Una voce di danno troppo spesso dimenticata: il danno patrimoniale futuro

Massimo Quezel 16/02/17
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Nell’iter che porta al risarcimento di un danno la fase di quantificazione è certamente la più delicata. Il professionista ha il compito di tradurre in termini economici tutte le risultanze dell’attività istruttoria compiuta sin dall’inizio della gestione della pratica, raccogliendo ogni elemento utile a determinare in maniera compiuta l’esatto ammontare della richiesta risarcitoria che sarà poi inoltrata alla compagnia di assicurazioni.

Cose deve fare il professionista?

Risulta di fondamentale importanza, pertanto, svolgere un lavoro di analisi dettagliato delle effettive conseguenze lesive del sinistro sul patrimonio e sulla salute del danneggiato, sia sotto il profilo patrimoniale (ad esempio l’esatta quantificazione del danno all’autovettura, se si tratta di un incidente stradale, ma anche determinazione del lucro cessante qualora il sinistrato avesse dovuto interrompere per un certo periodo di tempo la propria attività lavorativa) che non patrimoniale (determinando con precisione l’entità delle menomazioni patite, sia sotto il profilo dell’inabilità temporanea che dell’invalidità permanente).

L’analisi delle voci di danno

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Proprio nel contesto di tale attività di analisi dettagliata delle varie voci di danno che riguardano il soggetto vittima di sinistro, spesso se ne sottovaluta una che può avere una incidenza determinante, ovvero il danno patrimoniale futuro.

E’ evidente che, per inviare una richiesta perfetta ai sensi delle norme contenute nel Codice delle Assicurazioni, bisogna ad un certo punto “tirare le somme” e presentare un elenco (motivato e documentato!) di tutte le pretese risarcitorie, fotografando un’istantanea del danno che il sinistrato ha subìto.

Le ripercussioni negative di un sinistro

E’ però altrettanto evidente che le ripercussioni negative di un sinistro, molto spesso, si proiettano nel tempo anche dopo la liquidazione da parte della compagnia: pensiamo ad una persona che, in conseguenza di un incidente d’auto, non sia più autosufficiente e necessiti per il resto dei suoi giorni di assistenza infermieristica, o di cure riabilitative periodiche, o di riadattare la propria abitazione alle sopravvenute necessità.

Dal punto di vista lavorativo, la menomazione può determinare anche una limitazione della capacità lavorativa specifica, cioè può comportare come conseguenza l’impossibilità per il danneggiato di continuare a svolgere pienamente la propria attività professionale, con conseguente diminuzione (futura) del reddito da essa derivante.

Il lavoro da attività domestica

Ma a titolo di esempio possiamo citare anche il lavoro da attività domestica svolto da una casalinga. Seppure non remunerato in quanto svolto nell’ambito famigliare, si tratta comunque di una attività economicamente valutabile, e se chi rimane vittima di un incidente è costretto a sopportare una invalidità permanente tale da limitare la capacità di occuparsi dei figli o delle faccende di casa, costringendo il nucleo famigliare ad assumere una domestica, di sicuro subisce un danno patrimoniale futuro anche di una certa consistenza (sul punto si è espressa la Cassazione, con la sentenza n. 8403/2015 della III Sezione Civile).

Si tratta di una voce di danno che non è possibile determinare economicamente con precisione, per ovvi motivi. Pertanto si ricorre a valutazioni su base prognostica o fornendo la prova che il danno si produrrà secondo una ragionevole e fondata attendibilità. Sulla questione probatoria, in ogni caso, la Cassazione ha sempre affermato che il danno patrimoniale futuro debba essere documentato in maniera il più possibile dettagliato, e che pertanto non si possa fare riferimento a meccanismi automatici e presuntivi troppo generici e non calati effettivamente sulla fattispecie concreta in esame.

In altre parole, per poter ottenere un risarcimento dei danni patrimoniali futuri l’attività di documentazione dovrà essere precisa e minuziosa, diversamente potranno essere risarcite soltanto le voci di danno “statiche”.

Massimo Quezel

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