Intercettazioni Stato-mafia: Napolitano contro la procura di Palermo

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In una giornata in cui la sinistra non riesce a dimostrarsi palesemente favorevole ai matrimoni gay in Italia, crolla un altro mito, Berlusconi non è più l’unico che fa la guerra ai tribunali, gli fa compagnia il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. E’ notizia di oggi, infatti, la volontà di Napolitano di affidare  all’avvocato generale dello Stato l’incarico di rappresentare la Presidenza della Repubblica nel giudizio per conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale nei confronti della Procura della Repubblica di Palermo. Oggetto del ricorso, le decisioni che i pm hanno assunto sulle intercettazioni di conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica.

Sono in possesso della procura di Palermo alcune intercettazioni telefoniche avvenute fra Nicola Mancino,coinvolto nell’inchiesta sulla trattativa mafia-Stato e impegnato in un’azione di pressing sul Quirinale , e Giorgio Napolitano appunto. E’ di poco fa il comunicato stampa del Quirinale, a mezzo del quale viene resa manifesta la volontà del Presidente affinchè le intercettazioni vengano distrutte “ritenuto che, a norma dell’articolo 90 della Costituzione e dell’articolo 7 della legge 5 giugno 1989, n. 219 – salvi i casi di alto tradimento o attentato alla Costituzione e secondo il regime previsto dalle norme che disciplinano il procedimento di accusa – le intercettazioni di conversazioni cui partecipa il Presidente della Repubblica, ancorché indirette od occasionali, sono invece da considerarsi assolutamente vietate e non possono quindi essere in alcun modo valutate, utilizzate e trascritte e di esse il pubblico ministero deve immediatamente chiedere al giudice la distruzione”.

Non sembra però di questo avviso il procuratore della Repubblica Francesco Messineo, il quale sostiene che “non sono state violate le prerogative costituzionali del Capo dello Stato” aggiungendo inoltre che  “sono sereno le intercettazioni sono state occasionali e imprevedibili”. Gli fa eco il p.m. titolare dell’inchiesta Antonio Ingroia “Nessuna intercettazione è risultata rilevante su chi ha immunità”. Sembra, quindi, ci sia la volontà da parte della giustizia di garantire l’estraneità alla vicenda del Presidente della Repubblica e soprattutto di garantire che non siano state violate norme giuridiche nel procedimento d’inchiesta, eppure la richiesta del Quirinale rimane e la cosa è ormai in mano agli avvocati.

“Quei nastri devono essere distrutti”, sembrerebbe la battuta di un film di James Bond, e invece è solo la volontà del Capo dello Stato di dimostrare che non ha nulla a che spartire con un processo di ambito mafioso, perché come sosteneva Einaudi è “dovere del Presidente della Repubblica evitare si pongano, nel suo silenzio o nella inammissibile sua ignoranza dell’occorso, precedenti, grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi incrinatura le facoltà che la Costituzione gli attribuisce”.

Alessandro Camillini

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