Riforma delle province, la Consulta fissa l’udienza per la trattazione dei ricorsi

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E’ stata fissata per il 6 novembre prossimo, in udienza pubblica, la trattazione dei ricorsi presentati alla Corte Costituzionale da sei Regioni – Piemonte, Lombardia, Veneto, Molise, Lazio e Campania – per la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 23 commi 14-21, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in Legge 22 dicembre 2011, n. 214.

Il relatore in udienza sarà il giudice costituzionale prof. Gaetano Silvestri, professore ordinario di diritto costituzionale.

I ricorsi presentati dalle Regioni, seppure con sfumature ed approfondimenti diversi, lamentano che le disposizioni approvate sono palesemente in contrasto con i principi e le disposizioni costituzionali che disciplinano i rapporti tra lo Stato e le autonomie territoriali ed, in particolare, gli articoli 5, 114, 117 (comma 2, lettera p) e comma 6), 118 e 119 della Costituzione e sono, altresì, incongruenti con i principi generali della disciplina degli enti locali del nostro ordinamento.

Questa la sintesi delle motivazioni elaborata dall’UPI per singola disposizione dell’art. 23:

  • – Il comma 14  viola l’art. 117, comma 2, lett. p) e l’art. 118, comma 2, della Costituzione, in quanto esclude che le Province abbiano funzioni fondamentali e funzioni proprie. Inoltre, affida alle Province funzioni di indirizzo e di coordinamento che possono essere giustificate solo da una sovra-ordinazione delle Province rispetto ai Comuni, non prevista dall’art. 114 della Costituzione e, a maggiori ragione, nel caso in cui le Province siano trasformate in enti di secondo grado.

La Costituzione individua le Province come un ente territoriale e autonomo (art. 114, comma 1 e 2) e fa rifermento espresso ad esse nell’art. 117, comma 2, lett. p, prevedendo che la legge statale possa disciplinare 3 oggetti: la legislazione elettorale, gli organi di governo e le funzioni fondamentali. Allo stesso modo, l’art. 118, comma 2, statuisce che le Province siano titolari di funzioni proprie e di funzioni conferite dalla legge statale e da quella regionale.

Il sistema costituzionale dispone che le Province siano enti titolari di funzioni proprie, e cioè di quelle funzioni storicamente e in atto svolte dalle Province sulla base della legislazione esistente alla data dell’entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001 e per le quali la garanzia discende direttamente dalla previsione costituzionale, senza che sia dato alla legge statale (e, tanto meno, a quella regionale) la possibilità di incidere su quei poteri.

Si tratta di una garanzia costituzionale assoluta che viene incisa dalla espressione “esclusivamente” contenuta nel comma 14.

Questa disposizione, infatti, non aggiunge – come pure sarebbe logico – l’indirizzo e coordinamento delle attività dei Comuni in capo alle Province, ma tende ad eliminare le garanzie dettate dalla Costituzione con il riconoscimento delle funzioni proprie.

Allo stesso tempo la disposizione non ottempera a quanto disciplinato dalla lett. p). La Costituzione vuole che il legislatore statale individui le funzioni fondamentali delle Province e questo compito è stato assolto, sia pure a titolo provvisorio, dall’art. 21, comma 4, della legge n. 42 del 2009. Si tratta di funzioni amministrative di carattere materiale che intervengono nell’ambito di materie della legislazione di particolare significato, come l’istruzione pubblica, i trasporti locali, la gestione del territorio, la tutela ambientale, lo sviluppo economico e il mercato del lavoro.

Con la disposizione del comma 14, invece, i contenuti delle funzioni amministrative provinciali sono stati eliminati del tutto e, in questo modo, il legislatore statale ha violato il compito attribuito a lui dalla Costituzione, con un comportamento censurabile anche dal punto di vista della ragionevolezza, per eccesso di potere (art. 3 Cost.).

  • – Il comma 15 è apparentemente ammissibile, in quanto rientra nelle competenze del legislatore statale previste dall’art. 117, comma 2, lettera p), ma menoma la capacità di azione e di esecuzione delle Province ed è incongruente con quanto previsto dal testo unico degli enti locali, che può essere derogato solo con espresse modifiche delle sue disposizioni (art. 1, comma 4, D. lgs. 267/00).

La disposizione del comma 15 è palesemente in contrasto con l’assetto storico degli enti locali territoriali che hanno avuto nella Giunta l’organo collegiale di esecuzione delle deliberazioni consiliari; anche il TUEL affida alla Giunta funzioni di diretta esecuzione delle deliberazioni del Consiglio e dell’attività dell’ente, ovviamente in modo collaborato con il presidente della Provincia.

La disposizione è irragionevole e non lascia intendere attraverso quali meccanismi lo stesso Presidente possa operare.

