A cosa serve la mozione di sfiducia individuale?

Redazione 29/09/11
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E’ il primo Ministro della Repubblica Italiana a detenere il poco “onorevole” record di essere formalmente imputato (in carica) di concorso esterno in associazione mafiosa.

L’udienza preliminare è già stata fissata per il 25 ottobre.

Nella richiesta di rinvio a giudizio depositata lo scorso 13 luglio dalla Procura di Palermo, a seguito della decisione del Giudice per le Indagini Preliminari Castiglia di respingere la richiesta di archiviazione del pm Di Matteo e ordinare l’imputazione coatta, ai sensi dell’art. 409 c.p.p., si legge: “Nella sua veste di esponente politico di spicco avrebbe consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno ed al rafforzamento dell’associazione mafiosa”.

I suoi numeri di telefono sono stati trovati annotati dietro un biglietto di “Pronto Pizza – servizio a domicilio” nel portafoglio del boss di Agrigento Alberto Provenzano il giorno che l’arrestarono, il 2 agosto 2002. Accusato da un paio di pentiti di essere “nelle mani” di Cosa Nostra (dall’ordinanza di rinvio a giudizio).

Lui è Francesco Saverio Romano, 46 anni, avvocato, sposato e padre di 3 figli.

Nato politicamente nella Dc, inizialmente ricopre incarichi nelle istituzioni locali, a Palermo, dove viene notato da Totò Cuffaro, l’ex Presidente della Regione che sta scontando in carcere una pena definitiva di 7 anni per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra, che lo prende sotto la sua ala protettrice e nel 2001 lo fa diventare deputato. Parlamentare da dieci anni, Romano fa carriera nell’UDC, partito che lascia il 28 settembre 2010 per fondare il Pid (popolari di Italia Domani). Il giorno dopo vota la fiducia al Governo Berlusconi, salvandolo di fatto dalla crisi in cui era precipitato. Il 23 marzo 2011 Berlusconi ricambia il favore, nominandolo Ministro delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali.

Ministro “con riserva”.

Già, perché all’indomani della sua nomina, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano diramò una nota, unica nel suo genere, in cui ne prendeva le distanze, a causa delle gravi imputazioni a carico del neo ministro, auspicando che gli sviluppi del procedimento penale chiarissero presto la sua posizione.

Posizione effettivamente poi chiarita dal G.I.P. ordinando l’imputazione coatta di Romano per concorso esterno in associazione mafiosa.

“Non mi dimetto – ha però dichiarato il Ministro – l’opposizione strumentalizza la mia vicenda perchè sono quello che ha sventato la caduta del governo”.

Ecco allora l’opposizione rispolverare e sfoderare la discussa arma della mozione di sfiducia ad personam.

Si tratta di un istituto non previsto dalla Costituzione ma legittimato da una sentenza della Corte Costituzionale (la n. 7 del 1996), pronunciata a seguito di un conflitto di attribuzioni insorto nell’unico caso in cui una simile mozione sia stata approvata (dal Senato, contro l’ex Guardasigilli Mancuso, sfiduciato nel 1995 e morto nel maggio scorso a 88 anni).

A sostegno dell’ammissibilità della mozione, la Consulta fece riferimento all’articolo 95, comma 3 della Costituzione, secondo cui “…i ministri sono responsabili… individualmente degli atti dei loro dicasteri”.

In quell’occasione, nonostante il rifiuto del ministro sfiduciato di dimettersi, il presidente della Repubblica procedette alla sua sostituzione, su proposta dello stesso presidente di Consiglio di allora, Dini, che nulla aveva fatto per difendere il ministro, dalle cui azioni si era dissociato.

L’istituto della sfiducia individuale fu usato per far le veci di un potere (la revoca di singoli ministri) di cui il presidente del Consiglio nel nostro ordinamento non dispone.

La mozione di sfiducia individuale presentata dal Pd e appoggiata dal Terzo Polo e dall’IdV è stata, com’era prevedibile, respinta dalla Camera dei deputanti nel tardo pomeriggio di ieri con 315 no e 294 si, nel corso di una seduta, ancora prevedibilmente, ad alta tensione.

Il premier ha rinnovato “stima e fiducia” al Ministro, la Lega ha obbedito al diktat del capo, la maggioranza tiene.

Il regolamento della Camera dei deputati ha poi fatto la sua parte, prevedendo il voto palese e per appello nominale, come per la fiducia al governo, neutralizzando di fatto l’effetto “franchi tiratori”.

Pericolo scampato, tutto normale, avanti con le riforme.

Che grande Paese, il nostro.

Sei rinviato a giudizio per mafia? Non puoi fare nemmeno l’operaio stagionale addetto alla raccolta dei rifiuti in qualsiasi pubblica amministrazione… però puoi fare il Ministro!

La vicenda, oltre che il Codice Penale, tocca anche il meno definito ma non per questo meno importante Codice Etico.

Tre anni prima di morire, rivolgendosi a degli studenti, il giudice Paolo Borsellino spiegò mirabilmente i limiti della giustizia e i doveri della politica: “La magistratura può fare solo un accertamento giudiziale. Può dire: ci sono sospetti, anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica.. Però, siccome dalle indagini sono emersi fatti gravi… altri organi, cioè i politici.. dovrebbero trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi..”

Parole sparse al vento, sospinte una domenica pomeriggio di 19 anni fa dall’esplosione di 100 kg di tritolo in via D’Amelio…

Redazione

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