Le novità del reverse charge nell’ambito del settore energetico

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Nell’ ambito della Legge di Stabilità 2015, con la Circolare n.  14/E  del 27 marzo 2015,  l’Agenzia delle Entrate (A.d.E.) richiama le novità fiscali introdotte in materia di reverse charge (inversione contabile), dall’articolo 1, commi 629 e 631, della legge 23/12/2014, n. 190, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”, e, nello specifico, l’ integrazione dell’articolo 17 del DPR 26/10/1972, n. 633, che ha disposto l’estensione del meccanismo di assolvimento dell’IVA mediante reverse charge a nuove fattispecie nell’ambito del settore energetico, per arginare le evasioni da riscossione e le conseguenti frodi, a partire dal primo gennaio 2015.

Per reverse charge, s’ intende il meccanismo di inversione contabile che, ai sensi dell’ art. 17, quinto  comma del DPR 633 del 1972, permette al cedente/prestatore di non adempiere ad alcuni obblighi relativi all’assolvimento dell’IVA e di demandarne l’ assolvimento ai “soggetti passivi – rivenditori”, cessionari/committenti che, ai sensi della disposizione di cui all’art. 38, paragrafo 2, della Direttiva n. 112 del 2006 (recepita in Italia dall’ art. 7-bis), comma 3 lettera a) del DPR n. 633 del 1972), sono coloro i quali hanno come principale attività l’acquisto di gas, di energia elettrica, di calore o di freddo e la rivendita di tali prodotti.

Tutti gli Stati membri hanno adottato questo meccanismo, in conformità alla Direttiva 2006/69/CE del 24 luglio 2006 e in deroga alla procedura normale di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, secondo il sistema della rivalsa, per contrastare le frodi in particolari settori a rischio ed evitare che il cessionario porti in detrazione l’imposta che il cedente non versa all’erario.

Nella citata Circolare, l’ A.d.E. fornisce indicazioni in merito all’applicazione del reverse charge nel settore energetico, chiarendo le novità introdotte, compatibilmente con l’art. 199-bis della Dir. n. 06/112/CE,  dall’ aggiunta delle nuove lettere d-bis), d-ter) e d-quater) all’art. 17, sesto comma del DPR n. 633 del 1972, per l’applicazione, fino al 31 dicembre 2018, del reverse charge ai trasferimenti di quote di emissioni di gas a effetto serra (art. 3 della Direttiva n. 2003/87/CE) e ai trasferimenti di altre unità utilizzabili da parte dei gestori (in conformità con la Direttiva n. 2003/87/CE); ai certificati relativi al gas e all’energia elettrica e alle cessioni di gas e di energia elettrica ad un soggetto passivo-rivenditore (ai sensi dell’articolo 7-bis, comma 3, lettera a), il tutto per una durata non inferiore a due anni.

Le garanzie d’ origine del reverse charge sono state introdotte con il decreto legislativo 3/3/2011, n. 28 (che ha recepito la Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, modificando e  abrogando le direttive 2001/77/CE e 2003/30), per dare la possibilità ai fornitori di energia elettrica di provare ai clienti finali la quota o la quantità di energia derivante da fonti rinnovabili prevista dalla propria offerta energetica. Però, è con l’art. 3 della Direttiva n. 2003/87/CE che, nell’Unione Europea, è stato istituito un sistema per lo scambio di quote di emissioni di gas a effetto serra con l’ intento di ridurre le emissioni inquinanti e  di permettere agli Stati membri di ridurre le emissioni attraverso un meccanismo di acquisto o di vendita delle relative quote. L’ ordinamento italiano ha dato attuazione alle norme comunitarie con il decreto legislativo 4/4/2006, n. 216 e con il decreto legislativo 13/3/2013, n. 30.

Rientrano nell’ambito applicativo della norma i certificati che hanno finalità di incentivazione dell’efficienza energetica o della produzione di energia da fonti rinnovabili, cioè collegati al settore dell’ energia elettrica e del gas, quali i certificati verdi (introdotti nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 16/03/1999, n. 79); i titoli di efficienza energetica come i certificati bianchi (introdotti nel 2004 con i Decreti Ministeriali del 20/07/2004, “gas” e “energia elettrica” e modificati successivamente dal Decreto Ministeriale 21/12/2007 e 28/12/2012), e ogni altra garanzia di origine che consenta di accertare l’ ottemperanza degli obblighi relativi al rispetto ambientale, da parte degli operatori del settore, attraverso sistemi di efficientamento della produzione.

L’ambito applicativo della lettera d-ter) comprende anche le unità di riduzione delle emissioni (ERU) e le riduzioni certificate delle emissioni (CER) e le cessioni di gas e di energia elettrica al ‘soggetto passivo-rivenditore’.

Sono esclusi dall’ ambito applicativo del reverse charge le “cessioni di gas” (disposizione di cui alla lettera d-quater), che hanno come oggetto il Gas di Petrolio Liquefatto (GPL), sostanza più simile agli oli minerali che non ai gas che vengono vettoriali per mezzo di sistemi o reti di gas naturale.

Inoltre, la Circolare n. 54/E del 23/12/04 ha precisato che ai fini della individuazione, in capo al soggetto passivo-rivenditore, del requisito dell’acquisto e della rivendita, in via principale, di gas e di elettricità non è necessario avere riguardo verso il complesso delle attività svolte dal soggetto interessato, ma bisogna esaminare il comportamento dello stesso, in relazione ai singoli acquisti di gas ed elettricità. La circolare  dice anche che la qualificazione di “rivenditore”non viene meno se una parte del prodotto acquistato viene destinato a sopperire ai bisogni del soggetto stesso, nell’ambito ovviamente dell’esercizio della sua attività economica, a condizione che tale uso e consumo sia di trascurabile entità. Inoltre, le cessioni di gas e di energia elettrica ad un soggetto che non sia qualificabile come soggetto passivo-rivenditore”, secondo la definizione sopra riportata, bisogna applicare l’IVA  con le modalità ordinarie. Va da sé che restano escluse dall’ambito applicativo della disposizione in commento le cessioni di gas e di energia elettrica, effettuate nei confronti di un consumatore finale.

Bruno Antonio Malena

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