I controlli sul Plafond Iva 2021: nuove restrizioni, verifiche e conseguenze

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I “falsi esportatori abituali” non potranno più ricevere dai loro fornitori fatture senza l’addebito dell’IVA ai sensi del secondo comma del d.p.r. 26.10.1972, n. 633.

Secondo i commi da 1079 a 1081 della l. 30.12.2020, n. 178, l’Agenzia delle entrate bloccherà sia le dichiarazioni di intento emesse per beneficiare della sospensione di imposta sia le fatture elettroniche inerenti.

Il compito non è semplice poiché l’esportatore è considerato “abituale” se nell’anno solare precedente (ovvero nei 12 mesi precedenti) ha realizzato esportazioni e/o cessioni intracomunitarie, operazioni assimilate di cui all’art. 8-bis alle esportazioni o servizi internazionali per un ammontare superiore al 10% del volume d’affari, determinato senza tenere conto delle cessioni di beni in transito o depositati nei luoghi soggetti a vigilanza doganale o non soggette all’IVA ai sensi degli artt. da 7 a 7-septies.

Va ricordato che l’operatore, verificato ciò, non deve effettuare alcuna comunicazione preventiva anteriormente al primo acquisto agevolato (escluse le aree fabbricabili e i fabbricati) dell’anno successivo poiché l’art. 1 del d.l. 31.5.1994, n. 330, ha soppresso tale obbligo: la comunicazione va fatta a posteriori nella dichiarazione annuale, esponendo sia il plafond formatosi nell’anno precedente sia quello che è stato utilizzato nel corso dell’anno (ad es., rispettivamente quello maturato nel 2020 e quello utilizzato nel 2021).

L’innovazione prevede che l’amministrazione finanziaria effettui “specifiche analisi di rischio orientate a riscontrare la sussistenza delle condizioni previste dalla normativa e le attività di controllo “finalizzate all’inibizione del rilascio e all’invalidazione di lettere d’intento illegittime”.

L’effetto non è immediato poiché è demandato ad un provvedimento che stabilirà le modalità operative della disciplina.

Qualora dai riscontri emerga l’assenza delle condizioni per beneficiare degli acquisti in sospensione dell’IVA, “al contribuente è inibita la facoltà di rilasciare nuove dichiarazioni d’intento tramite i canali telematici dell’Agenzia delle entrate.

Con la lettera dì intento il contribuente dichiara di possedere i requisiti richiesti per beneficiare dell’agevolazione e chiede al fornitore di emettere la fattura senza l’addebito dell’imposta (o alla dogana di non applicarla sull’importazione). Tale dichiarazione, a decorrere dal 2.3.2020, non deve essere inviata al fornitore prima di effettuare l’acquisto ma solo inviata all’Agenzia delle entrate che ne rilascia telematicamente la ricevuta cui è stato attribuito il numero di protocollo di avvenuta ricezione.

Secondo il legislatore, l’esportatore non ha alcun obbligo di consegnare l’atto completo degli estremi di protocollazione al fornitore, anche se, nella pratica commerciale, è ovvio che vengano segnalate a quest’ultimo la richiesta di non applicazione dell’IVA, del numero di partita IVA e dei dati dell’acquirente e dell’ammontare dei corrispettivi oggetto del beneficio.

Con procedura del tutto singolare, l’art. 7 del d.lgs. 18.2.1997, n. 471, impone precisi obblighi a carico del fornitore il quale:

  • prima di effettuare la cessione o la prestazione, deve prelevare le informazioni necessarie della lettera di intento dal sito internet dell’Agenzia delle entrate, accedendo al proprio cassetto fiscale; l’omissione del riscontro fatto è punita con la sanzione dal 100% al 200% dell’imposta, per cui è d’obbligo procedere alla verifica, acquisendone copia. La procedura è un obbligo secondo l’innovazione normativa poiché è necessario verificare se è stata inibita la facoltà dell’esportatore di effettuare acquisti agevolati, pena l’irrogazione della sanzione per la fattura emessa senza l’addebito dell’IVA;
  • indicare nella fattura emessa gli estremi del protocolli di ricezione della dichiarazione di intento attribuito dall’agenzia delle entrate;
  • non deve elencare le dichiarazioni di intento ricevute nella dichiarazione annuale IVA né di annotarle in apposito registro entro il termine di 15 giorni successivi alla verifica telematica.

Nel caso di importazione, l’importatore deve indicare gli estremi della protocollazione nella dichiarazione doganale.

Il fornitore deve verificare nel proprio cassetto fiscale la presenza della dichiarazione di intento che legittima l’applicazione dell’agevolazione: se l’Agenzia delle entrate la respinge, la fattura deve essere emessa applicando l’IVA. Se la fattura elettronica evidenzia il numero di protocollo di una lettera di intento invalidata, il sistema di interscambio (SDI) inibisce l’emissione di tale documento che riporta il “codice natura” N.35.

Ma non basta: la condizione di “falso esportatore” non permette di rilasciare nuove dichiarazioni di intento.

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Sergio Mogorovich

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