Flat Tax: cosa cambia con la “tassa piatta” per famiglie ed imprese

Redazione 06/06/18
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La proposta della Flat Tax elaborata da Armando Siri, è stata indubbiamente la bandiera economica della nuova Lega di Matteo Salvini in occasione dell’ultima campagna elettorale. Si tratta di una promessa che ha fatto molta presa sull’elettorato italiano tendenzialmente di centrodestra. Ma che cosa prevede nello specifico e perché si parla di rivoluzione fiscale?

Le origini della Flat Tax

L’ideologo della Flat Tax fu l’economista statunitense di famiglia ebrea, Milton Friedman, Nobel per l’Economia nel 1976, fondatore del pensiero monetarista e ispiratore del governo britannico di Margaret Thatcher e di quello USA di Ronald Reagan. Friedman ideò questo sistema di tassazione nel lontano 1956. Oggi è in vigore in Russia e in qualche Paese dell’Est Europa come l’Estonia, la Lettonia, la Lituania, l’Ucraina, la Romania, la Macedonia, l’Albania, la Bulgaria e la Repubblica Ceca. Nel 1994, durante l’esordio politico di Forza Italia, Silvio Berlusconi cercò di introdurre il tema nel nostro Paese, proponendo di sostituire l’Irpef progressiva con un’aliquota unica del 33% (inclusa una no-tax area per i più poveri). La proposta è poi tornata in voga ai giorni d’oggi ed entrata all’interno del contratto di governo Lega M5S.

Che cos’è la Flat Tax

La Flat Tax è la “tassa piatta”, vale a dire un sistema fiscale non progressivo, fondato su un’aliquota fissa (a meno che non sia accompagnata da deduzione fiscale o detrazione). In tal caso, nonostante l’aliquota rimanga costante, quella media effettiva risulterà crescente. Questa differenza è importante, poiché in Italia una Flat Tax senza deduzioni fiscali e detrazioni sarebbe incostituzionale. Il sistema fiscale della Flat Tax si riferisce alle imposte sul reddito familiare e sui profitti delle imprese e solitamente prevede una no-tax area, ovvero un’esenzione per le famiglie sotto un certo reddito. I sostenitori della Flat Tax sostengono che grazie a questa riforma fiscale, tutti i cittadini sarebbero più incentivati a pagare le tasse rispetto ad ora e ciò limiterebbe in modo consistente (ma non calcolabile nel dettaglio) l’evasione e l’elusione fiscale, oltre a promuovere la crescita economica.

La Flat Tax all’italiana nel contratto di governo Lega M5S

Questa proposta, almeno inizialmente, è stata molto osteggiata dal Movimento 5 Stelle. Solo tre mesi fa il partito di Di Maio sul proprio sito ufficiale definiva la Flat Tax “una bufala da chiamare flop tax”. Oggi, dopo la trattativa per formare il governo con la Lega, i grillini hanno subito un cambio repentino di posizione, dichiarando che questo sistema fiscale rappresenterebbe “un elemento interessante che presenta enormi benefici sul ceto medio”. Insomma, si può dire che la Lega l’abbia spuntata.

Nel contratto di governo viene prevista l’introduzione di una Flat Tax meno piatta dell’originale, ma a due aliquote, al 15 e al 20% per persone fisiche, famiglie, partite Iva e imprese. Una sorta di “Dual Tax” con sistema di deduzioni per garantire la progressività dell’imposta, rispettando in questo modo i principi costituzionali. L’aliquota al 15% verrebbe applicata ai redditi familiari fino a 80mila euro, mentre quella al 20% ai redditi superiori.

Cosa prevede il sistema attuale

In Italia, oggi, è in vigore un sistema con 5 aliquote e altrettanti scaglioni Irpef:

  • Il 1° scaglione comprende i contribuenti con un reddito compreso tra 0 e 15.000 euro l’anno e presuppone un’aliquota Irpef del 23%. Viene prevista anche una no-tax area.
  • Il 2° scaglione comprende i contribuenti con un reddito compreso tra 15.001 euro e 28.000 euro l’anno e presuppone un’aliquota Irpef del 27% per la parte eccedente ai 15.000 euro.
  • Il 3° scaglione comprende i contribuenti con un reddito compreso tra 28.001 euro e 55.000 euro l’anno e presuppone un’aliquota Irpef del 38% per la parte eccedente ai 28.000 euro.
  • Il 4° scaglione comprende i contribuenti con un reddito compreso tra 55.001 euro e 75.000 euro l’anno e presuppone un’aliquota Irpef del 41% per la parte eccedente ai 55.000 euro.
  • Il 5° e ultimo scaglione comprende i contribuenti con un reddito superiore ai 75.000 euro e presuppone un’aliquota Irpef del 43% per la parte eccedente ai 75.000 euro.

Divergenze tra gli economisti leghisti

In casa Lega l’economista Alberto Bagnai, neo senatore, annuncia che si dovrebbe partire dalle imprese con l’applicazione del nuovo regime fiscale e solo successivamente per le famiglie: “Mi sembra che ci sia un accordo sul fatto di far partire la Flat Tax sui redditi di impresa a partire dall’anno prossimo. Il primo anno per le imprese e poi a partire dal secondo anno si prevede di applicarla alle famiglie”.

Ma nel giro di qualche ora viene corretto dal collega On. Armando Siri, ideatore della Flat Tax in salsa leghista, che dichiara: “Non è vero che dal prossimo anno la Flat Tax entrerà in vigore solo per le imprese, ma ci sarà anche per le famiglie. Poi tutto sarà a regime per il 2020. Si deve partire con degli step: il sistema è diverso perché la Flat Tax per le imprese c’è già e noi la estendiamo anche a società di persone, Partite Iva etc. È una riforma storica perché viene trasferito a 5 milioni di operatori quello che oggi è solo per 800.000 imprese”.

Mentre il Ministro dell’Economia Giovanni Tria si è pronunciato a favore della Flat Tax, ma suggerendo di far scattare le clausole di salvaguardia, e quindi l’aumento dell’Iva, per finanziarla. Una proposta che per ora non ha trovato il sostegno delle due forze politiche che compongono il Governo Conte.

Redazione

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