Diritto d’autore: per ripostare contenuti serve il consenso del titolare

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Ripostare contenuti protetti dal diritto d’autore richiede il consenso del titolare di tali diritti. Lo ha recentemente statuito la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (decisione del 7 agosto 2018, causa C-161/17), chiamata a pronunciarsi in una vertenza, pendente avanti il Bundesgerichtshof, la Corte federale di giustizia tedesca, che ad oggetto una fotografia della città di Cordoba, originariamente pubblicata con l’esplicito consenso del fotografo su un sito Internet dedicato ai viaggi e senza alcuna misure atta ad impedire che venisse scaricata, e successivamente ripostata da uno studente, per illustrare un suo contributo nell’ambito di un laboratorio linguistico, sul sito Internet della scuola accessibile a chiunque.

Diritto d’autore: il pronunciamento della Corte di giustizia europea

Più in particolare, la Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla nozione di «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’art. 3 par. 1 della Direttiva 2001/29/CE del 22.05.2001 sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione (nel seguito, la “Direttiva”), ovvero se la nozione del diritto esclusivo degli autori di autorizzare o vietare la comunicazione al pubblico delle loro opere dovesse essere interpretata “nel senso che essa ricomprende la messa in rete su un sito Internet di una fotografia precedentemente pubblicata, senza restrizioni e con l’autorizzazione del titolare del diritto d’autore, su un altro sito Internet” (così la questione pregiudiziale sottoposta alla Corte dal Bundesgerichtshof).

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La Direttiva non fornisce una definizione di «comunicazione al pubblico», nozione che – come statuito a più riprese dalla Corte – consta di due elementi cumulativi presupposti, un atto di comunicazione dell’opera, per il quale “è sufficiente che l’opera sia messa a disposizione del pubblico in modo che coloro che compongono tale pubblico possano avervi accesso, senza che sia determinante che utilizzino o meno tale possibilità” (sentenze del 13.02.2014, Svensson e a., C‑466/12, punto 19, e del 14.06.2017, Stichting Brein, C‑610/15, punto 31 e giurisprudenza ivi citata; cfr. punto 20 della decisione commentata), e una comunicazione dell’opera a un «pubblico», inteso come un “numero indeterminato di destinatari potenziali … piuttosto considerevole” (sentenze Svensson, punto 21, e Stichting Brein, punto 27 e giurisprudenza ivi citata; cfr. punto 22 della decisione commentata).

La «comunicazione al pubblico» presuppone tuttavia che la comunicazione dell’opera sia effettuata inoltre secondo modalità tecniche specifiche, diverse da quelle fino ad allora utilizzate, o che, in mancanza di diverse modalità tecniche la comunicazione sia rivolta ad un «pubblico nuovo», vale a dire a un pubblico che non sia già stato preso in considerazione dal titolare del diritto d’autore nel momento in cui ha autorizzato la comunicazione iniziale della sua opera (sentenze Svensson, punto 24; del 8.09.2016, GS Media, C‑160/15, punto 37, e Stichting Brein, punto 28).

Nel caso in esame la Corte ha ritenuto sussistessero entrambi gli elementi presupposti, in quanto il ripostare la fotografia della città di Cordoba dal sito dell’agenzia di viaggi a quello della scuola costituirebbe un «atto di comunicazione» e i potenziali utilizzatori del sito della scuola, indeterminati nel numero ma comunque numerosi, costituirebbero il «pubblico» richiesto.

Sebbene non sussistano dubbi che sia la comunicazione iniziale dell’opera su un sito Internet sia la comunicazione ulteriore della medesima su un altro sito Internet sono effettuate mediante le stesse modalità tecniche, la Corte ha riconosciuto controversa la questione se, nel caso in esame, si potesse ritenere che la fotografia sia stata comunicata ad un «pubblico nuovo», circostanza negata dal Land della Renania settentrionale-Vestfalia e dal governo italiano e ammessa invece dai giudici europei sul presupposto che gli utilizzatori del secondo sito sul quale l’immagine è stata ripostata non erano stati presi in considerazione dal fotografo nel momento in cui ha autorizzato la comunicazione della immagine di Cordoba sul sito Internet dedicato ai viaggi sul quale quest’ultima era stata inizialmente pubblicata.

Del resto, l’interpretazione adottata costituisce per la Corte un’impostazione condivisibile anche in quanto, se si considerasse lecita la messa in rete su un sito internet diverso da quello su cui è stata effettuata la comunicazione iniziale, tale soluzione renderebbe “impossibile o, per lo meno, considerevolmente più difficile l’esercizio da parte del titolare del suo diritto, di natura precauzionale, di richiedere la fine della comunicazione della medesima, eventualmente, rimuovendo l’opera da tale sito Internet sul quale quest’ultima è stata comunicata con la sua autorizzazione o revocando l’autorizzazione precedentemente accordata ad un terzo” (cfr. punto 30 della decisione commentata).

A nulla varrebbero comunque le considerazioni sul fatto che, nel caso in esame, il titolare del diritto d’autore non abbia posto restrizioni alle possibilità di utilizzo della fotografia da parte degli utenti di Internet, in quanto, come rilevato sempre dalla Corte, “il godimento e l’esercizio del diritto previsto dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 non possono essere subordinati ad alcuna formalità (v., in tal senso, sentenza del 16.11.2016, Soulier e Doke, C‑301/15, punto 50)” (cfr. punto 36 della decisione commentata).

La soluzione esposta dalla Corte presuppone che la fotografia ripostata dallo studente sia un’opera tutelata dal diritto d’autore, circostanza che spetta in ogni caso al giudice nazionale verificare di specie accertando che la fotografia costituisca una creazione intellettuale dell’autore e ne rifletta la personalità, manifestata attraverso le scelte libere e creative di quest’ultimo nella realizzazione (v., in tal senso, sentenza del 11.12.2011, Painer, C‑145/10, punto 94).

Gilberto Cavagna

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