Cassa Integrazione: cosa cambia in busta paga per ferie, tredicesima, quattordicesima, tfr, malattia e infortuni

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Durante la fase di emergenza epidemiologica da Covid-19 molti lavoratori hanno dovuto fare i conti con la cd. “cassa integrazione guadagni”. Si tratta di un ammortizzatore sociale in costanza di rapporto di lavoro che permette appunto all’impresa di sospendere temporaneamente, in modo totale (CIG a zero ore) o parziale, l’attività lavorativa.

A seconda del settore di appartenenza dell’azienda, si applica un istituto differente. Ad esempio, per le imprese del settore industriale si applica la CIGO, ossia la cassa integrazione guadagni ordinaria. Per le imprese, invece, che non hanno accesso alla CIGO, intervengono i cd. “Fondi” i quali possono essere di vario tipo: bilaterali, bilaterali alternativi ovvero di integrazione salariale (FIS). Solo in via residuale interviene la cassa integrazione in deroga (CIGD). È un istituto accessibile previa richiesta alla Regione di appartenenza e solo se l’impresa non può accedere alle predette forme di integrazione salariale.

Gli ultimi mesi sono stati fortemente caratterizzati dall’impiego di tali istituti, in quanto molte attività sono state costrette a sospendere l’attività durante il lockdown per combattere il propagarsi del virus. Ciò ha influenzato notevolmente la retribuzione dei lavoratori sotto molti aspetti, non soltanto retributivo ma anche e soprattutto per quanto concerne: le ferie, la tredicesima, la quattordicesima (cd. mensilità aggiuntiva), il tfr, la malattia e l’infortunio.

Vediamo quindi nel dettaglio come influiscono i predetti istituti nella busta paga in concomitanza della cassa integrazione guadagni ordinaria.

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Cassa Integrazione: tredicesima e quattordicesima

Partiamo dalla tredicesima e quattordicesima mensilità. Si ricorda, in via preliminare, che la tredicesima – in via generale – viene solitamente erogata nel mese di dicembre (prima di Natale). La quattordicesima, invece, non spetta a tutti i lavoratori ma occorre osservare se il CCNL applicato dall’azienda prevede l’erogazione della somma aggiuntiva. L’erogazione, in quest’ultimo caso, viene effettauta di regola nel mese di luglio.

Una domanda che molti lavoratori ma anche datori di lavoro si stanno ponendo è: chi paga la tredicesima e quattordicesima durante la CIG?

Innanzitutto, partiamo dicendo che il rateo non matura se la cassa è pari o superiore a 15 giorni nel corso del mese.

Ciò detto, la tredicesima per il periodo di cassa integrazione a zero ore, che in linea generale è l’80% della retribuzione, viene pagata sempre dall’INPS. Analogo discorso vale per la quattordicesima.

Prima di tutto bisogna fare una distinzione tra CIG a zero ore e CIG a orario ridotto. Prendiamo il caso di un cassaintegrato per la durata di 8 settimane, ossia 2 mesi. Quindi:

  • nel caso della cassa integrazione a zero ore, la tredicesima non viene calcolata per i due mesi di sospensione. Ciò significa che nel computo finale questa verrà calcolata solo su 10 mensilità. Per i due mesi di cassa integrazione il lavoratore percepirà dall’INPS l’80% della retribuzione comprensiva del rateo di tredicesima;
  • nel caso della cassa integrazione a orario ridotto, invece, la tredicesima verrà doppiamente calcolata. Una volta per il calcolo finale sulle ore lavorate e un’altra sull’indennità dell’INPS per la parte delle ore non lavorate.

Cassa Integrazione: le ferie

Le ferie, come noto, è un istituto inderogabile di legge. Nel senso che il lavoratore non può rinunciarvi e deve goderne per una durata di 4 settimane. Chiaramente la durata è condizionata dal periodo di lavoro, ossia se il lavoratore ha prestato l’attività lavorativa per l’intero anno. Infatti, il periodo feriale spetta in misura proporzionale al lavoro svolto. In via generale, il rateo di ferie matura se il lavoratore ha lavorato per una durata pari o superiore a 15 giorni nel corso del mese.

