Contratto di locazione non registrato: effetti tra normativa civilistica e tributaria

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Quid iuris? Da tempo dottrina e giurisprudenza cercano di dare risposta a tale interrogativo laddove, in particolare, il principio di non interferenza sembra difficile da rispettare. Gli istituti giuridici in cui si manifesta una sovrapposizione normativa sono più di uno, in questa sede ci si dedica ad analizzare la problematica solo ed esclusivamente per il contratto di locazione.

La mano del legislatore è intervenuta a dirimere la quaestio con il d.P.R. n. 131/1986 il cui art. 20 ha introdotto il principio dell’autonomia dell’interpretazione fiscale del contratto rispetto alla sua interpretazione civilistica e con la L. 27 luglio 2000 n. 212 nel cui art. 10, comma 3 è statuito che “le violazioni di disposizioni di rilievo tributario non possono essere causa di nullità del contratto”.

Sembrerebbe che con queste norme il legislatore abbia voluto garantire un principio di tendenziale non interferenza tra le due discipline giuridiche, ciò nondimeno qualche tempo dopo con la L. 30 dicembre 2004 n. 311 all’art. 1 comma 346 si disponeva che il contratto di locazione fosse nullo se, ricorrendone i presupposti, non fosse stato registrato. Tale vulnus normativo sollevava non poche questioni interpretative anche di carattere costituzionale, tanto perché il Tribunale di Torino asseriva che la norma sopra citata fosse in contrasto con l’art. 24 della Costituzione, in quanto condizionante l’esercizio della tutela giurisdizionale dei diritti all’adempimento di un onere fiscale (registrazione), con la previsione che la validità del contratto fosse subordinata alla registrazione stessa. Investita da tale eccezione la Corte Costituzionale si esprimeva a favore della costituzionalità della Legge incriminata asserendo che la norma contenuta nella L. n. 311/2004 “non introduce ostacoli al ricorso alla tutela giurisdizionale, ma eleva la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullità del negozio ai sensi dell’art. 1418 cod. civ.” Ed è proprio sull’effetto della nullità negoziale in assenza di registrazione che si è scatenato il dibattito giurisprudenziale, in altre parole sugli effetti civili che possono derivare dalle violazioni di norme tributarie. In materia, è sempre stato riconosciuto vigente un principio di non interferenza fra le regole del diritto tributario e quelle attinenti alla validità civilistica degli atti, progressivamente però, l’orientamento dei giudici della Cassazione, influenzato dalla magistratura comunitaria, ha cambiato direzione, appoggiando la possibilità di rendere nulle quelle operazioni intraprese ed eseguite al solo scopo di procurarsi un risparmio fiscale.

L’ evoluzione di tale processo interpretativo ha portato ad alcune soluzioni giuridiche che si riportano qui di seguito:

  1. i contratti di locazione, con durata non inferiore a trenta giorni complessivi nell’anno, che non sono registrati entro trenta giorni dalla loro sottoscrizione sono nulli e improduttivi di effetti anche se restano dovute le imposte sui canoni;
  2. l’omessa registrazione del contratto di locazione, può essere sanata tramite l’istituto del ravvedimento operoso ex art. 13 Dlgs 472/1997, presentando l’atto e pagando l’imposta dovuta, la sanzione ridotta e gli interessi di mora;
  3. sugli effetti civili della sanatoria fiscale si alternano tre orientamenti: gli effetti retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto; il contratto è improduttivo di effetti solo fino al momento dell’avvenuta, seppur tardiva, registrazione; la nullità consegue ad un vizio che esclude in assoluto la possibilità di una successiva convalida dell’atto che quindi andrebbe rifatto.

Ultimamente, la Cassazione è tornata a pronunciarsi sull’argomento con un’ordinanza del 06 settembre 2017 n. 20858 in cui afferma che la nullità del contratto di locazione per mancata registrazione risulta sanata con effetti “ex tunc dalla tardiva registrazione dell’atto stesso, cioè gli effetti del contratto registrato tardivamente retroagiscono alla data di stipulazione dell’atto stesso. Pertanto, ne consegue l’infondatezza dell’istanza del ricorrente  volta ad ottenere la restituzione delle somme versate a titolo di canoni per il periodo anteriore alla registrazione del contratto, sulla base della pretesa nullità del rapporto per tale periodo. La possibilità di sanatoria con efficacia “ex tunc” in esito alla tardiva registrazione consente di mantenere stabili gli effetti del contratto voluti dalle parti sia nell’interesse del locatore, che potrà trattenere quanto ricevuto in pagamento, che nell’interesse del conduttore, che non rischierà azioni di rilascio e godrà della durata della locazione come prevista nel contratto.

La tesi della nullità, seppur atipica, per l’effetto sanante “ex tunc” della registrazione è coerente con i principi che sottendono al complessivo impianto normativo in materia dell’obbligo di registrazione del contratto di locazione ed in particolare con l’espressa previsione di forme di sanatoria nella normativa succedutasi nel tempo e dell’istituto del ravvedimento operoso, norma che il legislatore ha mantenuto stabile nel tempo potenziandone l’applicazione.

Francesca Dammacco

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