Datore di lavoro quando la rivalsa è uno strumento sottovalutato

Massimo Quezel 23/01/17
Scarica PDF Stampa
Pochi, pochissimi datori di lavoro sanno che, in caso di assenza di un proprio dipendente a causa di un sinistro imputabile ad un terzo responsabile, essi possono recuperare, rivalendosi nei confronti di quest’ultimo, il danno economico sopportato in conseguenza del mancato utilizzo della prestazione lavorativa.

Si tratta dell’azione di rivalsa del datore di lavoro nei confronti del terzo responsabile del sinistro.

Azione di rivalsa: i casi in cui ricorre

I casi nei quali si ricorre a questo strumento riguardano normalmente sinistri stradali, ma in realtà qualsiasi tipologia di danno arrecato al dipendente che abbia avuto come conseguenza l’impossibilità per quest’ultimo di recarsi al lavoro in conseguenza delle lesioni fisiche subite determina il diritto di agire in rivalsa verso il responsabile da parte del datore di lavoro (danno arrecato da animali, rovina di un edificio, danni conseguenti a cattiva manutenzione di luoghi aperti al pubblico, ecc.).

Pertanto se un lavoratore dipendente viene tamponato mentre si trova alla guida della sua autovettura e riporta lesioni fisiche, il suo datore di lavoro potrà rivalersi nei confronti della stessa compagnia di assicurazioni tenuta a pagare il risarcimento per l’incidente stradale, in quanto anch’egli è parte danneggiata con particolare riguardo agli oneri economici costretto a sopportare nonostante la mancata fruizione delle prestazioni lavorative del dipendente, per tutta la durata della sua inevitabile assenza dal posto di lavoro (corrispondente al tempo necessario alla guarigione).

Cosa dice la legge e la giurisprudenza

Che la tutela risarcitoria prevista dall’art. 2043 del codice civile possa essere ammessa verso una pluralità di soggetti lesi da un unico evento è pacifico.

Il caso di incidente stradale

Nel caso di un incidente stradale che veda coinvolto un lavoratore dipendente, potrà risultare danneggiato non soltanto il patrimonio e l’integrità fisica di quest’ultimo, ma anche il patrimonio del datore di lavoro, pubblico o privato che sia, per i motivi anzidetti.

Cosa dice la Cassazione

L’ha confermato più volte anche la Cassazione, in particolare con la sentenza n. 6132 del 12 novembre 1988, con la quale le Sezioni Unite hanno stabilito che il danno del datore di lavoro può essere liquidato sulla base dell’ammontare della retribuzione e dei contributi previdenziali, obbligatoriamente pagati per il periodo di assenza del dipendente infortunato.

Sempre la Cassazione, con la sentenza n. 15399 del 2002, ha stabilito che è possibile agire in rivalsa nei confronti del terzo che ha danneggiato il lavoratore anche quando non si tratti di un dipendente ma di un socio con conferimento di lavoro a fronte del quale sia prevista una partecipazione agli utili e non una retribuzione. In questo caso andrà quantificata e richiesta la diminuzione degli utili societari conseguenti alla mancanza dell’apporto lavorativo del socio.

Quali somme si possono normalmente recuperare?

Facendo un calcolo sommario, pur dopo l’intervento degli enti previdenziali, più del 60% della retribuzione lorda corrisposta al dipendente assente per infortunio rimane a carico del datore di lavoro.

Si tratta di importi relativi a contributi previdenziali (obbligatoriamente pagati anche nel periodo di assenza del dipendente infortunato), nonchè di ulteriori voci come, tra le altre, i ratei di tredicesima e quattordicesima mensilità, di ferie e permessi, di TFR.

Un esempio: l’assenza per 20 giorni di un commesso che lavora presso un centro commerciale e che guadagna circa 1300 euro al mese netti, può comportare per il datore di lavoro un danno superiore a 1000 euro.

Si tratta sicuramente di una perdita importante, in particolare se cumulata con tutti gli episodi simili che possono accadere nel corso del tempo, ma spesso sottostimata soprattutto in realtà aziendali complesse. Una maggiore attenzione, informazione e preparazione su questa opportunità, specie da parte di consulenti aziendali e commercialisti, garantirebbe senz’altro una più alta tutela degli interessi delle nostre aziende, soprattutto di questi tempi.

Massimo Quezel

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento