Invalido civile: quando può essere licenziato e quando no

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Quando si instaura un rapporto di lavoro, mediante la firma apposta sul contratto, il dipendente si impegna a svolgere una determinata mansione negli orari stabiliti tra le parti mentre il datore di lavoro si obbliga a corrispondere una retribuzione in base ai contratti collettivi nazionali del lavoro dello specifico settore di appartenenza. Tuttavia, può accadere che il lavoratore, a causa di un incidente ad esempio, possa divenire inabile al lavoro, ossia invalido civile. Cosa significa? Semplice, il lavoratore non potrà più rispettare il sinallagma contrattuale, vale a dire la controprestazione del contratto, in quanto le sue condizioni fisiche gli impediscono di svolgere il lavoro.

Cosa succede in tali casi? Il datore di lavoro può lecitamente licenziare il lavoratore? Il datore di lavoro, dal canto proprio, ha assunto il lavoratore perché aveva bisogna di una specifica figura professionale. Pertanto, se questa è divenuta non utilizzabile che interessa ha l’azienda a tenere il dipendente in organico? Ebbene, per stabilire se un’azienda possa lecitamente procedere con il licenziamento del dipendente divenuto inabile, occorre innanzitutto verificare una condizione specifica: ossia che il suo status fisico gli impedisca qualsiasi tipo di mansione.

Ciò significa che l’extrema ratio, ossia l’espulsione dall’azienda, è preceduta da un controllo in relazione anche ad altre attività lavorative, e non solo a quelle per la quale è stato assunto. Ma facciamo un passo indietro e vediamo nel dettaglio quando un invalido civile può essere licenziato e quando no.

Invalidità civile: cos’è

In via generale, l’invalidità è la difficoltà nello svolgimento di quelle che sono le funzioni tipiche della vita quotidiana o di relazione a causa di una menomazione, la quale comporta una situazione di svantaggio dal punto di vista socio-relazionale.

Mentre l’invalidità diventa “civile” quando non deriva da cause di servizio, di guerra o di lavoro. Nello specifico, le persone invalide, a seguito della loro condizione, godono di alcuni benefici all’interno della società, ma ciò a condizione che esse abbiano ottenuto il riconoscimento di invalidità civile. L’entità dei suddetti benefici dipende dalla gravità della menomazione.

Invalido civile: i giudizi di inidoneità al lavoro

Come noto, quando un lavoratore diviene “invalido” non significa automaticamente che non può svolgere alcun tipo di lavoro. Infatti, come previsto anche dalla L. n. 118/1971, l’incapacità lavorativa permanente è misurata in percentuali. Affinché un soggetto possa essere considerato “invalido civile” è necessario che si verifichi una menomazione fisica, intellettiva e psichica con una permanente incapacità lavorativa non inferiore ad un terzo (33%).

L’esito della percentuale d’invalidità viene valutato dalla Commissione medica INPS, la quale, oltre alla predetta percentuale, specifica altresì un grado d’invalidità. Tale giudizio può essere di tre tipi: giudizio di idoneità, giudizio di inidoneità parziale e giudizio di inidoneità assoluta.

Il primo, quello meno grave, presuppone per il dipendente uno stato di salute compatibile con le mansioni che deve svolgere. Il secondo, invece, prevede che il dipendente abbia uno stato di salute non del tutto compatibile con le mansioni che deve svolgere. In questo caso verranno indicate al datore di lavoro delle prescrizioni, ossia degli accorgimenti che devono essere seguiti nello svolgimento della mansione.

Infine, il terzo grado di giudizio, quello più grave, dispone che il dipendente abbia uno stato di salute non compatibile con le mansioni che deve svolgere. Ciò significa che il lavoratore non può fare più il suo lavoro.

Invalido civile: quando può essere licenziato

Ma è possibile procedere con il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, a causa dell’aggravamento delle condizioni di salute del lavoratore?

Tale questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza di merito, arrivando a un orientamento ormai consolidato. In particolare, la legge ammette il licenziamento unicamente se le condizioni di salute del lavoratore sono tali da rendere impossibile il suo utilizzo in qualsiasi attività aziendale.

In altre parole, per giustificare il licenziamento l’impossibilità della prestazione deve essere totale. Quindi, se ad esempio il lavoratore ha una residua capacità lavorativa del 40%, e il datore di lavoro ha effettivamente la possibilità di ricollocarlo all’interno dell’azienda, anche in una mansione diversa rispetto a quella contrattualmente sottoscritto, l’azienda non può licenziare il lavoratore invalido

Va da sé che tale verifica è rimessa esclusivamente alla Commissione medica INPS, la quale può decidere se esiste un residuo spazio di utilizzabilità delle prestazioni del lavoratore o meno. Quindi, semmai dovesse verificarsi un evento tale da modificare la capacità lavorativa del lavoratore, il datore di lavoro ha l’obbligo di mettere in atto tutti i provvedimenti più appropriati, in funzione delle specifiche situazioni concrete, per consentire ai disabili di svolgere la propria prestazione senza pregiudizio. Ciò vale esclusivamente se gli adattamenti organizzativi necessari non si rivelino eccessivamente onerosi per l’azienda.

Invalido civile: quando non può essere licenziato

Compreso che il lavoratore può essere licenziato esclusivamente se non residua alcuna capacità lavorativa e il datore di lavoro non ha la possibilità di collocarlo diversamente in azienda, esistono anche casi specifici che possono portare all’espulsione del lavoratore invalido dall’azienda.

In particolare, stiamo parlando:

  • del mancato superamento del periodo di prova;
  • della giusta causa. Il datore di lavoro deve poter dimostrare l’impossibilità di proseguire il rapporto di lavoro;
  • del giustificato motivo soggettivo. È il caso in cui il lavoratore si dimostra assolutamente inadatto alla mansione attribuitagli ed è impossibile la sua ricollocazione in un altro settore;
  • del superamento del periodo di comporto;
  • dell’aggravamento dell’invaliditàtale che il lavoratore non sia più adatto all’attività lavorativa. È sempre necessario il parere della commissione medica INPS.

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