Restano senza un preciso riferimento i compiti propri della giunta, come gli atti dell’art. 107 e l’adozione del regolamento degli uffici e servizi.

  • – Il comma 16  viola l’art. 1, l’art. 5 e l’art. 114 della Costituzione poiché lede l’autonomia delle Province che, nel diritto costituzionale italiano, sono qualificate come enti esponenziali di una comunità territoriale che si organizza democraticamente, secondo l’art. 1, con organi elettivi di diretta emanazione del corpo elettorale. In base al principio fondamentale dell’art. 5 della Costituzione “la Repubblica, una e indivisibile riconosce e promuove le autonomie locali”, il legislatore non può quindi abolirle, limitarle, diminuirne l’autonomia politica o incidere sul carattere democratico dell’ente, che rappresenta uno dei requisiti essenziali dell’ordinamento repubblicano. Il comma viola l’articolo 14 della legge 400/88 poiché interviene sulla materia costituzionale ed elettorale che per legge è sottratta alla decretazione d’urgenza. Il comma viola altresì l’art. 3 della Costituzione per eccesso di potere legislativo ed è in contrasto con il principio di ragionevolezza, in quanto subordina il venir meno degli organi attuali ad una futura legge dello Stato di cui non vi è alcuna certezza.
  • – Il comma 17 viola lo stesso principio del punto precedente per illegittimità costituzionale derivata.

I commi 16 e 17 configurano la Provincia come un ente di secondo grado. Prevedono che il consiglio sia estremamente limitato, 10 componenti per tutte le Province, grandi e piccole, che sia eletto dagli “organi elettivi dei Comuni” e che in seno a questo venga eletto il Presidente.

Nessuna di queste disposizioni è compatibile con il carattere originario di ente territoriale rivestito dalla Provincia nel nostro ordinamento.

Si tratta di un carattere che la Costituzione ha riconosciuto e, perciò, sul quale non ha il potere di incidere essa stessa.

Il legislatore ordinario, pertanto e a maggiore ragione, non può toccare il carattere democratico della provincia. La democrazia locale è una espressione, la più alta, dell’autonomia dell’ente che è stata riconosciuta a più riprese dalla costituzione.

Solo il fascismo nella storia d’Italia ha spezzato la continuità democratica delle autonomie locali.

Sono illegittime tutte le disposizioni dei due commi considerati.

Negli enti territoriali (Stato, Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni) il principio autonomista implica il principio democratico. Questo richiede che il popolo deve avere una rappresentanza che emerga da elezioni generali, dirette, libere, uguali e segrete e che la rappresentanza abbia una consistenza tale da conseguire due risultati: in primo luogo, l’espressione del pluralismo politico, compatibilmente con la governabilità; in secondo luogo, la capacità di indirizzo e controllo da parte della rappresentanza medesima sull’ente.

  • – Il comma 18  viola l’art. 118 in quanto esclude che i principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione si possano riferire alle Province e prevede il passaggio di competenze alle Regioni. E’ inoltre in palese contrasto con l’art. 120 della Costituzione poiché l’intervento sostitutivo dello Stato nei confronti della Regione non rientra nelle fattispecie ivi previste. Occorre considerare, infine, che questa disposizione causa non risparmi ma aumenti della spesa pubblica, oltre a notevole confusione amministrativa ed istituzionale. Funzioni recentemente trasferite alle Province dallo Stato e dalle Regioni, con il processo di decentramento amministrativo e con sensibili riduzioni di costi e di personale, ora dovrebbero essere ritrasferite a chi le ha decentrate. Il rinvio degli assetti funzionali ad una legge futura di cui non vi è alcuna certezza pone nella confusione la programmazione delle attività di gestione delle attuali funzioni provinciali comma, violando altresì l’art. 3 della Costituzione per eccesso di potere legislativo ed è in contrasto con il principio di ragionevolezza.

La Costituzione prevede espressamente la Provincia come un livello in cui alle funzioni amministrative si possa assicurare un esercizio unitario secondo i principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione.

Il comma 18, invece, esclude in via di principio e in modo generale esattamente ciò che la Costituzione prevede. Di qui il contrasto con l’art. 118, comma 1, della Costituzione.

Per questa disposizione l’incostituzionalità è così manifesta che non ammette neppure una eventuale giustificazione dettata da ragioni di emergenza.

