Nuovo contratto a termine, cosa cambia: chiarimenti del Ministero

Paolo Ballanti 13/11/18
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Una riforma che ha cambiato radicalmente il contratto a tempo determinato come lo conoscevamo dall’ultima modifica intervenuta nel 2015 ad opera del Jobs Act: abbiamo ora un nuovo contratto a termine. Questo è il Decreto Dignità (D.L. n. 87/2018 convertito in Legge n. 96/2018). Dopo una prima fase di “assestamento” le modifiche al tempo determinato sono pienamente operative dal primo novembre scorso e si applicano ai contratti avviati nonché alle proroghe e ai rinnovi con efficacia dalla stessa data (la proroga di un contratto con scadenza al 31 ottobre ha efficacia dal giorno successivo ricadendo quindi nel Decreto Dignità).

Vista l’importanza della riforma il Ministero del lavoro è intervenuto con propria circolare n. 17 del 31 ottobre, con cui ha inteso fornire chiarimenti su come cambiano i contratti a termine.

Scarica qui la circolare del Ministero

Vediamo nel dettaglio i punti cardine della riforma e le indicazioni del Ministero.

Nuovo contratto a termine: cambia la durata massima

La circolare cita innanzitutto la riduzione da 36 a 24 mesi della durata massima del contratto a tempo determinato. Nel conteggio rientrano tutti i rapporti a termine stipulati tra lo stesso datore e lo stesso lavoratore, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale. Ad esempio, se l’azienda ha attivato più contratti a termine con lo stesso soggetto, per lo svolgimento di mansioni di operaio che rientrano nel livello quarto del contratto collettivo Metalmeccanica-industria, per un totale di 24 mesi, la stessa non potrà, per le medesime mansioni, attivare altri rapporti a tempo determinato con il dipendente in questione.

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Nel conteggio sono compresi anche i periodi di lavoro che il dipendente ha prestato in azienda nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato (in cui era assunto dall’agenzia interinale).

Nuovo contratto a termine: le causali

Altra importante novità introdotta dalla riforma è l’obbligo di giustificare la stipula di contratti a termine di durata superiore a 12 mesi, con le seguenti causali:

  • Esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività;
  • Esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
  • Esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività

Il superamento del limite che fa scattare l’obbligo della causale può dipendere da un contratto avviato con scadenza superiore a 12 mesi o in virtù di una proroga per un numero di mesi tale da oltrepassare l’anno di rapporto. Caso diverso per i rinnovi: la riassunzione a termine di un dipendente con cui si è già consumato un precedente contratto a tempo determinato, obbliga sempre a giustificarne l’avvio con le specifiche causali, a prescindere dalla durata complessiva dei rapporti intercorsi tra le parti.

Sul punto la circolare chiarisce che ai fini della verifica del superamento dei 12 mesi si deve tener conto di tutti i rapporti a termine intercorsi tra le parti, considerando sia la durata di quelli conclusi che la durata di quello che eventualmente si intende prorogare. Il Ministero fa l’esempio di un primo contratto a termine di 10 mesi che si vuole prorogare per altri 6. In questo caso, nonostante la proroga intervenga quando il rapporto non ha ancora superato i 12 mesi, sarà comunque necessario indicare le causali perché il contratto oltrepasserà il limite citato.

Sempre la circolare afferma che anche nei casi in cui la causale non è obbligatoria (rapporti inferiori a 12 mesi), la stessa dev’essere richiamata per godere delle agevolazioni contributive, ad esempio quella prevista dal Dlgs. n. 151/2001 per i datori che assumono a tempo determinato in sostituzione di maternità.

Nuovo contratto a termine: proroghe e rinnovi, cosa cambia

Con il Decreto Dignità il numero di proroghe passa da 5 a 4, nel rispetto comunque del limite massimo di 24 mesi (esclusi dal regime delle proroghe i contratti instaurati per lo svolgimento di attività stagionali). La proroga, si ricorda, è la prosecuzione del contratto senza alcuno stacco temporale (a differenza del rinnovo che presuppone almeno un giorno tra cessazione e riassunzione). Il Ministero precisa che la proroga impone che rimanga invariata la causale. Di conseguenza, non è possibile prorogare un contratto modificandone la motivazione perché ciò darebbe vita ad un nuovo contratto a termine.

Per i soli rinnovi il Decreto Dignità prevede un aumento del contributo INPS a finanziamento dell’indennità di disoccupazione. Al valore base dell’1,40% previsto per i rapporti a termine (esclusi quelli per ragioni sostitutive o svolgimento di attività stagionali) si aggiunge lo 0,50% per ogni rinnovo a partire dal primo. In caso di secondo rinnovo si aggiungerà lo 0,50% al valore base dell’1,40%, aumentato dello 0,50% come eredità del primo rinnovo.

Nuovo contratto a termine: quali deroghe dai contratti collettivi

Il Decreto Dignità ha mantenuto la possibilità per i contratti collettivi di prevedere una durata massima superiore ai 24 mesi. La deroga è concessa ai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Sui contratti collettivi stipulati prima del 14 luglio 2018 (data di entrata in vigore del Decreto Dignità) che, nel solco del precedente quadro normativo, contengono disposizioni che prevedono una durata massima dei rapporti a termine pari a 36 mesi, il Ministero chiarisce che le stesse rimangono valide fino alla naturale scadenza del contratto collettivo.

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