Stipendi pagati in contante: non si potrà più dal 1° luglio

Paolo Ballanti 12/06/18
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Dal mese prossimo datori di lavoro privati e committenti non potranno più utilizzare il contante per il pagamento degli stipendi. A stabilirlo l’articolo 1 commi dal 910 al 914 della Legge n. 205/2017 (Manovra 2018).

Introdotto con la finalità di reprimere comportamenti elusivi, il divieto opera indipendentemente dall’ammontare delle somme corrisposte. Lo stop all’uso del contante per pagare gli stipendi coinvolge tutte le forme di rapporto di lavoro subordinato, indipendentemente da durata e modalità di svolgimento, oltre alle collaborazioni coordinate e continuative e ai soci lavoratori di cooperative. Escluse dal divieto le pubbliche amministrazioni e il lavoro domestico.

Facendo esplicito riferimento al termine “retribuzioni” la norma sembrerebbe non comprendere i tirocini, per i quali è prevista solamente un’indennità. Sul punto si auspicano chiarimenti, stante anche la notevole diffusione negli ultimi anni di questa forma di rapporto formativo. Incertezza anche sul lavoro autonomo occasionale disciplinato dall’articolo n. 2222 del Codice Civile, non menzionato dalla Manovra.

Esclusi dalla norma in commento anche i compensi derivanti da borse di studio.

Parimenti, se non ci sono dubbi sul fatto che il divieto all’uso del contante si applica non solo sugli stipendi ma anche sugli acconti (la legge parla di retribuzione “nonché ogni anticipo di essa”) lo stesso non può dirsi per tutte quelle somme anticipate al dipendente a fronte delle spese che dovrà sostenere in trasferta. In attesa di risposte ufficiali e considerate le finalità antielusive della norma, è consigliabile in via prudenziale evitare l’uso del contante dal 1° luglio.

La normativa cita tra i mezzi di pagamento ammessi:

  • Bonifico sul conto corrente;
  • Strumenti di pagamento elettronico;
  • Pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
  • Emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, ad un suo delegato. L’impedimento s’intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni.

Si rammenta che al di fuori delle casistiche citate dalla Legge n. 205/2017, resta in vigore il divieto di trasferire somme in contanti di importo superiore ad euro 2.999,99.

In caso di inosservanza, è prevista una sanzione amministrativa da 1.000 a 5.000 euro. L’Ispettorato con Nota 22 maggio 2018 n. 4538 ha chiarito che “in considerazione del tenore letterale e della ratio della norma” si deve ritenere che la violazione risulta integrata:

  • Quando vengano corrisposte delle somme con modalità diverse da quelle indicate dalla normativa;
  • Nei casi in cui nonostante l’utilizzo di sistemi di pagamento leciti, il versamento non sia realmente effettuato.

Quest’ultima è certamente una casistica residuale, che si concretizza ogni qual volta il bonifico bancario venga successivamente revocato o l’assegno annullato prima dell’incasso. Circostanze queste che a parere dell’Ispettorato “evidenziano uno scopo elusivo del datore di lavoro”.

Come precisa la norma in parola (e la circolare n. 2/2018 dell’Ispettorato di commento alle novità della Manovra 2018) la firma apposta dal lavoratore sulla busta paga “non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione”.

Paolo Ballanti

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