La Ragioneria dello Stato blocca i tagli lineari all’indennità di posizione dei dirigenti comunali

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L’indennità di posizione paga la sedia, l’indennità di risultato remunera chi vi è seduto sopra. La vecchia immagine plastica di questi due elementi che compongono la retribuzione dei dirigenti comunali (e del personale con incarico di posizione organizzativa) torna utile per comprendere l’orientamento della Ragioneria Generale dello Stato sui tagli lineari (contenuta nella nota prot. 54138 del 24/06/2013, del Ministero dell’Economia e delle Finanze).
Il valore della sedia prescinde dalle qualità di chi la occupa. L’indennità di posizione remunera il ruolo dirigenziale, contraddistinto dalla complessità organizzativa dell’Ente, differenziato dalle peculiarità della struttura, qualificato dalle responsabilità, interne ed esterne, che quel determinato posto obbliga ad assumersi.
Tutte le posizioni dirigenziali ed organizzative devono essere “pesate”, cioè valutate e rapportate con opportuni parametri di riferimento.
La metodologia, previa informativa sindacale ed eventuale concertazione, è adottata dall’organo esecutivo.
L’importo dell’indennità di posizione deve essere compreso tra il minimo ed il massimo stabiliti dai contratti collettivi nazionali di lavoro.
La “pesatura” tiene conto della complessità della gestione finanziaria, del gravame dei compiti di gestione delle risorse umane, tecniche e tecnologiche, delle incombenze di programmazione, della rete relazionale, e delle particolari competenze e conoscenze richieste per occupare quella “sedia”.
La “pesatura” è, quindi, una metodologia in netto contrasto con la linearità ed uniformità dei tagli.
Per questi motivi, la Ragioneria Generale dello Stato ha stabilito che è illegittimo il taglio lineare delle indennità di posizione dei dirigenti e del personale del Comune, aventi incarichi di “posizione organizzativa”.
Le economie derivanti dall’eventuale revisione dei compensi non possono essere destinate ad altre funzioni, ma devono essere trasferite al fondo della contrattazione decentrata per l’anno successivo.
Questo, evidentemente, vale per la retribuzione delle indennità di posizione che vengono pagate attingendo dal fondo e non per quelle pagate direttamente con il bilancio comunale.
La possibilità di destinare eventuali risparmi alle spese correnti non è conforme al dettato contrattuale che prevede l’integrale utilizzo delle risorse destinate alla contrattazione.
L’importo dell’indennità in godimento nel 2010 non può, però, nemmeno essere aumentato tranne che si registri il mutamento dei compiti assegnati.
Il d.l. n. 78/2010 sul tetto al trattamento economico individuale vieta, infatti, di aumentare la misura dell’indennità, anche in caso di cambio o di conferma del dirigente (la sedia rimane uguale, prescindendo dal soggetto che la occupa).
Una possibilità di aumento, però, è offerta dal d.l. n. 98/2011 che prevede l’eventualità di aumentare i fondi per la contrattazione decentrata con parte delle risorse derivanti dalla concretizzazione dei piani di risparmio.
La Ragioneria Generale dello Stato ha chiarito che le risorse dei fondi di contrattazione possono essere integrate con i risparmi di spesa derivanti dalla riduzione delle indennità di sindaci e assessori.
Per la RGS l’integrazione è coerente con le disposizioni di cui all’art.16, comma 4, del D.L.98/2011 (c.d. piani di razionalizzazione), purché siano rispettate formalmente le disposizioni legislative, ossia: a) la programmazione deve avvenire entro il 31.03 di ciascun anno e deve trattarsi di risparmi di spesa ulteriori rispetto a quelli previsti dalla normativa; b) il risparmio deve essere consuntivato e certificato dall’organo di revisione contabile; c) l’iscrizione di tale quota nell’anno successivo a quello in cui i risparmi sono stati certificati nel fondo delle risorse decentrate, quale risorse variabile non consolidata, da distribuire per fasce di merito secondo le disposizioni di cui al D.Lgs.150/09.
Gli effetti del blocco del trattamento economico, stabiliti fino al 2013, potranno essere prorogati, con un semplice Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, anche per l’anno 2014.
La norma sancisce che il trattamento economico nel triennio 2011/2013 “non può superare il trattamento ordinariamente spettante per l’anno 2010, al netto degli effetti derivanti da eventi straordinari della dinamica retributiva, ivi incluse le variazioni dipendenti da eventuali arretrati, conseguimento di funzioni diverse in corso d’anno”.
Il tetto è complessivo, interessando tanto il trattamento economico fondamentale (che, peraltro, è bloccato a seguito dello stop alla contrattazione collettiva nazionale), che quello accessorio, vincolo da cui devono essere sottratti i compensi legati a prestazioni effettivamente svolte (A. Bianco).
Per la sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Lombardia è illegittimo “qualsiasi immotivato aumento retributivo dell’indennità di responsabilità, a meno che tale aumento non sia riconducibile all’affidamento di ulteriori e specifiche responsabilità, nel contesto della riorganizzazione dell’ente (integrando la fattispecie delle funzioni diverse).
L’aumento di retribuzione per singolo dirigente è applicabile solo in presenza di un nuovo assetto organizzativo (accorpamento di aree organizzative, spostamento di competenze tra un’area e l’altra).
L’aumento del peso di una posizione dirigenziale o organizzativa coincide con la diminuzione di un’altra posizione (tranne casi eccezionali).
Le amministrazioni locali possono, quindi, “ripesare” le posizioni dirigenziali ed organizzative, ma non possono né effettuare tagli lineari né aumentare l’indennità a parità di condizioni organizzative.

Luciano Catania

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