeta dovette affermare:

Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare

(Inf. III 95-96)

Ci chiediamo solo: fino a quando?

 

 

 

Giuseppe Vella

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