  • – Il comma 19 viola gli stessi articoli per illegittimità costituzionale derivata. Inoltre viola sensibilmente l’autonomia organizzativa delle Province che, a norma dell’art. 114, sono enti costitutivi della Repubblica con autonomia organizzativa e statutaria, dotati di potere regolamentare (in base all’art. 117, comma 6) per organizzare lo svolgimento delle funzioni attribuite, nonché l’autonomia finanziaria prevista dall’art. 119 della Costituzione, che prevede il finanziamento di tutte le funzioni attribuite attraverso i meccanismi del federalismo fiscale, recentemente approvati anche dal legislatore ordinario.
  • – Il comma 20, prevedendo il commissariamento delle Province che dovrebbero andare al voto nel 2012, incide non solo sull’autonomia delle Province garantita dalla Costituzione ma anche sui diritti dei cittadini ad eleggere democraticamente gli organi di governo delle Province. Questo comma viola gli articoli 1, 5 e 114 della Costituzione e allo stesso tempo i principi della Carta europea delle autonomie locali ratificata dal nostro Parlamento. Il comma viola l’art. 3 della Costituzione per eccesso di potere legislativo ed è in contrasto con il principio di ragionevolezza, in quanto subordina il venir meno degli organi attuali ad una futura legge dello Stato di cui non vi è alcuna certezza e, soprattutto, prevede il commissariamento degli enti che dovrebbero andare al voto nel 2012, rinviando all’art. 141 del TUEL, ovvero ad una norma pensata per altre ipotesi di scioglimento dei consigli non applicabile in questo caso.
  • – Il comma 20 bis viola l’autonomia riconosciuta alle Regioni a statuto speciale poiché impone ad esse di adeguarsi non ai principi della legislazione vigente ma a specifiche disposizioni di legge, peraltro manifestamente incostituzionali.
  • – Il comma 21, allo stesso modo, viola l’art. 3 della Costituzione per eccesso di potere legislativo e è in contrasto con il principio di ragionevolezza, poiché la norma è generica, non specifica alcuna modalità e  si limita a statuire l’invarianza della spesa.

Di seguito il dettaglio dei singoli ricorsi:

Regione Piemonte  ricorso n. 18 del 2012 pubbl. su G.U. del 07/03/2012 n. 10
Udienza Pubblica
 del 06/11/2012 rel. SILVESTRI

Regione Lombardia ricorso n. 24 del 2012 pubbl. su G.U. del 14/03/2012 n. 11
Udienza Pubblica del 06/11/2012 rel. SILVESTRI

Regione Veneto ricorso n. 29 del 2012 pubbl. su G.U. del 21/03/2012 n. 12
Udienza Pubblica del 06/11/2012 rel. SILVESTRI

Regione Molise ricorso n. 32/2012 pubbl. su G.U. del 28/03/2012 n. 13
Udienza Pubblica del 06/11/2012 rel. SILVESTRI

Regione Lazio ricorso n. 44/2012 pubbl. su G.U. del 11/04/2012 n. 15
Udienza Pubblica
 del 06/11/2012 rel. SILVESTRI

Regione Campania ricorso n. 46/2012 pubbl. su G.U. del 18/04/2012 n. 16
Udienza Pubblica
 del 06/11/2012 rel. SILVESTRI

Da segnalare infine che la Provincia di Genova è stata la prima ad essere commissariata a seguito del mancato rinnovo degli organi.

Si è proceduto allo scioglimento, prima della scadenza dei cinque anni come le altre Province, a seguito delle dimissioni del Presidente del 18 aprile 2012.

Dal decreto di scioglimento degli organi e di nomina del Commissario si evince che il Ministro dell’Interno ha inteso dare attuazione a due ordini del giorno presentati alla Camera ed al Senato che “impegnano il Governo: affinché il Ministro dell’interno, come commissario degli enti il cui mandato elettivo è ormai giunto a scadenza, assuma l’iniziativa per il procedimento di nomina degli attuali Presidenti di Provincia, fino al momento in cui gli organi di governo delle Province saranno rinnovati secondo le modalità previste dalla legge statale di cui all’articolo 23, comma 16, del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, come convertito dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214, e comunque non oltre la data del 31 dicembre 2012”

Nel caso di Genova, viste le dimissioni irrevocabili del Presidente, è stato nominato Commissario straordinario, con i poteri di Presidente, Giunta e Consiglio, un assessore uscente fino all’elezione dei nuovi organi.

Si tratta di Piero Fossati, già assessore alla viabilità e alla protezione civile.

Il Commissario sarà affiancato da tre esperti sub commissari: i viceprefetti Flavia Anania (vice capo di gabinetto della prefettura di Genova),  Carmine Battista (responsabile dell’area enti locali e consultazioni elettorali della stessa prefettura), e il dirigente in pensione del Ministero dell’ Interno Antonio Scozzese, nominati con decreto del prefetto Francesco Antonio Musolino.

Bisognerà attendere l’approvazione del disegno di legge per le nuove modalità di elezione degli organi della Provincia.

Intanto in virtù di quanto previsto dall’art. 23, comma 20, della Legge 214/2011, la gestione commissariale prosegue fino al 31 marzo 2013.

Carlo Rapicavoli

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