Decreto Dignità: quanti contratti a termine possono attivare le aziende?

Paolo Ballanti 04/10/18
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Le modifiche introdotte dal Decreto Dignità (D.L. n. 87/2018 convertito in L. 96/2018) hanno stravolto il mondo dei contratti a tempo determinato e in somministrazione così come era stato disegnato dal Jobs Act (Dlgs. n. 81/2015).

Una norma in particolare merita la dovuta attenzione, perché fissa un tetto legale al numero complessivo di soggetti a tempo determinato e somministrati contemporaneamente presenti in azienda. Tetto al numero di tempi determinati, modificato con la legge di conversione.

Decreto dignità: tetto al numero dei contratti a termine

Inserita in sede di conversione in legge, quindi in vigore dal 12 agosto 2018, la modifica al comma 2 dell’articolo 31 (dedicato alla somministrazione) stabilisce che, salvo diversa disposizione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore, il numero dei lavoratori assunti a tempo determinato e dei somministrati a termine non può eccedere complessivamente il 30% degli indeterminati in forza in azienda al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei predetti contratti.

Due sono perciò i limiti con cui i datori dovranno ora fare i conti:

  • Massimo 20% di lavoratori a termine calcolato sul numero di indeterminati in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione (salvo diversa disposizione del contratto collettivo applicato);
  • Massimo 30% di lavoratori a termine (già vincolati al tetto del 20%) e soggetti inviati dalle Agenzie in somministrazione a tempo determinato, calcolato sugli indeterminati in forza al 1° gennaio.

Pur in assenza di chiarimenti ministeriali (auspicabili quanto prima), per le somministrazioni in corso all’11 agosto che dovessero eccedere il 30% si ritiene che l’azienda possa arrivare fino alla scadenza prevista senza dover cessare i rapporti anzitempo.

Consulta lo speciale Decreto Dignità 

Decreto dignità, tetto al numero: cosa diceva prima la legge

La portata dell’introduzione del tetto del 30% la si può comprendere solo facendo un passo indietro. Prima del 12 agosto (data di entrata in vigore della legge di conversione), se il contratto collettivo non prevedeva alcun limite ai somministrati, il datore era libero di assumerne un numero indefinito, anche se soggetto al limite contrattuale dei tempi determinati (o a quello legale del 20% se il CCNL nulla disciplinava).

Oggi, al contrario, anche se il CCNL non contiene alcuna clausola, l’azienda è soggetta comunque al limite del 30% tra somministrati e contratti a termine. Una disposizione che di certo avrà effetti su entrambe le tipologie contrattuali, in termini di numero di rapporti attivati.

Contratti a termine: le deroghe contrattuali al tetto

Entrambi i limiti (20 e 30%) cedono il passo ad eventuali deroghe ad opera dei contratti collettivi. Nulla cambia per quei datori che applicano CCNL con clausole che fissano già un tetto (migliorativo o peggiorativo rispetto a quello legale) a tempi determinati e somministrati a termine. Il contratto collettivo Terziario – Confcommercio stabilisce, ad esempio, che le assunzioni “effettuate con contratti a tempo determinato e con contratti di somministrazione a tempo determinato non potranno complessivamente superare il 28% annuo dell’organico a tempo indeterminato in forza nell’unità produttiva”.

Legittimati a derogare in materia sono i contratti collettivi, nazionali o territoriali, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, oltre ai contratti aziendali stipulati da RSA o RSU.

Tetto al numero dei contratti a termine: le sanzioni

Se a superare il limite legale o contrattuale è un dipendente a tempo determinato si applica una sanzione amministrativa:

  • Pari al 20% della retribuzione del dipendente in eccesso per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni di durata del rapporto, se il numero dei soggetti assunti in violazione del limite è pari a 1;
  • Pari al 50% della retribuzione per ciascun mese o frazione di mese superiore a 15 giorni, se il numero dei lavoratori assunti in violazione è superiore a 1.

E’ comunque esclusa la trasformazione a tempo indeterminato.

Al contrario, in caso di mancato rispetto del 30% il somministrato può chiedere, anche soltanto nei confronti dell’utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto dall’inizio della somministrazione. Sanzione che ha indubbiamente una portata maggiore rispetto a quella prevista per i tempi determinati.

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Paolo Ballanti

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