Figli di un diritto minore

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Il libro di Angela Bruno merita di essere letto, deve essere letto. Sarebbe facile, scontato e banale, dire “perché è un buon libro”, “perché è scritto benissimo”, “perché racconta una storia intrigante ed affascinante”, tutte aggettivazioni doverose ed assolutamente rispondenti a realtà. Ma la verità è che “La calabaza e la scimmia” non è solo un libro, è una operazione culturale di grandissimo significato e rilievo, a mio avviso anche di natura sociale.

Scritto da un’Autrice giurista di eccellente abilità di penna, è il riscatto di un mondo – quello del Diritto – troppo frequentemente invaso dagli “azzeca garbugli”, dai “Pico della Mirandola”, dai “faccendieri praticoni” che hanno venduto la propria anima, prima che la loro testa ed il loro cuore, al mercato dei risultati pratici nel senso più gretto e più bieco del termine.

Nel romanzo di Angela Bruno risulta esaltata l’essenza profonda di un Diritto diverso, argano occulto e potente in grado di portare alla luce e salvare – non importa se più meno indirettamente – un’anima in preda ad amari conflitti interiori, frutto di una ingiustizia le cui radici risalgono a tempi ancora anteriori alla sua stessa nascita.

Sara – protagonista del romanzo, bersaglio innocente di un torto subito da una giovane madre ancora fanciulla – diventa la dimostrazione vivente di come il Diritto, pur come forza a contrario, possa avere la forza e la magia di condurre a quella vittoria demiurgica lucidamente intuita da Platone, a quel perfetto equilibrio ordinatore tra dolore, sofferenza, speranza e serenità finale.

Se il Diritto “pratico” rappresenta per Sara il più immediato ed istintivo appiglio per placare la bramosia ed il desiderio di una giustizia da reclamare “in nome e per conto” di una madre seppellita con l’onta del disonore, sarà proprio il superamento di questo Diritto “minore” – fatto di cause e di giudizi all’insegna di beghe da cortile – a condurla per mano su un gradino più alto, a proiettarla verso una dimensione di ritrovata rinascita interiore, a regalarle la consapevole riappropriazione di una vita intimamente riconciliata con sé stessa e con il mondo esterno.

La decisione di ripudiare la strada del diritto tribunalesco aprirà gli orizzonti ad una forza morale definitivamente emancipata dalla zavorra dei sentimenti negativi e da incerte – quanto devastanti e deleterie – future vendette.

Romanzo di rara efficacia linguistica e contenutistica. Autrice di straordinaria bravura in grado di descrivere, con la cura e la dovizia di un antico maestro d’arte, tutti i colori del cuore nelle sue più recondite e misteriose sfaccettature.

Franzina Bilardo

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