Fecondazione, il Governo ricorre Corte Ue su Legge 40

Redazione 29/11/12
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Il governo italiano, come aveva già annunciato, ha depositato il ricorso contro la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che, lo scorso fine agosto, ha bocciato il divieto italiano di diagnosi preimpianto sugli embrioni stabilito dalla legge 40 del 2004.

La sentenza impugnata, dichiara ammissibile la diagnosi preimpianto e condanna l’italia perche “incoerente” dal punto di vista legislativo. Visto che alle coppie portatrici di malattie genetiche la legge autorizzava l’aborto ma non la diagnosi preimpianto che quel trauma avrebbe evitato.

Una legge, la n. 40/2004, che sembra non trovare pace e che non ha trovato una risposta adeguata neanche in Corte costituzionale.

Di seguito, il comunicato stampa di palazzo Chigi:

Il Governo italiano ha depositato presso la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo, quale Giudice di seconda istanza, la domanda per il riesame della sentenza 28 agosto 2012 con cui era stato accolto, in relazione all’articolo 8 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo, il ricorso n. 54270/2010. La decisione italiana di presentare la domanda di rinvio alla Grande Chambre della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo si fonda sulla necessità di salvaguardare l’integrità e la validità del sistema giudiziario nazionale, e non riguarda il merito delle scelte normative adottate dal Parlamento né eventuali nuovi interventi legislativi.

La domanda di rinvio, infatti, si è resa necessaria in quanto l’originaria istanza è stata avanzata direttamente alla Corte europea per i diritti dell’uomo senza avere prima esperito – come richiede la Convenzione – tutte le vie di ricorso interne e senza tenere nella necessaria considerazione il margine di apprezzamento che ogni Stato conserva nell’adottare la propria legislazione, soprattutto rispetto a criteri di coerenza interni allo stesso ordinamento.

La Corte ha deciso di non rispettare la regola del previo esaurimento dei ricorsi interni, ritenendo che il sistema giudiziario italiano non offrisse sufficienti garanzie.

Redazione

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