Dimissioni e NASpI: guida per non perdere l’indennità di disoccupazione

Paolo Ballanti 28/03/24
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L’indennità di disoccupazione NASpI ha l’obiettivo di assicurare un sostegno economico da parte dell’Inps a coloro che perdono involontariamente il posto di lavoro e si trovano pertanto in stato di disoccupazione.

Posto che in determinate situazioni il diritto alla NASpI ricorre anche a fronte delle dimissioni del lavoratore, analizziamo in dettaglio come fare per non perdere il diritto al sussidio.

Indice

I requisiti per ottenere la NASpI

L’indennità di disoccupazione NASpI spetta, previa domanda all’Inps, al ricorrere di due requisiti:

  • stato di disoccupazione;
  • 13 settimane di contributi totalizzate nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, purché per essere risulti, anno per anno, complessivamente erogata o dovuta una retribuzione non inferiore ai minimi settimanali (come contribuzione utile al diritto si deve considerare anche quella dovuta ma non versata).

Lo stato di disoccupazione

Per quanto di nostro interesse concentriamoci sul requisito dello stato di disoccupazione. Quest’ultimo, in particolare:

  • deve sussistere per tutto il periodo di fruizione dell’indennità;
  • presuppone l’assenza di un impiego di lavoro subordinato o autonomo, la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro e la stipulazione di un patto di servizio.

Stato di disoccupazione con limiti di reddito
Lo stato di disoccupazione ricorre non solo in assenza di impiego ma altresì per i lavoratori con reddito pari o inferiore a:

  • 8.500 euro annui per i lavoratori subordinati;
  • 5.500 euro annui per i lavoratori autonomi.

Stato di disoccupazione involontario

La NASpI spetta a patto che lo stato di disoccupazione sia involontario.

Di conseguenza, danno diritto alla prestazione, in presenza del requisito contributivo, le ipotesi di interruzione del contratto a seguito di:

  • licenziamento, compreso quello di tipo disciplinare;
  • risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta in sede protetta ovvero in ragione del rifiuto di trasferimento del lavoratore ad altra sede della stessa azienda, purché distante oltre 50 km dalla residenza o raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici;
  • recesso da parte del curatore o risoluzione di diritto del contratto, nel corso della procedura di liquidazione giudiziale.

Sono ammessi alla fruizione della NASpI anche quanti, a seguito del licenziamento, accettano l’offerta economica proposta dal datore di lavoro, nell’ambito della conciliazione agevolata.

Per le dimissioni spetta la NASpI?

Le dimissioni ordinarie, essendo un’ipotesi di recesso unilaterale per volere del dipendente, non permettono l’accesso alla NASpI, dal momento che manca il requisito della disoccupazione involontaria.

Esistono tuttavia una serie di ipotesi che, in deroga a quanto appena descritto, permettono comunque l’accesso alla NASpI (in presenza naturalmente degli altri requisiti). Ci riferiamo in particolare a:

  • dimissioni per giusta causa;
  • dimissioni rassegnate durante il periodo tutelato di maternità, ossia da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del bambino, nonché di paternità, nel caso di fruizione del congedo di paternità obbligatorio o del congedo di paternità alternativo.

NASpI e dimissioni per giusta causa

Le dimissioni per giusta causa sono equiparate ai licenziamenti e alle altre ipotesi di perdita involontaria dell’occupazione, dal momento che le stesse ricorrono a fronte di un grave inadempimento dl datore di lavoro, tale da non permettere la prosecuzione, nemmeno provvisoria, del rapporto.

Le casistiche in cui ricorre la giusta causa sono individuate dalla giurisprudenza, di merito e di Cassazione:

  • mancato o ritardato pagamento della retribuzione;
  • omesso versamento dei contributi;
  • Comportamento ingiurioso del superiore gerarchico;
  • pretesa da parte del datore di lavoro di prestazioni illecite;
  • molestie sessuali perpetrate dal datore di lavoro;
  • significativo svuotamento del numero e del contenuto delle mansioni, tale da determinare un pregiudizio al bagaglio professionale del lavoratore;
  • mobbing;
  • imposizione al lavoratore, che ha scelto di lavorare durante il preavviso, di godere le ferie residue con sovrapposizione di queste al periodo di preavviso.

> Ecco alcuni casi concreti di dimissioni per giusta causa

Come compilare le dimissioni telematiche?
Nel presentare le dimissioni telematiche attraverso l’apposito portale ministeriale “servizi.lavoro.gov.it” il lavoratore dimessosi per giusta causa deve indicare, in corrispondenza del campo “Tipo Comunicazione” la voce “Giusta Causa.

Il portale, pur non essendo un’informazione obbligatoria, concede all’utente 500 caratteri per indicare il motivo all’origine dell’interruzione del contratto.

Cosa presentare all’Inps?
In caso di richiesta della NASpI a fronte delle dimissioni per giusta causa, l’Inps ha chiarito con la Circolare del 20 ottobre 2003 numero 163 che l’utente è tenuto a “corredare la domanda con una documentazione (dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui agli articoli 38 e 47 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000) da cui risulti almeno la sua volontà di difendersi in giudizio nei confronti del comportamento illecito del datore di lavoro”.

Lo stesso lavoratore deve impegnarsi a comunicare l’esito della controversia giudiziale o extragiudiziale.

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Cosa deve fare il datore di lavoro?
Ricevute via posta elettronica certificata (PEC) le dimissioni per giusta causa, il datore di lavoro è tenuto a:

  • inviare il modello telematico UniLav di cessazione indicando l’ultimo giorno di vigenza del contratto e l’evento di dimissioni per giusta causa;
  • comunicare all’Inps nel modello UniEmens da trasmettere mensilmente all’Istituto il codice cessazione “1S”, specifico per le dimissioni per giusta causa;
  • versare all’Inps il contributo aziendale di recesso (se ad interrompersi è un rapporto di lavoro a tempo indeterminato).

Dimissioni nel periodo tutelato di maternità/paternità

Nelle ipotesi di dimissioni presentate nel periodo tutelato di maternità / paternità sopra descritto, i lavoratori devono, se ne ricorre l’ipotesi, procedere, anziché alla presentazione telematica delle dimissioni, alla convalida delle stesse.

La convalida dev’essere effettuata esclusivamente dal servizio ispettivo del Ministero del lavoro, istituito presso l’ITL competente per territorio.
Sono soggette a convalida, le dimissioni presentate:

  • dalla lavoratrice durante il periodo di gravidanza;
  • dalla lavoratrice o dal lavoratore nel corso dei primi 3 anni di vita del bambino.

Per quanto riguarda gli adempimenti a carico del datore di lavoro valgono le stesse indicazioni fornite per le dimissioni per giusta causa.

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