Cassa Integrazione: assegno familiare

Passiamo ora agli assegni per il nucleo familiare. Tale istituto spetta in misura variabile al numero dei componenti il nucleo familiare e al reddito posseduto dai membri. Inoltre, l’ANF è erogato in misura intera se il contratto di lavoro è di almeno 24 ore settimanale e spetta solamente se il 70% del reddito complessivo del nucleo familiare deriva da reddito di lavoro dipendente.

In via generale, durante l’integrazione salariale il lavoratore continua a ricevere l’ANF mensilmente. Tuttavia, non spetta indistintamente in tutti i casi ma esclusivamente qualora si parla di CIG. Nessun emolumento è erogato, quindi, per chi percepisce il Fondo di integrazione salariale o il Fondo di integrazione salariale bilaterale alternativo

Cassa Integrazione: il TFR

Nulla cambia in merito alla maturazione del TFR, ossia del trattamento di fine rapporto. Quindi, anche durante la cassa integrazione, ma generalmente in ogni altri ipotesi, matura il 100% del TFR. Pertanto, quando cessa il rapporto di lavoro, il lavoratore si vedrà riconosciuto anche i periodi di cassa integrazione

Cassa Integrazione: la maternità

Analogo discorso può essere fatto anche per la maternità. Quindi, la CIG è ininfluente sotto il punto di vista dell’indennità di maternità, sia in termini retributivi sia normativi.

Cassa Integrazione: la malattia

In caso di malattia, occorre distinguere se la sospensione del lavoro è totale o parziale.

Laddove l’evento di malattia colpisce il lavoratore durante la cassa integrazione guadagni a zero ore, che prevede la totale sospensione dal lavoro, quest’ultimo continuerà ad usufruire delle integrazioni salari. Poiché l’attività lavorativa è sospesa al 100%, il lavoratore non ha l’obbligo di comunicare lo stato di malattia. Quindi, si continuerà a percepire normalmente l’integrazione salariale.

Qualora lo stato di malattia sia precedente l’inizio della sospensione dell’attività lavorativa, l’INPS ha affermato che possono verificarsi due casi specifici:

  1. se la totalità del personale in forza all’ufficio, reparto, squadra o simili cui il lavoratore appartiene ha sospeso l’attività, anche il lavoratore in malattia entrerà in CIG dalla data di inizio della stessa;
  2. qualora, invece, non viene sospesa dal lavoro la totalità del personale in forza all’ufficio, reparto, squadra o simili cui il lavoratore appartiene, il lavoratore in malattia continuerà a beneficiare dell’indennità di malattia, se prevista dalla vigente legislazione.

Per quanto riguarda la CIG ad orario ridotto, ossia caratterizzata da una contrazione dell’attività lavorativa, l’INPS ha specificato che prevale l’indennità economica di malattia. Le regole per la cassa integrazione salariale ordinaria si applicano in via analogica alla CIG in deroga.

Cassa Integrazione: l’infortunio

Infine, durante il periodo di inabilità temporanea conseguente ad un infortunio sul lavoro o ad una ricaduta collegata ad un infortunio, il trattamento di CIG viene sospeso e sostituito dall’indennità INAIL nella misura intera.

