La revisione straordinaria delle partecipazioni

La revisione straordinaria delle partecipazioni non è la fotocopia del piano di razionalizzazione ex lege 190/2014

Michele Nico 06/06/17
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Pronunciandosi sulle difficoltà incontrate dalla Regione Lombardia nel processo di dismissione di varie partecipazioni indirette, la Sezione di controllo lombarda della Corte dei Conti mette a fuoco i rapporti tra il processo di revisione straordinaria delle partecipazioni, di cui all’articolo 24 del dlgs 175/2016 e il processo di razionalizzazione previsto dalla legge 190/2014 (legge di stabilità 2015), enunciando utili indicazioni operative per gli enti alle prese con la redazione dei nuovi piani da approvarsi in materia.

Perchè la Sezione non condivide la tesi della Regione

Nello specifico, la Sezione non condivide la tesi della Regione che, a fronte del ritardo registrato nell’attuare un intervento di dismissione nel contesto di un articolato percorso di integrazione societaria, traspone alla data del 23 marzo 2018 il termine utile per attuare il disegno strategico approvato con il piano di razionalizzazione ex articolo 1, comma 611, della legge 190/2014, presupponendo che tale disegno venga recepito sic et nunc dal piano di revisione straordinaria prescritto dall’articolo 24 del dlgs 175/2016, che al comma 4 accorda agli enti un anno di tempo per alienare quanto deliberato in sede di ricognizione consiliare.

È fuor di dubbio, osservano i giudici contabili, che la Regione non ha dato corso al piano di razionalizzazione approvato in base alla legge 190/2014 per aver riscontrato una situazione di oggettiva difficoltà nella ricerca di acquirenti delle partecipazioni da dismettere, ma tale circostanza non legittima alcun genere di automatismo rispetto alle future azioni in programma.

Per quanto, infatti, l’articolo 24, comma 2, del testo unico sancisca che il piano di revisione “costituisce aggiornamento del piano operativo di razionalizzazione adottato ai sensi del comma 612” della legge di stabilità 2015, resta fermo il principio secondo cui i due strumenti normativi per la razionalizzazione delle partecipate non sono sovrapponibili, né l’uno rappresenta la mera fotocopia dell’altro.

Per dirla con i giudici, è necessario “ribadire che l’articolo 24 non individua un “nuovo orizzonte temporale” per la razionalizzazione ex lege n. 190/2014, che si è conclusa con la relazione conclusiva in esame, ma apre una nuova ed autonoma valutazione, che deve concludersi con un provvedimento motivato di ricognizione di tutte le partecipazioni possedute alla  data di entrata in vigore del decreto in esame, con una nuova individuazione di quelle che eventualmente devono essere alienate”.

E ciò sia per il fatto che non sussiste una perfetta coincidenza dell’assetto normativo preposto alla regolamentazione dei due piani operativi, sia perché la ricognizione prevista dal testo unico deve tenere conto delle vicende occorse nel dare attuazione del primo piano di razionalizzazione.

La Sezione ritiene poi che nel dare corso alla revisione straordinaria delle partecipazioni ex articolo 24 del dlgs 175/2016 gli enti debbano riconoscere “precipuo rilievo” all’articolo 20, comma 2, lettera f), che prescrive l’obbligo di razionalizzazione in caso di “necessità di contenimento dei costi di funzionamento”.

Questo criterio deve trovare una scrupolosa applicazione soprattutto in rapporto alle società in house, in quanto tale modello “presuppone che attraverso il controllo analogo si sostanzi un controllo gestionale e finanziario stringente sulla società da parte della Pa, che deve esercitare una verifica costante sull’andamento della gestione, in modo che l’attività sia retta da criteri manageriali rivolti alla soddisfazione delle esigenze del cittadino, mediante la predisposizione di un servizio pubblico qualitativamente migliore e contestualmente in grado di raggiungere e mantenere nel tempo le sue condizioni di economicità”.

Si noti che la Corte dà risalto a questo peculiare aspetto non solo per le inefficienze riscontrate nella gestione delle società in house partecipate dalla Regione lombarda, ma anche per un dato intrinseco all’ordinamento giuridico, ossia per la sopravvenuta entrata in vigore dell’articolo 192 del dlgs 50/2016, recante il nuovo codice dei contratti, in base al quale “ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”.

Da questa importante norma di principio, che presto troverà completa attuazione con l’istituzione dell’elenco delle amministrazioni aggiudicatrici da parte dell’Anac, i giudici traggono la conclusione “la congruità dell’offerta economica presentata dai soggetti in house assurge (…) a condizione di legittimità del singolo affidamento dell’incarico”, facendo così emergere una linea guida imprescindibile per la revisione straordinaria delle partecipazioni che ormai attende al varco gli enti locali.

Michele Nico

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