Detrazione Iva errata: i dubbi sulla sanzione prevista

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Permangono ancora dubbi sull’applicabilità della sanzione prevista dall’art. 6, comma 6, del d.lgs. 18/12/1997, n. 471, relativamente all’esercizio della detrazione Iva esercitata non correttamente.

La norma, nel testo in vigore fino al 31/12/2017, recitava: “chi computa illegittimamente in detrazione l’imposta assolta, dovuta o addebitatagli in via di rivalsa, è punito con la sanzione amministrativa pari al 90% dell’ammontare della detrazione compiuta”.

Per effetto dell’art. 1, comma 935, della l. 27/12/2017, n. 205, a decorrere dal 1/1/2018 sono stati aggiunti i seguenti periodi: “In caso di applicazione dell’imposta in misura superiore a quella effettiva, erroneamente assolta dal cedente o prestatore, fermo restando il diritto del cessionario o committente alla detrazione ai sensi degli artt. 19 e seguenti del d.p.r. 26/10/1972, n. 633, l’anzidetto cessionario o committente è punito con al sanzione  amministrativa compresa tra 250 euro e 10.000 euro. La restituzione è esclusa qualora il versamento sia avvenuto in un contesto di frode fiscale”.

Il quadro sanzionatorio si complica poiché (art. 6, comma 6):

  • se è esercitata illegittimamente la detrazione dell’IVA, si applica la sanzione proporzionale del 90% dell’imposta indebita;
  • se l’emittente ha errato applicando un’imposta superiore a quella effettiva, erroneamente assolta, il cessionario o committente, fermo il diritto alla detrazione, è punito con la sanzione compresa tra 250 e 10.000 euro.

La Corte di cassazione, con la sentenza 3/11/2020, n. 24289, è intervenuta sull’argomento richiamando le pronunce della Corte di giustizia dell’Unione europea secondo cui “l’esercizio del diritto di detrazione è circoscritto alle imposte corrispondenti ad un’operazione soggetta all’IVA e versate in quanto dovute” (da ultimo, in CGUE 15/3/2007, in causa c-35/05, Reemtsa Cigarettenfabriken GmbH, p.to 23).

Trasferendo il principio nell’ambito del citato art. 6, comma 6, la norma per  effetto di un attenta lettura va interpretata correttamente nel senso che la sanzione è irrogabile soltanto in presenza di “operazioni imponibili, allorquando sia stata corrisposta l’IVA in base ad un’aliquota superiore a quella effettivamente dovuta e non anche con riferimento alle ipotesi …. di operazioni non imponibili”. Fatta tale precisazione, la sentenza ha enunciato il seguente principio di diritto: “la menzionata disposizione si applica unicamente alla diversa ipotesi in cui, a seguito di un’operazione imponibile, l’IVA sia stata erroneamente corrisposta sulla base di un’aliquota maggiore rispetto a quella effettivamente dovuta”.

La sentenza produce anche i suoi effetti sanzionatori differenziati in relazione all’irregolarità poiché secondo al risoluzione 3/8/2021, n. 51/E, è irrogata la sanzione :

  1. proporzionale pari al 90% della detrazione che è stata operata dal cessionario/committente in maniera illegittima quando l’IVA è stata assolta, dovuta o addebitata in via di rivalsa;
  2. nella misura fissa da 250 a 10.000 se il cessionario/committente ha esercitato la detrazione in misura superiore a quella che è effettivamente dovuta o assolta in maniera errata dal cedente/prestatore, (ad es., l’aliquota applicata del 22% e non quella corretta del 10%) ma senza intaccare il suo diritto al diritto di detrazione).

In altri termini, l’IVA non può essere detratta “in riferimento ad un’operazione non imponibile (ovvero, mutatis mutandis, in riferimento ad un’operazione esente); il diritto alla detrazione spetta solo se l’errore commesso dal cedente/prestatore riguarda l’applicazione di un ‘aliquota maggiore rispetto a quella dovuta”.

Fermo il principio che la detrazione illegittima dell’IVA debba essere oggetto di irrogazione della sanzione, il principio di neutralità dell’IVA dovrebbe permanere senza irrogazione di sanzioni anche quando è stata applicata un’aliquota superiore a quella effettivamente applicata come è espressamente previsto dal secondo periodo del comma 6 dell’art. 6 del d.lgs. 18/12/1997, n. 471. Tuttavia, secondo al risoluzione 3/8/2021, n. 51/E, è stato negato il diritto alla detrazione se l’IVA è stata erroneamente corrisposta in relazione ad un’operazione non imponibile o esente o esclusa (anche se il tributo può esser rimborsato con eccezione per il caso di frode fiscale).

Questa precisazione, però, non considera l’evoluzione della giurisprudenza.

L’argomento è stato oggetto di un’ulteriore intervento della Corte di cassazione (sentenza 21/4/2021, n. 10439) secondo cui non è sanzionato il cessionario/committente che ha esercitato correttamente la detrazione secondo l’aliquota prevista e non per l’intero importo nella fattura. Ma se la detrazione è stata fatta in maniera integrale, avendo come presupposto proprio il possesso della fattura, documento che legittima la detrazione, l’amministrazione finanziaria non subisce, oggettivamente alcun danno, fatta eccezione di fraudolenza che, associata all’indetraibilità, e punita anche con la mancata restituzione dell’imposta.

La negazione della detrazione dell’IVA corrisposta in riferimento  ad un’operazione non imponibile, esente o esclusa da IVA trova il suo rimedio, in modo alquanto contorto, con l’art. 30-ter del d.p.r. 26/10/1972, n. 633, secondo cui:

  • il soggetto passivo presenta la domanda di restituzione dell’imposta non dovuta, a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del suo versamento ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione;
  • nel caso di applicazione di un’imposta non dovuta ad una cessione di beni o ad una prestazione di servizi, accertata in via definitiva dall’amministrazione finanziaria, la domanda di restituzione può essere presentata dal cedente o prestatore entro il termine di due anni dalla data di avvenuta restituzione al cessionario o committente dell’importo pagato in via di rivalsa a seguito dell’azione civile avviata da questi nei confronti dell’emittente della fattura.
  • la restituzione dell’imposta è esclusa se il versamento è avvenuto in un contesto di frode fiscale.

La problematica è lungi dall’essere conclusa, ma è significativo ricordare la norma di comportamento 28/7/2021, n. 214, dell’Associazione Italiana Dottori Commercialisti: “La detrazione dell’IVA, se assolta dal cedente o prestatore e al di fuori di frode fiscale, deve essere riconosciuta in tutti i casi di errata applicazione dell’imposta in misura superiore a quella dovuta. Il diritto alla detrazione compete, pertanto, anche se l’operazione è stata erroneamente assoggettata ad imposta pur essendo esclusa, non imponibile o esente da IVA e non solo quando è stata applicata un’aliquota IVA superiore a quella effettiva. Il diritto nazionale che ammette il diritto alla detrazione è conforme alla normativa euro-unionale alla luce dei principi di neutralità, effettività e non discriminazione”.

Sergio Mogorovich

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