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Mai come in questo periodo il tema degli ammortizzatori sociali è stato così sentito dall’intero sistema produttivo. In occasione della pandemia Covid19 ed alle conseguenti chiusure degli esercizi commerciali e dei siti produttivi il ricorso agli ammortizzatori sociali ha coinvolto praticamente tutto il mondo del lavoro. Un vero stress-test dell’impianto disegnato dal D.lgs 148/15. Il decreto legislativo, inserito nella più ampia manovra passata alla storia come JobsAct, traendo esperienza dalla crisi del 2009 ha previsto al fianco degli ammortizzatori sociali “storici” (il sistema della cassa integrazione ordinaria e straordinaria) una copertura rispetto a settori, fino a quel momento, poco interessati alla gestione di temporanee crisi d’impresa. Le considerazioni che si possono fare a valle del dramma Coronavirus, ed alle conseguenze che lo stesso ha determinato nel mondo del lavoro ed al nuovo assetto che ne deriva degli ammortizzatori sociali, sono diverse. Partirei dal porre quattro questioni che ritengo primarie:1) ha senso disegnare tanti sistemi e procedure diverse per affrontare i medesimi problemi? Non sarebbe più corretto giungere ad un meccanismo unico per rispondere alle crisi d’impresa?2) in che rapporto si deve porre sistema di ammortizzatori conservativi con un meccanismo di politiche attive del lavoro che favorisca la mobilità e la ricollocazione della forza lavoro?3) se il beneficiario dell’ammortizzatore sociale è il lavoratore come inquadrare l’inadempienza contributiva del datore di lavoro? Quali le sue conseguenze?4) chi deve pagare il sistema di ammortizzatori sociali? Il mondo del lavoro o la fiscalità generale?Sono quesiti importantissimi quelli che ci lascia come eredità la crisi della pandemia del 2020. Per provare a fornire una complessiva, sia pure in termini generali, risposta ritengo che sia necessario partire dalla valutazione di quello che ha funzionato e quello che non ha funzionato in questi mesi.Avere tanti strumenti differenti suddivisi per tipologia e dimensione d’impresa crea una difficoltà enorme di gestione del sistema obbligando sia gli operatori professionali (consulenti del lavoro) che la PA ad impiantare, conoscere e manutenere sistemi tecnologici differenti. La tecnologia in una situazione del genere diventa un amplificatore di burocrazia. Esattamente il contrario dell’approccio digitale ai problemi. Un sistema non si semplifica trasformando moduli cartacei in digitali, si semplifica utilizzando l’analisi digitale per un suo ripensamento. Quindi uno strumento “tagliato su misura” per ogni impresa non diventa sinonimo di strumento idoneo, al contrario crea una babele di procedure nella quale è difficile districarsi. A tutto ciò deve aggiungersi che il D.lgs 148 ha previsto la creazione di ammortizzatori sociali di comparto, i fondi bilaterali, creati dalle forze sociali di settore. Un simile impianto prevede un presupposto fondamentale. La chiarezza di chi sia rappresentativo di un settore e quale sia la contrattazione collettiva di effettivo riferimento. Senza di ciò il sistema di finanziamento di questi fondi rischia di entrare in quel complesso di dubbi interpretativi che ha sempre accompagnato gli istituti presenti nella cd. “parte obbligatoria” del CCNL alla stregua degli enti bilaterali, della sanità integrativa o della previdenza complementare. In definitiva se non si parte dalla vigenza erga omnes di talune disposizioni diventa impossibile pretendere la contribuzione e, conseguentemente in un sistema puramente assicurativo, la prestazione.Veniamo al punto successivo. In mancanza di contribuzione manca la prestazione. Questo è evidente in un impianto assicurativo classico ma il concetto è difficilmente traslabile in un meccanismo di sicurezza sociale in cui il contraente (datore di lavoro) ed il beneficiario (lavoratore) sono soggetti diversi. La prestazione consente di evitare il licenziamento del lavoratore ed il mantenimento del rapporto di lavoro sia pure in fase di temporanea sospensione. Si evita di generare disoccupazione involontaria. Pertanto, in ossequio all’art. 38 Cost., dovrebbe valere, per ogni tipologia di ammortizzatore, il principio dell’automaticità della prestazione fermo restando l’obbligo contributivo del datore di lavoro.   