Compensi revisori dei conti: urgente l’intervento del legislatore

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L’Osservatorio sulla finanza degli enti locali ha espresso la convinzione che il compenso dei revisori deve essere ricompreso tra il limite massimo stabilito per il Comune della classe demografica immediatamente inferiore e quello stabilito per l’Ente locale che procede alla nomina. Un’interpretazione condivisa da alcune sezioni della Corte delle Conti ma non da quella delle Autonomie, per la quale solo il legislatore può indicare un limite minimo per il compenso. 

I conti non tornano per i revisori degli enti locali, almeno per quanto riguarda il loro compenso minimo. Il legislatore del D.Lgs. n. 267/2000 ha omesso di indicarlo ed i magistrati contabili si sono divisi sul metodo per definirlo. Per alcune sezioni regionali della Corte dei conti, il Comune può determinare il compenso dei membri dell’organo di revisione a proprio piacimento, per altre non può essere inferiore a quello definitivo per il Comune della classe demografica immediatamente precedente.

La sezione Autonomie della Corte dei conti (deliberazione n. 16/SEZAUT/2017/QMIG del 13 giugno 2017), ha sancito che l’individuazione di limiti minimi del compenso dei revisori degli enti locali non può competere alla magistratura contabile nell’esercizio della funzione consultiva ma spetta esclusivamente al legislatore.

A riaprire la questione, però, è stato l’Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali che, aderendo all’orientamento della sezione Lombardia della Corte dei Conti, si è espresso bocciando l’interpretazione che vuole che il limite minimo del compenso dei revisori locali sia lasciato al libero arbitrio dei Consigli comunali.

L’Osservatorio è l’organismo, ricostituito lo scorso 15 febbraio presso il Ministero dell’Interno, al quale è stata assegnata la funzione di vigilare sulla corretta applicazione dei principi contabili negli enti locali.

Per l’Osservatorio occorre che il compenso conosca sia un limite massimo (definitivo espressamente dalla legge) sia un limite minimo (da ricercare nel compenso previsto per i revisori dei Comuni della classe demografica immediatamente inferiore).

Con compensi estremamente ribassati, l’autonomia dei revisori dei conti sarebbe compressa e la mancanza di un’adeguata retribuzione lederebbe l’autorevolezza dei controlli dei conti.

La validità di tale argomentazione non è negata dalla Sezione Autonomie della Corte dei Conti, la quale rileva, però, come serva una norma di legge per stabilire che il compenso di un revisore dei conti di un grande comune non può essere inferiore a quello percepito da un collega di un comune polvere.

Era stata la sezione controllo della Corte dei Conti della Lombardia (deliberazione n. 103/2017/QMIG) a sancire che il compenso di ciascun componente dell’organo di revisione oltre ad incontrare un limite massimo, doveva avere una barriera al ribasso, individuata nel compenso massimo previsto per i comuni della fascia demografica immediatamente inferiore, secondo la griglia definita dal DM 20 maggio 2005.

La sezione regionale di controllo della Corte dei Conti per la Liguria, invece, nel parere reso con la deliberazione n. 95/2016/PAR, aveva rilevato come dovesse, comunque, tenersi conto di quanto stabilito dall’art. 2233, comma 2, del codice civile che stabilisce che la misura del compenso debba essere sempre adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione.

La Sezione di controllo per la Regione siciliana (deliberazione n. 272 del 9 ottobre 2015) aveva, al contrario, riconosciuto la discrezionalità dell’ente nello stabilire l’ammontare del corrispettivo (pur nel rispetto del limite massimo e degli altri criteri stabiliti dalla legge) ed aveva escluso la possibilità di un sindacato esterno sulla congruità del compenso basata sulla presunta esistenza di un limite minimo.

L’art. 241 del TUEL fissa i limiti massimi della retribuzione dei revisori (da aggiornarsi triennalmente, mediante decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro Economia e Finanza) in ragione della classe demografica di appartenenza dell’ente locale, delle spese di funzionamento e d’investimento dello stesso ente.

Il legislatore, quindi, ha voluto contenere la spesa negli enti locali ed evitare che, in corso di rapporto, si possano verificare variazioni incrementali, con maggiori oneri per il comune.

Quando i revisori erano eletti dal Consiglio comunale, al legislatore sembrò logico fissare un limite massimo per evitare che ai prescelti dalla politica fosse concessa una retribuzione troppo elevata, mentre adesso, con l’estrazione a sorte dei componenti dell’organo di revisione, non si può pensare di punire coloro che la sorte destina alla funzione di revisione, stabilendo un compenso molto basso. Specie per il fatto che il compenso può essere deciso dopo avere conosciuto i nominati degli estratti.

Per la sezione Autonomie, queste specifiche indicazioni normative sulla determinazione del compenso non intaccano la natura privatistica e convenzionale del rapporto che viene ad instaurarsi tra il revisore e la Pubblica Amministrazione.

Nemmeno la scelta tramite sorteggio incide sull’assetto civilistico del rapporto, trovando la propria ratio nella necessità di garantire la professionalità e indipendenza dei prescelti nell’esercizio delle rilevanti funzioni del controllo .

Secondo la sezione Autonomie, in accordo con quanto sostenuto dai magistrati liguri, quello che rileva è l’art. 2233, comma 2, del codice civile dispone che, nei rapporti d’opera intellettuale, “in ogni caso la misura del compenso dev’essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione” e ciò a maggior ragione a seguito dell’abrogazione delle tariffe professionali operata dall’art. 9 del d.l. n. 1/2012.

Il corrispettivo non può essere subordinato ad alcuna condizione e neppure essere stabilito in funzione dei risultati della revisione, mentre dev’essere congruamente determinato al fine di assicurare l’effettività e l’indipendenza dell’attività di supervisione, d’indirizzo e di verifica intestato ai revisori.

L’interesse ad un adeguato corrispettivo trova le proprie garanzie nell’ambito dell’ordinamento civilistico e si realizza, allo stato della normativa, mediante lo strumento contrattuale o in sede giudiziaria, qualora la remunerazione fissata unilateralmente dall’ente appaia incongrua.

Per la Sezione Autonomia, i limiti minimi del compenso dei revisori devono essere determinati espressamente dalla normativa.

La speranza è quella che il legislatore, anche facendo tesoro delle indicazioni dell’Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali, disciplini prima possibile la materia.

Luciano Catania

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