Collocamento e affidamento dei minori fra ruolo paritario dei genitori e fallite riforme

Redazione 09/10/19
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Quando una coppia con figli si separa o divorzia, fra i problemi principali che deve risolvere sono legati all’affidamento ed al collocamento dei figli minori o economicamente non autosufficienti. L’articolo 337-ter del codice civile rubricato “provvedimenti riguardo ai figli” regola i rapporti tra genitori e figli a seguito di divisione della coppia., puntualizzando diritti ed obblighi nei confronti del minore.

In particolare, l’articolo disciplina l’affidamento del minore ma non il suo collocamento, non espressamente disciplinato da alcuna norma del codice civile ma materia riservata alle valutazioni del giudice di merito.

L’ultimo intervento legislativo in materia di separazione dei genitori, la legge numero 54 del 2006, ha introdotto l’affidamento condiviso, confinando ad ipotesi residuali l’affidamento esclusivo. Come accennato in Consulenza Legale Italia dell’Avv. Tassitani Farfaglia (Padova), i progetti di riforma ad oggi presentati non hanno soddisfatto le esigenze prospettate dal legislatore, che ad oggi non ha dato alcun seguito agli stessi.

Con riguardo al collocamento del figlio minore, l’accordo di governo ha introdotto il sistema del collocamento paritario dei figli al fine di rendere effettivo lo scopo a cui tende l’affidamento condiviso, ovvero distribuire equamente la responsabilità genitoriale. Ciò che il governo si è prefissato infatti, è di regolare la permanenza del figlio presso entrambi i genitori in tempi uguali in modo che si realizzi un equilibrio fra le parti genitoriali, senza il quale non verrebbero perseguiti gli obbiettivi fissati dal primo comma dell’articolo 337 del codice civile. Lo stesso accordo ha inoltre inteso rivalutare il sistema del mantenimento indiretto del figlio mediante l’assegno di mantenimento, ritenendo più agevole una forma di mantenimento diretta “alternata”.

Sul tema del collocamento paritario si è espresso di recente il tribunale di Catanzaro con decreto del 28 febbraio 2019. Il caso ha visto la richiesta di una madre di vedersi affidato il minore con precisi limiti di frequentazione del padre, tra cui l’esclusione di alloggio notturno presso lo stesso. Quest’ultimo invece chiedeva in giudizio la suddivisione paritaria fra i genitori dei tempi di permanenza del figlio, eccependo una disponibilità maggiore alla cura del figlio rispetto alla madre sulla base delle modalità dei tempi di lavoro.

La Corte in merito si è espressa favorevole all’istituto del collocamento paritario quando, valutando il caso di specie, la sua applicazione sembra possibile e preferibile. L’organo giudicante ha tuttavia riconosciuto come nella pratica giurisprudenziale italiana tale soluzione rimanga ancora parecchio inutilizzata. In particolare, gli elementi che vanno valutati nel caso di specie al fine di applicare la custodia condivisa del minore sono l’età del bambino e la vita socio-economica dei genitori.

L’indirizzo benevolo della Corte si ravvisa nell’appello svolto da quest’ultima alla giurisprudenza europea e non solo, in materia. Nello specifico, la corte ha citato: la risoluzione del Consiglio Europeo, sottoscritta anche dall’Italia, numero 2079 del 2015 in cui si invoca l’adozione da parte degli Stati membri di misure volte a distribuire equamente la responsabilità sui figli fra i genitori, l’equivalenza del ruolo di padre e madre nei giudizi di separazione coniugale, e la “shared residence” che consente di parificare i tempi di vita del figlio trascorsi con la madre e il padre.

Il principio generale secondo il quale è tutelata nel miglior modo possibile la crescita del bambino quando lo stesso condivide i propri tempi di vita con entrambi i genitori è opinione comune della convenzione di New York sui diritti del fanciullo, del trattato di Lisbona, della Corte europea di Strasburgo nonché di alcuni tribunali nazionali. La Corte puntualizza tuttavia come nella legislazione italiana la custodia condivisa del minore sia di fatto poco esercitata, rimanendo, afferma, “un collocamento prevalente del minore presso una delle due figure genitoriali”. Riflettendo sul motivo del verificarsi di tale manifestazione pratica, una delle ragioni ostative all’adozione della custodia condivisa nel nostro paese sembrerebbe la mancanza di parità di ruoli dell’uomo e della donna, che si riflette immancabilmente nelle posizioni genitoriali. Parità che invece è stata raggiunta in altri paesi dove infatti la “shared custody” viene ampiamente praticata.

In tal modo si svuota la portata normativa della legge 56 del 2006. Si aggiungono a ciò una serie di provvedimenti successivi al collocamento, quali la scelta della casa familiare e l’assegno di mantenimento del coniuge presso il quale il figlio è prevalentemente collocato, che non favoriscono l’istituto della custodia condivisa. Sembra ad oggi che il giudice decida sull’affidamento dei figli nei modi indicati dall’articolo 337-bis allo stesso modo di quanto accadeva prima della legge 56 del 2006.

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