Altro tema importante è quello relativo alla funzione propria degli ammortizzatori sociali. Il nome stesso “ammortizzatore” evoca la funzione di quel meccanismo che serve ad evitare colpi improvvisi ed a superare dossi o avvallamenti stradali con il minor danno possibile. Sul punto il richiamato D.lgs 148/15 aveva ben introdotto meccanismi che impedissero l’attivazione degli strumenti per funzioni diverse (pensiamo al caso di cessazione dell’attività aziendale) promuovendo in tali circostanze meccanismi di presa in carico del lavoratore da parte dei servizi di ricollocazione con supporto della assicurazione sociale per l’impiego (naspi). Negli anni questi concetti sono stati un po’ lasciati in disparte dal sistema che ha preferito “tornare all’antico” accantonando la ricollocazione dei lavoratori, propria delle politiche attive del lavoro, e privilegiando il sostegno al mancato reddito riprendendo quindi temi di politiche passive del lavoro. Un meccanismo così impostato rende difficile ipotizzare riprese occupazionali visto anche il dichiarato e mai realizzato potenziamento tecnico/organizzativo dei centri per l’impiego ai quali l’avvento della figura dei “navigator” non ha fornito alcun beneficio concreto.Ultimo tema sollevato è quello relativo al finanziamento degli ammortizzatori sociali. La questione è molto ampia e delicata. Mi limito solo a segnalare che la risposta dipenderà dalla funzione che il sistema darà agli stessi. Se rimanessero nell’alveo di uno strumento temporaneo di “sicurezza aziendale” il loro costo non potrà che essere a carico delle imprese e dei lavoratori. Se invece si evolvesse a meccanismo di generale ed universale difesa dalla povertà (reddito di cittadinanza), ancorchè temporanea, del lavoratore potrebbe aprirsi un tema di riconsiderare come destinatario del costo non il mondo del lavoro ma l’intera collettività. In questo caso l’aggravio per la fiscalità generale sarebbe compensato dal minor onere per le imprese che potrebbe tradursi con maggior gettito salariale e quindi maggior introito fiscale.Tematiche ampie e strutturali. Sicuramente lo stress test Covid19 non passerà inosservato anche in tema di ammortizzatori sociali che saranno probabilmente ristrutturati. Come ogni crisi, anche questa, avrà come conseguenza elementi di miglioramento. L’economista Joseph Schumpeter insegnava che proprio dalla crisi, la cui etimologia greca fa riferimento al cambiamento, deriva ogni miglioramento sociale. Speriamo valga anche questa volta.Paolo Stern – presidente Nexumstp S.p.A.Paolo SternConsulente del Lavoro in Roma. Socio fondatore di Nexumstp Spa. Autore di numerose pubblicazioni in materia di lavoro e relatore a convegni e seminari. Professore a contratto presso università pubbliche e private.Sara Di NinnoDottore in Scienze politiche e Relazioni internazionali, collaboratrice area normativa del lavoro presso Nexumstp Spa. Specializzata in Diritto del lavoro e Relazioni industriali, è dottore di ricerca in Diritto pubblico, comparato ed internazionale, con tema di ricerca in Diritto del lavoro internazionale, e docente in corsi di formazione in materia di disciplina del rapporto di lavoro.Massimiliano Matteucci Consulente del Lavoro in Roma, Socio Nexumstp spa. Laureato in Economia. Specializzato in normativa di Diritto del lavoro e previdenza sociale. Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto del lavoro dell’Università La Sapienza di Roma e preso l’Università Niccolò Cusano di Roma. Membro del Centro Studi dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro Roma, relatore a convegni e seminari. È articolista per la rivista TWOC dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma. Consulente Asseveratore Asseco.Lorenzo Sagulo Laureato in Economia e Gestione delle imprese all’Università degli Studi “Roma Tre”. Collabora con Nexumstp Spa nell’area consulenza del lavoro. È specializzato in normativa di Diritto del lavoro e relazioni industriali. 

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Daniele Bonaddio

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