Concorso magistratura 2015: dubbi di illegittimità

Redazione 27/11/14
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A pochi giorni dalla pubblicazione del bando per il concorso di magistratura 2015 è possibile fare una prima valutazione delle novità da esso introdotte in merito ai requisiti necessari per potervi accedere.

In particolar modo, novità di primissimo rilievo è la possibilità che i laureati in possesso di particolari requisiti, previsti dalla legge, e che abbiano svolto per 18 mesi uno stage formativo presso gli uffici giudiziari o la pratica forense presso l’Avvocatura dello Stato possano accedere, per ciò solo e senza necessità di frequentare una Scuola di specializzazione, al concorso.

Si tratta di una novità introdotta dall’art. 73 del decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, nel testo vigente a seguito dell’entrata in vigore del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con legge 11 agosto 2014, n. 114, e riservata ai soli laureati di età inferiore ai 30 anni e che abbiano conseguito un voto di laurea pari o superiore a 105 ovvero una media di almeno 27/30 negli esami di diritto costituzionale, diritto privato, diritto processuale civile, diritto commerciale, diritto penale, diritto processuale penale, diritto del lavoro e diritto amministrativo.

La ratio della disposizione sembrerebbe essere quella di agevolare gli studenti più meritevoli, garantendo loro una via di accesso al concorso meno onerosa rispetto a quella ordinaria.

Tuttavia, la norma non è esente da critiche e lascia residuare molti dubbi in relazione alla disparità di trattamento che la stessa crea in relazione agli aspiranti candidati cui, pur in possesso degli stessi requisiti di merito richiesti dalla legge, viene negato l’accesso al concorso per il solo fatto di aver svolto il periodo di pratica forense presso uno studio legale privato o presso avvocatura pubblica diversa dall’avvocatura dello Stato.

Tale disparità di trattamento configura profili di illegittimità costituzionale della norma in relazione agli artt. 2 e 3 Cost., dal momento che si tratta di una violazione irragionevole del principio di uguaglianza, il quale vieta di trattare in maniera diversa situazioni analoghe: non sembra, infatti, che intercorra una differenza tale, tra i due tipi di pratica, da giustificare l’introduzione di un tale discrimine.

E’ già successo: la Corte Costituzionale ha dichiarato, nel 2010, l’illegittimità di una previsione che “attribuisce rilievo decisivo ad un requisito di ordine meramente formale (era l’iscrizione all’albo forense) del quale non si comprende l’idoneità a rivelare il possesso, in capo all’aspirante magistrato, di una maggiore attitudine all’esercizio della funzione giudiziaria rispetto agli altri aspiranti solo abilitati a svolgere la professione di avvocato”.

Qui ciò che rileva è la differenza, sempre meramente formale, tra uno studio professionale pubblico (l’avvocatura dello Stato) e tutti gli altri studi professionali, sia privati che pubblici. Da ciò l’indubbia illegittimità della previsione normativa e, a cascata, del bando di concorso appena pubblicato, che esclude i praticanti provenienti da studi legali “privati” o da altri avvocature pubbliche diverse dall’avvocatura dello Stato.

Roma, 27 novembre 2014

avv. Carmelo Giurdanella
studio@giurdanella.it

 

 

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