Our opinion about SOPA

Redazione 17/01/12
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Il SOPA – Stop Online Piracy Act – uno dei disegni di legge più discussi della storia della Rete, sta perdendo – e per fortuna – i pezzi probabilmente a causa della presa di posizione della Casa Bianca e della forti opposizioni di tutti i big di Internet che, nelle scorse ore, si sono spinti fino a proporre una serrata di protesta delle proprie piattaforme online.

Il disegno di legge resta, tuttavia, una minaccia per la libertà di parola online e porta con sé un carico di inaccettabili deroghe ai principi dello Stato di diritto.

La lettura delle settantotto pagine lungo le quali si snoda il disegno di legge lasciano intravedere – come nel più riuscito film dell’orrore – un futuro per la Rete che nessuno può seriamente auspicare.

Nonostante la premessa secondo la quale “Nothing in this Act shall be construed to impose a prior restraint on free speech or the press protected under the 1st Amendment to the Constitution”, infatti, è fuor di dubbio che se le disposizioni attualmente contenute nel SOPA entrassero effettivamente in vigore, Internet come tutti la conosciamo, cambierebbe rapidamente volto e contenuti.

Link, motori di ricerca, interattività e user generated content scomparirebbero e, con la loro scomparsa, verrebbe inesorabilmente ad essere drammaticamente ridefinita la misura della libertà di manifestazione online.

A che serve scrivere, parlare o pubblicare un qualsiasi contenuto online, se chiunque può poi ottenerne la rimozione in pochi click semplicemente minacciando ad un internet service provider un’azione giudiziaria ai sensi del SOPA o se, addirittura, quest’ultimo può, autonomamente, scegliere di rimuoverlo?

Service provider, motori di ricerca, fornitori di servizi di pagamento e pubblicità online chiamati ad agire da sceriffi in nome di un errato e non condivisibile approccio secondo il quale il fine – ovvero la tutela della proprietà intellettuale americana – giustificherebbe l’adozione di misure sin qui mai neppure ipotizzate per i gestori dei servizi di trasporto, per gli istituti di credito o, piuttosto, per le agenzie pubblicitarie.

Il furto è reato online e off line ed è sacrosanto che un Paese si preoccupi di difendere i proprietari dei beni materiali ed immateriali dai ladri ma non è accettabile che per farlo, nella dimensione c.d. virtuale, si ricorra a metodi e strumenti che se applicati al mondo fisico ne determinerebbero l’immediata paralisi e, soprattutto, travolgerebbero d’un colpo, culture, tradizioni e modi di vivere sui quali si fondano tutte le comunità sociali nazionali e, oggi, internazionali.

Ve lo immaginate cosa accadrebbe se domani si imponesse alle banche di bloccare tutti i pagamenti diretti a qualsiasi bar, discoteca o locale da ballo che si sospettasse non in regola con il pagamento di una licenza alla SIAE?

E se si chiedesse alla società Autostrade o, magari, alle province responsabili delle reti viarie locali o, ancora, ai vettori aerei, ferroviari e marittimi di bloccare tutti i passeggeri che trasportano CD o DVD, forse, contenenti, materiale in violazione del diritto d’autore?

Avete mai pensato a quante attività svolte in forma illecita vengono pubblicizzate attraverso inserzioni sui giornali e spot televisivi e radiofonici?

Difficile ritenere sostenibile – sotto il profilo economico, politico e sociale – uno scenario quale quello al quale potremmo essere condannati ad abituarci se il SOPA divenisse legge nella sua attuale formulazione.

C’è, tuttavia, un profilo del disegno di legge più discusso di tutti i tempi nel web [n.d.r. probabilmente ha rubato il primato alla celeberrima HADOPI dei francesi, all’epoca, peraltro, avversata, tra gli altri, proprio dagli americani], sin qui, poco approfondito dalla critica e che, invece, dovrebbe far riflettere.

Si tratta di quanto previsto alla sezione 104 del disegno di legge a proposito dell’esenzione da ogni responsabilità ed alla sottrazione da ogni rischio di azione dinanzi ad ogni corte statale o federale nonché dinanzi ad ogni Agenzia ed Autorità, per gli internet service provider, i gestori dei motori di ricerca e/o i fornitori di servizi di pagamento e pubblicità online che assumano, volontariamente, iniziative per rimuovere contenuti considerati in violazione di altrui diritti di proprietà intellettuale o bloccarne l’accesso.

La lettura della previsione – un pugno di caratteri nascosti nelle pieghe del disegno di legge – è drammaticamente inquietante per chiunque abbia a cuore lo Stato di diritto e la libertà di informazione: “No cause of action shall lie in any Federal or State court or administrative agency against, no person may rely in any claim or cause of action against, and no liability for damages to any person shall be granted against, a service provider, payment network provider, Internet advertising service, advertiser, Internet search engine, domain name registry, or domain name registrar for taking any action described in section 102(c)(2), section103(d)(2), or section 103(b) with respect to an Internet site, or otherwise voluntarily blocking access to or ending financial affiliation with an Internet site, in the reasonable belief that: (1) the Internet site is a foreign infringing site or is an Internet site dedicated to theft of U.S. prop- erty; and (2) the action is consistent with the entity’s terms of service or other contractual rights.”.

E’ come dare a cittadini ed imprenditori licenza di uccidere a tutela della proprietà propria ed altrui.

Le strade diventerebbero un far west. Andremmo tutti in giro armati e pronti a farci giustizia da soli, forti della circostanza che, purché vi sia un ragionevole sospetto dell’illiceità di un’attività, possiamo farlo senza correre il rischio di alcuna conseguenza.

E’, probabilmente, una delle ragioni più importanti – ancorché curiosamente sfuggita al grande pubblico – per la quale il SOPA non può avere diritto di cittadinanza nell’Ordinamento di nessun Paese libero e moderno.

E’ obbligo dello Stato scongiurare il rischio che si diffonda l’abitudine a forme di auto-giustizia sommaria e garantire la permanenza online di ogni bit di informazione la cui pubblicazione possa – anche solo in percentuale modesta – ritenersi lecita.

E’ per questo inaccettabile che il Congresso degli Stati Uniti d’America, tradizionalmente ritenuti – a torto o a ragione patria dell’interpretazione più estensiva del free speech – promuova forme di amministrazione privata della giustizia, suscettibili di limitare in modo tanto grave ed arbitrario la libertà di parola sul web.

Leggi Oggi domani, resterà online, accessibile ai suoi lettori e, soprattutto, aperto ai contributi di quanti vorranno dire la loro sul SOPA.

Chiudere queste pagine, aggiungerebbe poco, probabilmente, all’impatto della protesta dei grandi del web ma, la testata, il suo editore e tutti noi, siamo lì a condividere idealmente la battaglia ideologica che, forse per la prima volta nella storia del web, porterà tanti grandi brand della Rete che conosciamo a scendere nelle piazze virtuali, dopo aver chiuso – anche se solo per qualche ora – i battenti.

Redazione

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